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Giardinaggio

Biotrituratori e cippatrici: la gestione economica delle biomasse residue

Le necessità di gestione delle biomasse agricole e forestali e di manutenzione degli spazi verdi porta a considerare con sempre maggiore attenzione macchinari come i biotrituratori e le cippatrici. L'industria offre in questo campo una vasta scelta di tecnologie, adatte per tutte le esigenze, ma questo comporta per gli operatori la necessità di conoscere sempre meglio le caratteristiche tecniche dei mezzi, al fine di una corretta scelta e di un utilizzo ottimale degli stessi

di Pietro Piccarolo
Gennaio 2014 | Back

La funzione  dei biotrituratori e delle cippatrici è, da un lato, quella di ridurre il volume di tronchi, rami, arbusti, ramaglie, foglie, erba e anche residui organici, facilitandone così il trasporto, e dall’altro quella di consentire il recupero di materiale di scarto che, diversamente, andrebbe smaltito in discarica o in altra forma.

Il cippato può essere utilizzato come combustibile in apposite caldaie a legna, oppure come pacciamante o anche per lastricare sentieri. Dalla biotriturazione si ottiene un prodotto che, a seconda della composizione, viene destinato alla produzione di compost, oppure di pellets, o anche in campo industriale per ottenere pannelli in truciolato; altrimenti la destinazione può essere la discarica.

Trinciare e sminuzzare

L’azione della biotriturazione consiste nel ridurre il materiale in frammenti di forma indefinita ottenuti dall’urto di martelli, denti o anche coltelli inseriti su tamburi o su disco, con l’ausilio di griglie forate. Il materiale trattato è di diversa natura da quella organica al legno.

La sminuzzatura o cippatura (da chipper), riduce il materiale più o meno lignificato in scaglie (chip) di dimensioni variabili in larghezza e spessore (pochi centimetri) a seguito del taglio netto effettuato da uno o più coltelli inseriti in uno o più dischi o in un rotore.

Indipendentemente dalla tipologia, le parti essenziali della macchina sono date dalla tramoggia di alimentazione e dalla camera di trinciatura o cippatura, a cui si aggiungono nei modelli medio-grandi l’apparato di alimentazione del materiale, a tappeto o a rulli, e il canale di espulsione del prodotto. L’energia motrice è fornita da un motore endotermico (a scoppio o diesel) o elettrico, o anche dalla presa di potenza di una trattrice.

La differenza tra biotrituratore e cippatrici, come si è detto, è data dal tipo di apparato di frantumazione. Questo, in sintesi, è riconducibile al sistema a disco e al sistema a tamburo. Nell’apparato a disco semplice, il disco porta inserite una o più lame per effettuare il taglio. La presenza di palette di ventilazione nella parte posteriore provoca, durante la rotazione (più di 2000 giri/min), la corrente d’aria per il trasporto delle scaglie di legno. Esistono anche versioni a disco portacoltelli e controlama, e altre con più dischi portacoltelli.

L’apparato di frantumazione a tamburo consiste in un rotore su asse orizzontale su cui sono incernierati martelli in acciaio, specifici per la triturazione (o macinatura), oppure denti ed anche coltelli. Ciò dipende dal tipo di materiale da trattare e dal prodotto che si vuole ottenere.

In alcuni modelli le tramogge sono due, una per alimentare l’apparato macinante a martelli, l’altra per cippare la ramaglia più grossa attraverso l’apparato a disco portacoltelli.

Le dimensioni del   prodotto sono date dalle griglie forate poste all’uscita della camera di frantumazione, che hanno fori di diverso diametro e, nel caso si voglia ottenere un prodotto raffinato da destinare, ad esempio, alla produzione di pellets, dalle griglie di raffinazione che hanno un diametro dei fori ridotto.

Da quanto detto emerge che, accanto a macchine specializzate, ne esistono altre polivalenti, in grado di trattare materiali diversi.
Classificazione

Nella tabella le macchine sono state suddivise in funzione del sistema di trasporto: manuale (con ruote o senza ruote); portate da una trattrice attraverso l’attacco a tre punti; montate su ruote o su uno chassis a ruote e trainate da una trattrice o da un fuoristrada.

Non vengono presi in considerazione i grandi biotrituratori e le grandi cippatrici montati su rimorchio o camion a più assi, o allestiti su strutture cingolate. Le potenze richieste superano i 150 kW e richiedono investimenti che possono superare i 200.000 euro. Per le stesse ragioni non vengono presi in esame i biotrituratori in versione stazionaria, impiegati nei piazzali di deposito, o in segherie, per la frantumazione di legno di scarto o di demolizione, rifiuti industriali assimilabili, ed anche rifiuti organici.

Le macchine a trasporto manuale sono prevalentemente a uso privato e vengono impiegate per la frantumazione del materiale  che deriva dalla manutenzione del verde del proprio giardino.

La motorizzazione può essere elettrica, per potenze da 2000 a 3000 W. Per modelli di minor potenza il diametro ammissibile dei rami non supera i 25 mm, mentre per quelli di potenza più elevata si arriva a 40 mm, con prestazioni che, a seconda del materiale e dei modelli, vanno da 1 a 2 m3/h ed anche oltre. La motorizzazione endotermica (a scoppio o diesel) sempre delle macchine a trasporto manuale, raggiunge potenze anche di 10 kW. E’ possibile frantumare rami con diametro sino a 60-80 mm, per capacità di lavoro che raggiungono i 6 m3/h. In alcuni modelli di più alta capacità, di utilizzo anche professionale, si ha l’integrazione di una turbina che determina l’espulsione del prodotto attraverso il tubo di scarico orientabile e che, contemporaneamente, crea un effetto aspirante favorendo l’introduzione anche  di materiale minuto. Vengono anche costruite macchine che abbinano al sistema di raccolta da terra di foglie e di altri residui (generalmente per aspirazione) da destinare alla trinciatura, il sistema di alimentazione di rami e ramaglie, fatto manualmente, attraverso la tramoggia posta lateralmente.

Le macchine portate dalla trattrice attraverso l’attacco a tre punti sono azionate tramite il giunto cardanico connesso alla presa di potenza (pdp) della stessa. Si tratta di macchine che richiedono, a seconda dei modelli, potenze che vanno da 8-10 kW a 50 kW e anche oltre; questo significa che le trattrici a cui vengono accoppiate devono avere propulsori che, per le tipologie di maggior capacità, raggiungono e superano potenze di 80 kW.

Le macchine montate su ruote o su chassis a un asse, trainate da trattrice o da fuoristrada, possono essere azionate dalla pdp della trattrice ma, nella generalità, sono dotate di motore autonomo (elettrico, a scoppio o diesel), per potenze che, dai 6-15 kW, possono arrivare a superare i 70 kW.

Le capacità di lavoro, dai 3-5 m3/h,  raggiungono anche i 30 m3/h. Le prestazioni dipendono dal diametro ammissibile dei rami e dei tronchi, a sua volta legato al diametro del disco o del tamburo, ma anche dal grado di sminuzzatura e di trinciatura che si vuole raggiungere. Il diametro del disco porta coltelli è compreso tra 300 e 1200 mm, mentre il diametro del tamburo varia da 500 a 1500 mm.

Sul grado di  trinciatura e sull’uniformità del prodotto, a parità di condizioni,  oltre all’organo di lavoro influisce il tipo di griglia che si applica all’uscita dalla camera di frantumazione, in quanto vi è la possibilità di inserire, sullo stesso modello, griglie con diverso diametro del foro.

L’alimentazione della tramoggia avviene tramite rulli o tappeto scorrevole, quasi sempre ad alimentazione idraulica. In alcuni modelli il carico è fatto da una gru.

Per conferire una maggiore versatilità vengono costruiti biotrituratori con due tramogge: una per rami e ramaglie minuti (diametro di 20/30 mm) che va ad alimentare il gruppo macinatore a martelli; l’altra per i rami con diametro maggiore (sino a 120 mm), che va ad alimentare il disco portacoltelli laterale. Nei modelli più piccoli (capacità di lavoro 5-6 m3/h), le potenze richieste sono di 6-9 kW per i motori elettrici e di 8-10 kW per quelli a scoppio; per le macchine di maggior capacità (sino a 12 m3/h), le potenze necessarie sono di 20-22 kW per i motori elettrici e di 26-28 kW per i motori Diesel.

Si va sempre più affermando la filiera basata sull’accoppiamento biotrituratore-pellettatrice. A differenza del biotriturato, il cippato per essere reso idoneo alla pellettatura, una volta secco (umidità 15%), deve essere ripassato per la raffinazione nel biotrituratore,  utilizzando griglie con fori di 6-8 mm. Questa filiera si presta anche all’uso privato. Si tratta di abbinare a un biotrituratore del tipo sopra descritto (capacità 5-6 m3/h), una pellettatrice con capacità da 40 a 80 kg/h di pellets del diametro di 6 mm, che richiede una potenza elettrica trifase di 4 kW o una trattrice da 15-20 kW.

Sempre più diffusa è la soluzione “no stress”, attuata attraverso un dispositivo elettronico in grado di regolare, in modo automatico, l’alimentazione del materiale evitando sovraccarichi. Per ridurre i consumi e, conseguentemente, anche l’emissione di CO2, vengono proposte macchine nelle quali il regime del motore, grazie a speciali sensori, è regolato in funzione del carico di lavoro. Nelle pause di alimentazione il regime è al minimo. Al fine di ridurre la rumorosità, alcune macchine con proprio motore endotermico, vengono insonorizzate rivestendo l’area dove si trova il propulsore e quella della camera di frantumazione con pannelli in poliestere insonorizzante.

Lo scarico del prodotto è fatto tramite il canale di espulsione orientabile, o con nastro, che consentono lo scarico direttamente nel rimorchio.

Criteri di scelta e misure di sicurezza

Pur nella sua schematicità e incompletezza, la tabella fornisce un’idea dell’offerta di mercato delle tipologie di macchine trattate nel presente scritto: si tratta di un’offerta vasta e differenziata, sia per i modelli hobbistici sia per quelli professionali. La sensibile divaricazione del prezzo di mercato per ogni classe di potenza sta a indicare l’importanza di una scelta corretta, che risponda alle effettive esigenze dell’utente. La scelta va cioè fatta secondo determinati criteri. Partendo dalla conoscenza della quantità e della  qualità del materiale da trattare, i principali elementi da considerare nella scelta sono:

il diametro di alimentazione ammissibile, insieme alla lunghezza del tamburo e al diametro del disco; il sistema di alimentazione del materiale; la  polivalenza di impiego se si deve trattare materiale di diversa dimensione e natura; gli ingombri e l’accessibilità del cantiere di lavoro in funzione delle aree in cui si deve intervenire; la capacità e la qualità del lavoro, anche in relazione all’equipaggiamento della macchina e al suo livello di evoluzione tecnologica; la robustezza del materiale e il tipo di frequenza di manutenzione richiesta.

I modelli hobbistici sono sostanzialmente destinati a trattare il materiale che deriva dalla manutenzione dei giardini privati. Quelli di minor potenza sono consigliati per superfici sino a 500 m2; i modelli di potenza più elevata, carrellati e con motore a scoppio o diesel, si possono ritenere semiprofessionali e si prestano per superfici a verde di medio-grande estensione e possono trattare residui di potatura di diametro significativo con buone capacità di lavoro.

Per le macchine professionali, il luogo di impiego,  la capacità di lavoro, il tipo e la destinazione del prodotto ottenuto sono elementi determinanti per la scelta del mezzo.

In ogni caso va tenuto presente che si tratta di macchine pericolose, per cui gli utenti devono essere formati e devono avere un abbigliamento adeguato, dalle scarpe al casco di protezione.

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