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Nuovi mercati: la svolta agricola degli Emirati Arabi

Il crollo del prezzo del petrolio e la frenata della crescita cinese si riflettono sull'economia dei Paesi del Golfo, che debbono diversificare le attività produttive. In questo scenario emerge la nuova strategia degli Emirati Arabi Uniti, che puntano su settori come il turismo, i servizi e soprattutto la gestione dei flussi commerciali nel comparto agroindustriale

di Gildo Sgroj
Febbraio - Marzo 2016 | Back

Nella settimana del 15 febbraio scorso si è tenuto a Dubai l’annuale appuntamento – GTR Mena Trade Finance Week 2016 – organizzato dalla rivista specializzata Global Trade Review sulle prospettive del commercio internazionale nell’Area del Golfo e sugli strumenti di trade finance in grado di supportare gli scambi e gli investimenti “cross border”. Si tratta di un evento a cui partecipano principalmente, nella misura dell’80%, imprese, istituzioni governative e finanziarie provenienti da Asia, Medio Oriente ed Africa. è stata quindi un’occasione importante per un aggiornamento sulle prospettive economiche dell’area valutate essenzialmente da una prospettiva non europea. 

Il tema dominante negli incontri e nelle presentazioni è stato quello relativo al calo del prezzo delle materie prime, ed in particolare del petrolio. Una situazione la cui durata è difficile da prevedere ma che ha un impatto evidente sulla crescita economica anche nel Golfo. Il Dubai Economic Council, ente consultivo delle Autorità locali, stima nel 2016 una crescita che rimane a livelli estremamente deboli. Tuttavia l’opinione espressa da molti degli operatori presenti è la preoccupazione per l’andamento dell’economia cinese (la crescita del 6,8% è la più bassa degli ultimi 25 anni) piuttosto che quella relativa al prezzo del petrolio. Per quanto riguarda gli effetti del crollo del prezzo del petrolio le stime più accreditate indicano che nei Paesi del Golfo fra il 75% ed il 90% delle entrate fiscali dipendono dal greggio; e proprio gli EAU rappresentano un’eccezione con una minore dipendenza dalle entrate petrolifere. è comunque abbastanza unanime la stima di un taglio del 15% delle spese relative ai progetti pubblici prioritari già programmati per il 2016. Nello stesso tempo, su indicazione delle principali banche d’investimento, si andrà sempre più verso un superamento dei megaprogetti sostituiti da iniziative modulari in grado di raccogliere con meno difficoltà le risorse finanziarie necessarie, anche da investitori privati.

 

Effetti e prospettive

In sintesi, l’area del Golfo punta su due strategie principali: accelerare la diversificazione dell’economia locale e rafforzare il ruolo degli Emirati come “hub” strategico nel commercio sud-sud. L’imperativo in questa fase congiunturale è spingere sulla diversificazione dell’economia, tema di cui si parla da anni ma con scarsi significativi risultati, escluso per Dubai. Il turismo, che rimane un settore di grande interesse nelle strategie di diversificazione dell’economia, è infatti sostanzialmente confinato agli Emirati Arabi, all’Oman e ai siti religiosi sauditi. Su questa scommessa di un’economia non più legata in modo esclusivo al petrolio si gioca soprattutto il ruolo degli EAU, ormai da diversi anni in prima linea come snodo per il commercio Est – Ovest ed ora sempre più proiettati ad intercettare i flussi Africa – Asia, con India e Cina in prima fila. Quelli definiti dagli osservatori specializzati gli scambi sud-sud. Dopo lo sviluppo delle “free zones”, nelle quali molte aziende europee hanno localizzato centri di assistenza post vendita e magazzini per servire al meglio la clientela asiatica, ora è la volta di rafforzare ulteriormente questa posizione. Qualche esempio? Nelle scorse settimane è stato inaugurato il terminal D dell’aeroporto Dubai International DXB (l’altro è il Al Maktoum International), aeroporto che nel 2015 ha fatto registrare oltre 403.000 fra decolli ed atterraggi ed il passaggio di 78 milioni di passeggeri; per il 2016 si stima che questi raggiungeranno la cifra record di 89 milioni. Sempre in febbraio è stato inaugurato il volo diretto sulla tratta senza scalo più lunga al mondo: il volo Dubai-Panama (13.821 km, 17 in più del precedente “campione” il Sydney Dallas). Per non parlare delle strutture portuali degli Emirati: le più grandi della regione.

Gli EAU puntano anche a diventare centro di riferimento per il commercio internazionale di “commodities non oil”. Nella zona di Jumeirah Lakes Towers è posizionato il Dubai Multi Commodities Centre (DMCC) che nel 2015 è stata eletta la Free Zone of the Year. Al di là dei riconoscimenti internazionali, quello che è chiaro è l’obiettivo: creare nel Golfo un centro per la contrattazione ed il commercio di alcune importanti commodities, per ora essenzialmente oro, alluminio grezzo e gioielli. Ma cominciano a fare capolino anche le commodity agricole, in particolare il tè. E non sarà certo la lontananza fisica a depotenziare questi progetti, quello che è stato chiaro anche durante la Mena Trade Finance Week  è la volontà dei promotori di associare sempre alle loro iniziative la liquidità necessaria e piattaforme digitali evolute e regolamentate. L’obiettivo di rafforzare la sua posizione competitiva viene perseguito intervenendo anche su un comparto spesso restio all’innovazione e incline alla vischiosità: le dogane. La FCA Federal Custom Authority è fortemente impegnata – come confermato dal suo Direttore Relazioni Internazionali Suoud  Salem Al Agroobi – in un’azione di attrazione degli operatori esteri basata essenzialmente su due aspetti. Creazione di un “single window service” che eviti alle imprese di doversi interfacciare con le varie entità pubbliche che possono intervenire nei processi di sdoganamento. E soprattutto l’accordo con dodici Paesi della regione per facilitare gli scambi all’interno dell’area.

Nell’attuale congiuntura di rallentamento della crescita gli EAU sono già ora certamente più avanti di altri nella diversificazione dell’economia. Per esempio rispetto all’Arabia Saudita. Nel biennio 2012-13 gli EAU avevano una quota sul commercio globale dell’1%, mentre l’Arabia Saudita copriva una quota del 3,5% circa. Negli ultimi due anni la situazione si è profondamente modificata. Gli EAU partecipano al commercio mondiale per una percentuale fra l’1,5 ed il 2,5%, il vicino saudita è invece sceso, praticamente alle medesime quote. è chiaro che ciò sconta anche il calo del prezzo del petrolio che impatta sul dato in valore, ma è altrettanto evidente che gli EAU stanno acquisendo un ruolo nel commercio internazionale meno dipendente dal petrolio e più stabile nel tempo.

 

Un’opportunità per il nostro settore agroindustriale

Nello scenario tratteggiato durante i tre giorni di lavori del Forum il settore alimentare ed agroindustriale è stato spesso citato, sotto varie prospettive. Da un lato molti hanno osservato la fame crescente di prodotti alimentari su cui la Cina continua ad essere “short”, mentre l’Africa rappresenta la possibile fonte in grado di soddisfare, con la sua ricchezze di terre ancora incolte, la richiesta cinese. Le infrastrutture del Golfo possono rappresentare lo snodo naturale per queste relazioni. Sotto l’aspetto dei prezzi delle materie prime agricole la previsione è per un loro ulteriore calo. Si calcola che nel commercio internazionale dei principali prodotti agricoli l’incidenza del prezzo del petrolio sia del 25% , e quella dei trasporti del 30%. Altro fattore sensibile per il settore nell’Area del Golfo è costituito dal prevedibile rientro dell’Iran a pieno titolo sullo scenario del commercio internazionale. E non è un mistero che questo Paese punti molto sulla propria produzione agricola che, opportunamente trasformata, potrebbe rappresentare il principale fornitore dei mercati vicini, a cominciare da Irak, Afghanistan, Golfo ed Etiopia. Infine esiste un problema interno. Gli Emirati sono fortemente impegnati ad incrementare la loro produzione di alcuni prodotti base dell’alimentazione locale e la capacità del loro settore agricolo di innovarsi, seppure sulle limitate dimensioni consentite dal particolare ambiente. Non è quindi un caso che al terzo Global Forum for Innovations in Agriculture (Abu Dhabi 16-18 febbraio 2016) abbiano preso parte 254 espositori da 85 Paesi, 23 delegazioni ministeriali, e oltre 4.500 visitatori. Tra le più recenti iniziative produttive è stata segnalata quella promossa dalla Abu Dhabi Food Control Authority che ha permesso l’insediamento nella Industrial Zone di Khalifa di un impianto per la lavorazione del riso della capacità di 100.000 tonn/anno. Proprio su queste nuove direttrici strategiche degli scambi di prodotti e beni agro alimentari possono puntare i nostri esportatori. Conquistare una presenza commerciale stabile nel Golfo ed in particolare negli Emirati consentirebbe loro di intercettare quei flussi sud sud da cui molti nostri operatori rischiano di restare fuori.  Rispetto ad una localizzazione diretta sui mercati africani ed asiatici, dispendiosa e non priva di un elevato rischio, la “piattaforma” emiratina garantisce infrastrutture logistiche e di servizi avanzate, in grado di supportare adeguatamente, pur con le proprie ben note specificità,  le nostre imprese. 

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