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COP21 a Parigi, per un accordo globale

Il primo grande risultato della 21ª Conferenza delle Parti di Parigi sui cambiamenti climatici è stata la vasta partecipazione di Paesi da ogni continente. L'esito raggiunto mette tutti d'accordo sulla traiettoria da seguire per salvare il Pianeta, ma occorre ancora tempo e molto impegno da parte della politica per la definizione delle misure indispensabili per un progressivo abbandono delle fonti fossili a favore di rinnovabili e green economy

di Matteo Monni
gennaio 2016 | Back

Il 12 dicembre scorso, in una Parigi ancora sotto shock per l’atrocità degli attentati terroristici dell’ISIS, è stato un giorno memorabile per il raggiungimento di un accordo globale con cui contrastare il cambiamento climatico. Per quasi due settimane i rappresentanti di 195 Paesi si sono animatamente confrontati per trovare quella soluzione che il ministro degli esteri francese nonché presidente della COP21, Laurent Fabius, ha definito “giusta, sostenibile, dinamica, equilibrata e legalmente vincolante”. Tale visione è condivisibile se si considerano le decisioni prese non come un punto di arrivo, ma piuttosto come l’avvio di un percorso ancora lungo e complesso verso nuovi paradigmi economici e sociali orientati alla tutela dell’ambiente, al benessere diffuso dei popoli e perciò costruiti su solidi progetti di cooperazione. In sostanza, un’impresa colossale che lascia intravedere anche valide soluzioni per i tanti focolai di guerre e terrorismo che ruotano attorno allo scriteriato impiego e alla diseguale distribuzione delle risorse idriche, alimentari ed energetiche. Data l’urgenza dei problemi in discussione e la portata degli obiettivi messi in campo, non sono state poche le perplessità sollevate da parte di chi si aspettava da Parigi risultati più ambiziosi e stringenti. Tuttavia, la logica “ora o mai più”, difficilmente perseguibile, ha lasciato spazio a quella più realistica di scenari con prospettive temporali più ampie che potranno accogliere miglioramenti e nuove adesioni per elevare progressivamente l’asticella degli obiettivi. In tale ottica anche le Organizzazioni non Governative più agguerrite, seppur non pienamente soddisfatte, hanno riconosciuto la svolta segnata dai negoziati che – come ha dichiarato il direttore esecutivo di Greenpeace Kumi Naidoo – pongono “l’industria dei carburanti fossili dal lato sbagliato della storia”.
Per una più precisa definizione dei meccanismi da attivare disponiamo ancora di un po’ di tempo. Infatti, per la ratifica dell’accordo si inizieranno a raccogliere le firme dei diversi Paesi con una cerimonia ufficiale fissata per il 22 aprile prossimo presso la sede delle Nazioni Unite a New York, e si potranno aggiungere altri firmatari fino al 21 aprile del 2017.
L’effettiva entrata in vigore dell’accordo avverrà poi nel 2020, allo scadere del trattato di Kyoto, a condizione che la ratifica sia avvenuta da parte di almeno 55 Paesi responsabili di una quota di emissioni di gas climalteranti non inferiore al 55% di quelle globali. A valle della COP21, gli aspetti di maggior rilievo contenuti nel testo approvato sono sintetizzabili nei seguenti punti: La volontà di porre un limite al riscaldamento globale “ben al di sotto dei 2 °C” rispetto ai livelli preindustriali, viene indicata in modo esplicito con un target di contenimento che mira a rimanere entro 1,5 °C; la revisione periodica degli impegni nazionali avverrà ogni cinque anni, ma solo nell’ottica di renderli più ambiziosi; una relazione sullo stato dell’arte dei progressi fatti dai diversi Paesi avverrà ogni cinque anni; la differenziazione degli impegni tra i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo secondo cui i primi saranno tenuti a fornire agli altri un supporto strategico ed economico per azioni di mitigazione dei cambiamenti climatici. A tal fine è stato stabilito un fondo di circa 100 miliardi di dollari all’anno, che secondo un principio di progressione invocato dai Paesi in via di sviluppo, costituirebbe una base di partenza da implementare negli anni.
Dunque, visto che tutti i meccanismi previsti per il concreto funzionamento dall’accordo di Parigi necessiteranno di una graduale messa a punto, questa dovrà avvenire in tempi brevi in relazione agli incombenti rischi ambientali.

 

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