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Meccanica agricola, nel distretto torinese prevale la componentistica

Da sempre polarizzata sull'industria automobilistica, la provincia di Torino è quella che in Piemonte, dopo Cuneo, può vantare la più elevata specializzazione nel settore delle macchine agricole con una netta prevalenza della componentistica. In evidenza le imprese del comparto agroenergie

di Giovanni M. Losavio
maggio - giugno 2014 | Back

È stata il motore da cui nell'800 hanno tratto la propria linfa vitale, sotto la bandiera della dinastia sabauda, i moti risorgimentali ed il Regno d'Italia. È stata, per tre anni, la prima capitale di un Paese riunificato nel 1861 dopo secoli di divisioni e di lotte fratricide. E anche quando cedette il primato politico – prima a Firenze, poi, dopo l'apertura della breccia di Porta Pia, a Roma – Torino ha comunque continuato a svolgere un ruolo di primo piano per il Paese, diventando il perno dell'apparato industriale italiano. Infatti, fu proprio nel Torinese che, tra la fine dell'800 ed i primi del '900, videro la luce importantissime articolazioni del nostro sistema manifatturiero (passato e presente): la Società Nazionale Officine di Savigliano nel settore ferroviario; la Lavazza, la Ferrero e la Martini nell'agroalimentare; la Olivetti in quello delle macchine per scrivere (oggi nell'informatica), la Ceat (Cavi Elettrici e Affini Torino) nel segmento dei cavi e degli pneumatici. Ma, soprattutto, fu a Torino che l'11 luglio 1899, con la costituzione della Società Anonima Fabbrica Italiana di Automobili, nacque l'industria automobilistica italiana; e che pochi mesi dopo venne tenuto a battesimo il primo modello di casa Fiat, una vettura prodotta in ventisei esemplari – la 4 Cv – equipaggiata con un motore posteriore bicilindrico da 657 cc in grado di erogare 4,5 cavalli e di raggiungere la velocità massima di 35 km/h. Per l'impresa guidata dalla famiglia Agnelli, il comparto automotive, pur senza mai perdere la sua centralità, rappresentò il punto a partire dal quale l'azienda diversificò la propria attività produttiva con l'obiettivo di affermarsi anche in altri mercati. Tra i quali, giusto per citarne alcuni, l'aeronautico (il debutto è del 1908 con il motore l'SA 8/75), l'agricolo – la gamma di trattori Fiat nacque nel 1919 con il modello 702 –, il ferroviario (il famoso “Pendolino” era firmato da Fiat Ferroviaria) e il movimento terra, che costituisce tuttora, insieme alla meccanica agricola, uno dei fiori all'occhiello di CNH Industrial (un tempo Fiat Industrial).

 

Non solo automotive, Torino capitale dell'innovazione tecnologica

La posizione di leadership assunta nell’industria nazionale fece della Fiat una sorta di metronomo che avrebbe scandito, attraverso il suo divenire aziendale, i tempi del mutamento economico, sociale e culturale del nostro Paese. Insomma, da quell'11 luglio 1899, la scuderia torinese e il “sistema Italia” furono destinati ad essere stretti da un legame quasi ombelicale. Oggi, sia pure in un contesto profondamente diverso rispetto a quello di soli dieci o venti anni fa, la filiera dell'automotive con 872 ditte attive, con più di 90 mila addetti e con un fatturato stimato (dati Camera di Commercio di Torino riferiti al 2012) di circa 18 miliardi di euro, si conferma come uno dei settori più vitali del distretto. Ma non l'unico. E infatti Torino, che ha una lunga e gloriosa tradizione nel campo della produzione culturale e dell'istruzione – il Politecnico, una delle istituzioni universitarie più prestigiose d'Italia, è stato fondato nel 1859 – può vantare una solida specializzazione nell’ambito high tech. Nel comparto aerospaziale, anzitutto, dove operano cinque grandi imprese (tra cui: Alenia e Selex Galilelo del Gruppo Finmeccania) e più di 300 Pmi, dove lavorano 12 mila addetti e dove viene prodotto un fatturato annuo di 2,6 miliardi euro. In grande evidenza pure il l’Ict, composto da poco meno di 5.300 aziende, pari a più del 65% del totale regionale ed al 5% del totale nazionale. Sempre in tema di tecnologia di ultima generazione da menzionare la posizione di assoluto rilievo della meccatronica che, come rende noto l'istituto camerale torinese, può vantare numeri da record in tutto il Piemonte: 1.300 imprese, 125 mila addetti, 20 miliardi di fatturato l'anno. Un'ulteriore, significativa conferma della centralità dell'innovazione tecnologica per il distretto si può desumere dai dati relativi agli investimenti in R&S in Piemonte, più di 2,2 miliardi di euro l'anno nel biennio 2011/2012, ed a quelli riferiti alla percentuale di Pil destinata alla ricerca, che vedono la regione primeggiare in Italia (l'1,8% regionale a fronte dell'1,3% nazionale) ed attestarsi su valori prossimi alla media europea (2%). Se per il sistema economico provinciale la new economy è una componente essenziale, un ruolo non meno rilevante continuano a svolgerlo le produzioni “tradizionali”. Come nel caso dell'agroalimentare – conta oltre 64 mila aziende, circa 124 mila addetti ed un valore delle esportazioni pari a 4,3 miliardi di euro nel 2012 – o della filiera del design, composta da ben 850 soggetti per un fatturato globale di 13 miliardi di euro (2012).

 

Meccanizzazione Agricola, prevale la componentistica

Sempre in tema di “settori tradizionali”, all'interno di quello meccanico grande rilievo assume il mercato delle macchine agricole, nel quale il Piemonte si colloca al quarto posto in Italia per numero di imprese attive (oltre duecento), subito dietro ad Emilia Romagna, Lombardia e Veneto. A livello regionale, invece, il distretto di Torino, è quello che dopo Cuneo può vantare la più alta specializzazione, occupando posizioni di vertice anche a livello nazionale. Da segnalare, all'interno di tale segmento, l'assoluta preminenza della componentistica. Che si tratti di segnalatori o di trasmissioni, di cuscinetti o di motori idraulici, di pompe o di alternatori, la metà delle ditte agromeccaniche torinesi progetta e realizza componenti; seguono, distanziate, quelle specializzate nelle agroenergie (il 10%), nella zootecnia (5%) e nella fienagione (3%). Questa particolare vocazione della meccanizzazione agricola torinese può trovare una possibile spiegazione nella polarizzazione del distretto sulla fabbricazione di mezzi di trasporto e di macchinari – i due comparti nel 2012 hanno generato un flusso di esportazioni pari, in valore, al 58,2% del totale provinciale – che avrebbe reso economicamente vantaggioso indirizzare l'offerta verso applicazioni e tecnologie condivise; vale a dire, verso applicazioni e tecnologie compatibili con diversi tipi di mezzi meccanici e quindi compatibili con differenti ambiti produttivi. Un altro fattore che potrebbe avere spinto le aziende a privilegiare la componentistica sulla fabbricazione di veicoli, di attrezzature o utensili agricoli, sarebbe da ricollegarsi al peso preponderante dell'industria e dei servizi rispetto al primario. Ciò risulta evidente soprattutto in termini di valore aggiunto provinciale, con il settore primario torinese – dove prevalgono la zootecnia e le coltivazioni di mais e frumento – che detiene una quota pari ad appena lo 0,6% (Atlante della Competitività Unioncamere, 2011). Inoltre, considerando come parametro sempre la quota di valore aggiunto provinciale, l'agricoltura torinese sembra accusare un certo ritardo da realtà più dinamiche, quali Cuneo (valore 4,1%), Asti (3,1%) e Vercelli (2,7%) che occupano i primi posti in Piemonte e che fanno tutte registrare valori superiori alla media tanto regionale (1,5%) quanto nazionale (2%). Una conferma in tal senso sembra provenire dal censimento generale dell’Istat sull’agricoltura, da cui  emerge come tra il 2000 e il 2010 il distretto abbia visto un sensibile decremento (il più pronunciato della regione) sia della Superficie Agricola Utilizzata (-12,6%) sia della Superficie Agricola Totale (-27,6%). Andamento molto meno lineare, invece, per l'indicatore relativo alle immatricolazioni di trattrici, che negli ultimi sei anni ha alternato diminuzioni consistenti a recuperi improvvisi. Così è stato ad esempio nel 2011 quando, in un contesto comunque poco favorevole quale quello italiano, Torino ha visto balzare le immatricolazioni a quota 764 andando a migliorare il punto di massima (per il periodo 2007-2013) raggiunto nel 2008 con 742 unità. Si è trattato, tuttavia, di una ripresa effimera, seguita nel 2012 e nel 2013 da un rallentamento ancora più pronunciato (-30% circa) di quello registrato a cavallo tra il 2009 ed il 2010 (-12%). Un vero e proprio crollo dunque che ha lasciato sul terreno addirittura 230 unità, 164 nel 2012 ed altre 66 nel 2013, peggiorando il trend negativo derivante dalla crisi internazionale del 2008.

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