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Bioenergia in Italia, l'orizzonte futuro

L'analisi delle realizzazioni impiantistiche sul territorio nazionale dimostra che negli ultimi cinque anni la bioenergia ha fatto grandi passi in avanti raggiungendo alcuni dei traguardi fissati dal Piano d'Azione Nazionale con ampio anticipo sulla tabella di marcia al 2020. In questo processo alcune Regioni si sono dimostrate particolarmente virtuose e specifiche misure dei PSR potrebbero contribuire ad uno sviluppo più armonioso della bioenergia in Italia

di Matteo Monni
maggio - giugno 2016 | Back

Nel 2010 il Ministero dello Sviluppo Economico del nostro Paese, elaborò – in conformità alla Direttiva Europea 2009/28/CE – quello che gli addetti ai lavori conoscono come PAN ovvero il “Piano d’Azione Nazionale per le energie rinnovabili dell’Italia”. Con tale documento si inquadravano in chiave strategica le principali linee di azione per conseguire obiettivi ben definiti al 2020 per la produzione di quote consistenti di energia elettrica, termica e carburanti da tutte le fonti alternative a quelle fossili. Da allora il PAN è stato un costante riferimento per valutare l’evoluzione delle FER nel nostro Paese, pur evidenziando alcune incongruenze tra i target fissati e l’effettivo stato dell’arte dallo scenario di partenza al 2010. In sostanza una maggiore attenzione al potenziale di penetrazione nel mercato di alcune tecnologie (per esempio il termico da biomasse) avrebbe potuto indicare meglio i traguardi assegnati alle diverse FER definendo scenari più realistici e, perché no, anche più ambiziosi. Questa breve introduzione tornerà utile per alcune interessanti considerazioni sul formidabile sviluppo segnato dalla bioenergia italiana negli ultimi anni. Si pensi che, analizzando i dati consolidati al 2014 per la sola produzione di elettricità da biomasse (solide, liquide e gassose) risulta che questa sia quasi raddoppiata (+98,4%) rispetto al quinquennio precedente. Nel complesso tutte le filiere della bioenergia sono arrivate a produrre 18.732 GWh praticamente il target finale del PAN (18.778 GWh al 2020)! Mentre, sempre secondo il Piano d’Azione Nazionale la previsione di produzione al 2014 sarebbe dovuta essere di circa 12.700 GWh. Nel nostro Paese la crescita della produzione di elettricità da impianti afferenti alle diverse filiere della bioenergia è stata trainata in particolar modo dal biogas (+143,8% dal 2010 al 2014) che ha prodotto 3.538 GWh, grazie alla valorizzazione degli scarti da attività agricole e agroindustriali (1.894 GWh con il +1.235%), nonché degli effluenti zootecnici (396 GWh e +295%). Nello stesso periodo anche l’elettricità prodotta da bioliquidi risulta aumentata considerevolmente (+44,6% per 3.084 GWh) e in modo più contenuto, ma sensibile, si è manifestata la crescita  di quella da biomasse legnose (+26,2% e 3.287 GWh). Tra tutte le Regioni quella che svetta per la maggiore capacità produttiva è la Lombardia con circa 4.250 GWh, seguita a distanza dall’Emilia Romagna (2.760 GWh), Veneto (1.900 GWh), Piemonte (1.730 GWh) e poi dal blocco di Puglia, Campania e Calabria che insieme hanno totalizzato circa 3.700 GWh. In linea di massima si individua un trend decrescente che – al di fuori delle tre Regioni del meridione indicate – mostra un settentrione nettamente più produttivo rispetto al Centro-Sud e alle Isole. Se invece si volesse considerare in termini percentuali il peso della bioenergia (elettrica) prodotta nelle singole regioni rispetto al valore complessivo di elettricità ivi generata, il primato andrebbe certamente all’Emilia Romagna dove quasi la metà (44,8%) proviene da impianti che utilizzano bioenergie (contro il 15,5% della media nazionale). Sorprendono Campania e Calabria dove la produzione pur dimezzata rispetto all’Emilia Romagna resta comunque alta. La Campania arriva quasi a un quarto di bioenergie (22,3% - 2° posto) e la Calabria a un quinto (20,1% - 5° posto). La Lombardia è terza (21,3% sul totale di elettricità prodotta), il Veneto quarto (20,5%). Più bassa è la produzione di elettricità da impianti bioenergetici in Toscana (7% del totale), Sicilia (5%), Abruzzo (4,7%) e Trentino Alto Adige (2,4%) mentre è quasi nulla in Valle d’Aosta (0,3%).

Questa importante crescita della bioenergia, sempre più orientata verso la realizzazione di nuovi impianti ben integrati al territorio che li accoglie, è frutto anche di un sistema di incentivi che negli anni passati ha privilegiato filiere e tecnologie con forti elementi di sostenibilità.

Fortunatamente in Italia il binomio tecnologia-sostenibilità trova un’eccellente espressione nel comparto della meccanizzazione agricola e forestale che – attraverso il costante sforzo di ammodernamento dei modelli messi in produzione – consente di mobilizzare la biomassa a costi contenuti garantendo anche elevati standard qualitativi dei prodotti e bassi impatti sull’ambiente.

In conclusione, l’aver ottenuto dei buoni risultati non deve indurre ad abbassare il livello delle aspettative da rivolgere a rinnovabili ed efficienza energetica, oggi più che mai riconosciuti come gli elementi cardine per una doverosa decarbonizzazione dell’economia su scala planetaria.

Supportare un corretto sviluppo della bioenergia resta un elemento di enorme importanza strategica e questo si può fare anche agevolando la nascita di filiere per la produzione di biomasse ad uso energetico con misure che facilitino gli investimenti nella vasta gamma di macchinari idonei alla raccolta e al condizionamento di tale risorsa. I Piani di sviluppo rurale 2014 – 2020 costituiscono da questo punto di vista un’eccellente opportunità con cui ciascuna delle Regioni italiane potrebbe attivare politiche di ammodernamento delle aziende del comparto primario sempre più bisognose di attrezzature e macchine operatrici sicure ed efficienti per affrontare le sfide del futuro. 

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