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Tecnica

Acqua per l'agricoltura, una sfida tecnologica

L'acqua non è una risorsa inesauribile, ed è necessario razionalizzarne l'impiego, anche in quei contesti dove la sua disponibilità non ha mai rappresentato un problema. I consumi idrici, rilevati con il metodo "water footprint", possono essere ridotti con l'impiego di sistemi sempre più sofisticati e specifici per i diversi tipi di coltivazione

di Stefano Albanesi
Luglio - Agosto - Settembre 2015 | Back

La “water footprint” è un concetto che è stato sviluppato specificamente per razionalizzare l’uso della risorsa acqua. è un indicatore del consumo diretto e indiretto di acqua dolce di un consumatore o di un produttore di un bene o un servizio. Pertanto, l’impronta idrica di un singolo, una comunità o un’azienda è il volume complessivo di acqua dolce consumata (incorporati in un prodotto, evaporati o inquinati) nell’unità di tempo.

La definizione della “water footprint” prevede quindi in sequenza la quantificazione e localizzazione dell’impronta idrica di un prodotto o di un processo, la valutazione della sua sostenibilità ambientale, sociale ed economica e infine l’individuazione delle strategie di riduzione.

Il computo globale della “water footprint” è dato dalla somma di tre componenti, che fanno figurativamente riferimento a dei colori. L’acqua blu è il prelievo di acque superficiali e sotterranee sfruttate a scopi agricoli, domestici e industriali, mentre quella verde è la pioggia che non contribuisce al ruscellamento superficiale, e si riferisce principalmente all’evapo-traspirazione delle produzioni agricole. Infine c’è l’acqua grigia che è quella necessaria per diluire le sostanze inquinanti, affinché la sua qualità ritorni entro gli standard  stabiliti.

In tale contesto, appare evidente che il mondo agricolo è fortemente coinvolto in tutte le componenti della “water footprint”. Di conseguenza, anche le tecniche di irrigazione e i costruttori di attrezzature per la sua esecuzione si sono da tempo attivati per ottimizzare la distribuzione dell’acqua, allo scopo di aumentare l’efficienza di sfruttamento da parte delle coltivazioni, limitando perdite e sprechi.

 

I macchinari

Laddove è necessario integrare con l’irrigazione la regimazione idrica delle colture di pieno campo, la tecnica si è evoluta verso un impiego pressoché generalizzato degli irrigatori a naspo, più comunemente noti come “rotoloni” per via della tipica grossa bobina che viene a formarsi grazie al tubo che progressivamente si avvolge su un grande rocchetto mentre l’elemento irrigatore transita nel campo. Ciò che differenzia gli irrigatori a naspo è l’elemento adacquatore, che può variare in relazione alle finalità specifiche dell’intervento di irrigazione. In linea di massima, le tipologie più comuni sono rappresentate da lance e ali piovane.

La recente evoluzione tecnologica del rotolone ha avuto come scopi il risparmio di manodopera, energia e acqua, cercando al contempo di ottimizzare le produzioni.

 

Uniformità distributiva

30-40 anni fa gli irrigatori abbinati ai rotoloni ruotavano con meccanismi ad impatto, generando un caratteristica curva a campana che causava notevoli sovradistribuzioni al centro della fascia irrigata, con un’uniformità non superiore al 70-80%. Il passaggio avvenuto 15-25 anni fa agli irrigatori a turbina ha comportato un significativo miglioramento degli standard di distribuzione (85-90%), con una conseguente notevole riduzione del surplus irriguo. Di recente, l’introduzione della variazione della velocità di movimento ha consentito un ulteriore incremento dell’uniformità (fino al 95-98%), con una conseguente miglior razionalizzazione degli adacquamenti. In pratica, il movimento trasversale dell’irrigatore aumenta gradualmente da un lato verso il centro del campo, per poi diminuire in modo speculare verso l’altro estremo. In più, per assicurare la miglior uniformità anche in senso longitudinale, si adotta spesso un cambio sincronizzato che varia in continuo l’avvolgimento del tubo in funzione del diametro della bobina.

Non c’è dubbio però che sono le ali piovane a garantire la miglior uniformità irrigua (98-100%) a costi energetici contenuti, anche in zone ventose e su culture delicate, come ad es. quelle orticole.

I recenti modelli di ali piovane possono tra l’altro essere impiegati in abbinamento a ogni tipo di rotolone, operando correttamente anche con pressioni di esercizio moto basse (anche solo 1,5 bar).

 

Riduzione

della manodopera

Come in tutti gli altri settori agricoli, anche per l’ir­rigazione l’esigenza di un incremento della produttività degli addetti è estremamente avvertita. L’applicazione generalizzata sul rotolone di servomeccanismi a movimentazione idraulica ha permesso ad un’unica unità operativa di gestire agevolmente il macchinario, spesso anche in remoto, per mezzo di radiocomandi, ad esempio per sollevare il carrello porta irrigatore e/o della barra irrigatrice quando devono essere spostati, per la rotazione della ralla che supporta il naspo, per ancorare e piazzare l’attrezzatura, per posizionare la testa pescante dei modelli dotati di motopompa, ecc.

 

Risparmio idrico

Oltreché con il miglioramento dell’uniformità di distribuzione, senza dubbio un contributo fondamentale alla razionalizzazione nell’impiego della risorsa acqua (realizzando un preciso e costante controllo pluviometrico) l’hanno fornito le centraline elettroniche di programmazione, sempre più spesso dotate anche di dispositivi di georeferenziazione per un adacquamento a rateo variabile, definito in base a mappe di prescrizione precedentemente definite.

L’evoluzione delle centraline elettroniche adottate sulle macchine irrigatrici (alimentate in autonomia con batterie a basso voltaggio ricaricate anche tramite pannelli  solari fotovoltaici) ha decisamente ottimizzato l’operatività in campo. Tramite software dedicati, a partire dalle caratteristiche tecniche dell’irrigatore e dell’eventuale motopompa l’agricoltore può (anche in remoto con tecnologie di comunicazione wireless) impostare la miglior pluviometria e uniformità distributiva dell’acqua sulla coltura, stabilendo ad esempio i tempi di inizio e fine adacquamento e di sosta a inizio e fine corsa (per garantire una soddisfacente uniformità idrica sull’intero campo), il conteggio della lunghezza di tubo srotolato/arrotolato, nonché il tempo rimanente alla fine dell’intervento.

Anche in questo settore la nuova frontiera è rappresentata dalla precision farming, che a partire da mappe predefinite che tengono conto di variabili colturali, topografiche e pedologiche e con la georeferenziazione dell’elemento irrigatore è possibile effettuare adacquamenti a rateo variabile, finalizzati ad ottenere notevoli economie gestionali, migliorando al contempo le rese produttive.

Per ciò che concerne i terminali adacquatori, con le lance la massima versatilità viene ottenuta tramite la possibilità di poter sostituire i boccagli, in modo da ottenere la frantumazione della vena liquida più adatta al terreno e alla coltura in atto. Se in aggiunta si dispone contestualmente di turbine a velocità regolabile l’uniformità dell’adacquamento è assicurata.

Viceversa, le ali piovane e le barre irrigatrici hanno il vantaggio non indifferente di lavorare a bassa pressione, con un risparmio energetico fino al 50% rispetto all’impiego delle lance a lunga gittata. Infatti, le nuove ali piovane in acciaio zincato o alluminio sono in grado di offrire coperture fino a 50 m per passata, realizzando tra l’altro una nebulizzazione ottimale dell’acqua.

 

Risparmio energetico

I modelli evoluti di turbina e le tubazioni di diametro elevato (a tutto vantaggio della diminuzione dell’attrito viscoso) recentemente adottate comportano una drastica riduzione delle pressioni di esercizio, con un tangibile risparmio energetico. Alcune aziende (Ferbo, Idrofoglia, RM, ecc.) montano turbine in lega d’alluminio, flangiate direttamente sul riduttore con ingranaggi in bagno d’olio.

La nuove tubazioni sono in polietilene a media densità, idonee a sopportare senza alcun inconveniente funzionale i notevoli stress meccanici dell’arrotolamento/srotolamento. Inoltre, il loro diametro elevato (anche più di 150 mm) e le notevoli lunghezze disponibili (anche superiori a 800 m) ampliano notevolmente la produttività irrigua, con superfici coltivate dominate ben oltre i 10 ha/giorno.

 Il filtro autopulente che non richiede energia esterna

La Orma di Giardino di Imola (BO) ha messo a punto l’Ekofiltro, un interessante filtro carrellato a rete con turbina idraulica a pulizia automatica, che funziona senza alcuna sorgente dedicata di energia, sfruttando la sola pressione dell’acqua. Il suo impiego è particolarmente indicato in caso di irrigazione con prelievo diretto di acqua da canali, invasi, laghetti, ecc., quando il pescaggio può facilmente includere materiale estraneo in grado potenzialmente di danneggiare i componenti dell’irrigatore.

Lo scarico delle impurità viene effettuato periodicamente con frequenza stabilita dall’utente,  attraverso una valvola dedicata collocata nella parte  inferiore dell’attrezzatura. In pratica, il flusso d’acqua in entrata (fino a 100 m³/h), che può essere regolato agendo su un by-pass, che crea un moto vorticoso all'interno della turbina e parallelamente un movimento rotativo della rete filtrante (in acciaio inox AISI 304) interna al serbatoio in acciaio zincato a caldo, che pertanto intercetta le impurità in sospensione, lasciando passare solo l’acqua pulita. Il lavaggio della rete avviene costantemente durante la filtrazione mediante una serie di fori dislocati in modo da coprire totalmente la superficie durante la rotazione della rete circolare, mentre la rimozione dei detriti avviene periodicamente mediante una valvola dedicata. Una valvola di sicurezza assicura lo sfogo del fluido in caso di sovrapressione. La pressione di esercizio vara tra 4 e 9 bar, mentre la rete in inox ha una fittezza di 120-140 mesh.

 Irrigare e raffreddare

Per alcuni modelli dei suoi irrigatori a naspo dotati di motore endotermico diesel, la RM di Sissa Trecasali (PR) offre in opzione il CWM (Cooling Water Motor), che consente di dissipare il calore accumulato dal liquido di raffreddamento e di abbassare la temperatura dell’aria proveniente dal turbocompressore sfruttando proprio l’acqua destinata all’irrigazione, mediante un efficiente scambiatore liquido-liquido, rendendo di fatto del tutto superfluo il classico radiatore con ventola annessa. L’eliminazione delle masse radianti ha risolto automaticamente la loro onerosa pulizia periodica, necessaria per evitare indesiderati arresti del motore determinati dall’intasamento della zona aspirante a causa della polvere e degli insetti diurni e notturni. L’eliminazione della ventola di raffreddamento consente inoltre una significativa riduzione dei consumi di gasolio (che secondo RM può arrivare anche al 10%) e un drastico abbattimento della rumorosità di esercizio.

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