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Tecnica

Il melograno: tecnologie meccaniche per un frutto prezioso

Caratterizzato da numerose qualità salubri, la produzione del melograno offre buone opportunità di reddito. Le condizioni ottimali di coltivazione sono ottenute con l'impiego di mezzi e attrezzature meccanici, specie per la pacciamatura, l'erpicatura, la sarchiatura, la cimatura e la distribuzione dei fitofarmaci

di Stefano Albanesi
gennaio 2016 | Back

La coltivazione del Melograno sta suscitando un crescente interesse anche in Italia, per ovvi ragioni climatiche specialmente nel Mezzogiorno e in particolar modo in Puglia e in Sicilia. La pianta è infatti caratterizzata da un fogliame coriaceo che nel suo habitat di origine è sempreverde, mentre nel nostro clima temperato tende ad essere caducifoglia. I frutti sono grosse bacche rotondeggianti con una spessa buccia di colore giallo o rosso chiaro, del diametro di 10-12 cm, al cui interno ci sono i semi divisi in più camere separate da membrane non commestibili. La parte edibile del frutto è lo strato rosso lucido che contiene i semi, dal sapore dolce-acidulo.

 

L’ impianto

Il sito deve essere ben esposto, soleggiato ma protetto dai venti forti, meglio se caratterizzato da un terreno profondo e fresco, di medio impasto o tendente al sabbioso, ma comunque con un pH intorno alla neutralità e soprattutto ben drenato, perché il melograno non tollera ristagni idrici.

Per tale motivo, dopo la tradizionale aratura di scasso tipica di tutte le coltivazioni arboree, sarà opportuno, se necessario, incorporare un certo quantitativo di materiale grossolano per facilitare lo sgrondo delle acque in eccesso, unitamente ad una concimazione di fondo di tipo organico, se il terreno dovesse rivelarsi deficitario in tal senso, ad esempio con letame in ragione di 1,5-2 t/ha. Per evitare ristagni idrici, sempre più di frequente si pratica la baulatura sulla fila, seguita da una pacciamatura del sottofila con telo plastico di conveniente spessore. è importante che quest’ultimo sia bianco, per massimizzare l’effetto rifrangente della luce, in modo da migliorare la colorazione dei frutti nel loro emisfero inferiore. Inoltre, si evita il surriscaldamento delle radici e del tubo di irrigazione sottostante, scongiurando la formazione di alghe al suo interno, che potrebbe ostacolare lo scorrimento dell’acqua. Inoltre, la pacciamatura contrasta efficacemente l’emissione dei polloni.

A tale riguardo, in fase di impianto possono essere utili le baulatrici-pacciamatrici comunemente adottate in ambito orticolo, impiegate separatamente o anche in combinazione.

La messa a dimora viene realizzata a partire da giovani piante in vaso, ottenute quasi sempre da moltiplicazione per talea, con una distanza di 3,5-4 m sulla fila e 4-6 m tra i filari, per una densità variabile tra 450 e 700 piante/ha circa. Ogni buca (eventualmente realizzata tramite una trivella dotata di motore endotermico autonomo o azionata tramite la pdp del trattore) sarà poi colmata con un mix di terriccio, sabbia e compost organico ben maturo.

 

Cure colturali e forme di allevamento

Specie nel primo anno di coltivazione, si dovrà mantenere il terreno sgombro dalle infestanti, meglio con lavorazioni meccaniche (erpicature superficiali e sarchiature) piuttosto che trattamenti diserbanti di tipo chimico. La produzione di frutti inizia dopo 2-3 anni dall’impianto, e si può prolungare con una produttività soddisfacente fino a 30 anni circa. Se dopo la messa a dimora le temperature ambientali sono molto elevate, sarà necessario effettuare irrigazioni di emergenza delle giovani piantine, evitando di bagnare il fusto. Trattandosi di una coltivazione praticata prevalentemente in climi caldi, il melograno manifesta elevati livelli di resistenza alla siccità, ma anche alla salinità (inferiore soltanto a quella della palma da dattero) e alla clorosi ferrica, caratteristiche che lo rendono un fruttifero utile per la valorizzazione di terreni marginali (aridi, ciottolosi e ricchi di scheletro). In ogni caso, in piena produzione occorre ottimizzare la somministrazione dell’acqua. A tale proposito si adottano spesso soluzioni ad ala gocciolante, tipicamente con gocciolatoi Ø 16 mm. A seconda dei climi e delle annate, il fabbisogno idrico della coltivazione varia tra 4000 e 10000 m³/ha anno. A tale riguardo, può essere utile il monitoraggio dello stato idrico del terreno con l’impiego di tensiometri. La concimazione può essere sia organica, con letame ben maturo, oppure minerale, di tipo NPK equilibrato in fase di attecchimento della piantina, e poi essenzialmente azotato in piena produzione. Utili in questa fase i comuni spandiletame e spandiconcime centrifughi per i composti in forma granulare. Se è stato installato un impianto di irrigazione localizzata, ci si potrà avvalere se del caso anche della fertirrigazione.

Il melograno è per sua natura un cespuglio, e quindi genera numerosi polloni basali. Tralasciando l’aspetto estetico della pianta, in una coltivazione da reddito occorre eliminarli, per massimizzare lo sviluppo della chioma e dei rami portanti. Il relativo intervento è manuale, agevolato con adatte forbici o cesoie. Nella classica impostazione a vaso (o a ombrello rovesciato), l’impalcatura inizia a circa 0,8-1 m da terra, cercando di diradare la chioma sfoltendo la ramificazione interna, per far penetrare luce sufficiente alla maturazione del frutti. Per sostenere i rami quando i frutti sono numerosi e di notevole dimensione e peso, è bene collocare sulla fila già in fase di impianto una serie di sostegni a Y (spesso in acciaio zincato), completati dalla stesura di fili di conveniente resistenza alle estremità dei due bracci della palificazione.

Per varietà particolarmente vigorose, al fine di far penetrare aria e luce all’interno della chioma, può essere necessario intervenire nel periodo estivo con cimatrici a lame alternate o rotanti per contenere lo sviluppo della chioma verso l’alto. Viceversa, in qualche caso si tende ad impostare una forma di allevamento a palmetta che, pur non assecondando la tendenza naturale della pianta, si adatta molto bene per l’esecuzione di potature in secco e cimature in verde, ma soprattutto per la raccolta.

 

Difesa e raccolta del prodotto

In genere, sono attaccati i germogli giovani e in generale le parti più tenere della pianta, da afide verde, ragnetto rosso, cocciniglie, tripidi, tignoletta rigata, mentre tra le patologie di origine vegetale le più comuni che si registrano sono la botrite e la cercosporiosi. In tal caso, i prodotti più adatti vengono distribuiti con i comuni atomizzatori, prediligendo quelli di tipo pneumatico, perché con il potente flusso d’aria e la possibilità di orientare le bocchette in uscita “aprono” bene la vegetazione e fanno penetrare con maggior efficacia la miscela contenente il principio attivo.

La raccolta dei frutti deve essere effettuata quando il colore esterno della buccia va dal giallo al rosso intenso, in relazione alle caratteristiche specifiche della cultivar. In considerazione della tipica scalarità della maturazione  e della dimensione dei frutti, si può intervenire solo manualmente con l’ausilio di forbici o cesoie, meglio se di tipo elettronico, per un maggior livello di sicurezza e per diminuire la fatica muscolare. I frutti vengono deposti in cassette, che vengono poi raccolte su un rimorchio collegato ad un trattore, che trasporta il raccolto presso il centro aziendale.

I frutti raccolti possono essere agevolmente conservati per 4-8 settimane in cella frigorifera, o comunque in un luogo asciutto, a circa 5 °C. Al terzo anno dopo l’impianto, la produttività può raggiungere 15 t/ha, che aumentano fino a 45 t/ha a regime (al quinto anno).

Per quanto riguarda la redditività, senza entrare nei dettagli, va considerato che la spese per l’impianto di una coltivazione di melograno si aggirano intorno a 10-15.000 euro/ha; all’ingrosso, il prezzo del prodotto è di circa 600-800 euro/t, quindi con una PLV del valore di circa 18-24.000 euro, nell’ipotesi (prudenziale) di una produttività di 30 t/ha.

BOX: I molteplici benefici del melograno

Originario dell’Asia Occidentale e considerato sin dall’antichità il simbolo della longevità e dell’abbondanza , il Melograno (Punica granatum L.) produce una bacca carnosa con buccia spessa, a maturazione di colore giallo-verde, con aree rossastre (che occasionalmente occupano l’intera superficie) e con varie cavità separate da membrane. L’interno contiene numerosi semi carnosi e molto succosi, dal sapore acido, agro-dolce o dolce. In Italia si coltivano esclusivamente le cultivar dolci e agro-dolci, adatte per il consumo fresco: Dente di Cavallo, Neirana, Profeta Partanna, Selinunte, Ragana e Racalmuto, anche se le più conosciute sono la Wonderful e la Akko, con ottime caratteristiche organolettiche. La pianta è di grande effetto ornamentale, specialmente gli esemplari con branche e tronchi contorti, e viene spesso piantata in parchi e giardini come piante singole o a gruppi, soprattutto per realizzare siepi e bordure. Oltre a coloranti ricavati dall’epidermide del frutto e dalle radici, il contenuto edibile del melograno è caratterizzato dall’elevato contenuto di flavonoidi, principi altamente antiossidanti, e dalla ricchezza di sali minerali (a base di potassio, fosforo, sodio e ferro), delle vitamine A, gruppo B e C, fibre e zuccheri. Il contenuto in flavonoidi del succo, ottenuto dalla spremitura dei semi, è 3 volte superiore a quello del the verde e del vino rosso. Il frutto del melograno possiede numerose proprietà terapeutiche riconosciute dalla medicina moderna a livello anticancerogeno (specialmente per i tumori alla prostata, al seno ed ai polmoni, grazie all’elevato contenuto di acido ellagico), cardiovascolare (come anticoagulante naturale, ritardante della formazione di placche aterosclerotiche e controllore dell’LDL, il colesterolo “cattivo”) e per varie altre affezioni.

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