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Tecnica

Trazione elettrica? un futuro promettente

Anche in agricoltura si stanno moltiplicando gli esempi di macchine semoventi, grandi e piccole, a funzionamento elettrico – dai carri agevolati ai piccoli robot per la manutenzione del verde e dei frutteti/vigneti – con l'obiettivo di arrivare alla completa autosufficienza energetica delle aziende agricole

di Davide Facchinetti
dicembre 2013 | Back

La trazione elettrica con alimentazione a batteria è da sempre adottata dove non c'è necessità di autonomia e potenza elevate e dove è richiesta silenziosità di funzionamento e assenza di emissione di gas di scarico nocivi. Numerosi sono gli esempi, e tra i tanti si possono menzionare i carrelli elevatori e quelli per la movimentazione nelle stazioni ferroviarie, le macchine per la pulizia industriale, i transporter per i campi da golf, i veicoli per i servizi porta a porta, e molti altri.
Una parentesi tutta agricola in tema si verificò con la campagna "autarchica" degli anni '30 del secolo scorso, quando si ritenne vantaggioso ricavare grandi quantità di energia in forma idroelettrica. Il Prof. Camillo Sacerdoti studiò la motoaratura elettrica, mettendo a punto nel 1932 l'"Elettra", un trattore della massa di 3500 kg equipaggiato con un motore elettrico da 25 CV circa, alimentato dalla rete tramite un lungo cavo portato da un rocchetto auto-avvolgente. Il progetto non andò mai oltre la fase sperimentale, soprattutto per l'inaffidabilità dei cavi di alimentazione. Da segnalare che nel medesimo periodo anche la AMA (Anonima Macchine Agricole) di Milano mise a punto un trattore del tutto similare, ma con motore da circa 17 CV.
A parte la parentesi del periodo bellico, dove per la carenza di carburante alcune automobili convenzionali furono trasformate a trazione elettrica con batteria (peraltro con una significativa diminuzione delle prestazioni), per assistere a qualcosa di nuovo si è dovuti arrivare alla crisi energetica del 1973 quando, anche sulla spinta del crescente tasso di inquinamento atmosferico, fu riproposto qualche raro modello di autovettura elettrica, alimentata con batterie al nichel-cadmio e al nichel-zinco.
Qualche anno dopo sono comparsi anche prototipi dotati di pannelli fotovoltaici, peraltro assolutamente inadatti per una motorizzazione convenzionale, ma che hanno costituito materiale adeguato per la disputa di gare di durata, prima fra tutte la transaustraliana del 1987, la cui prima edizione venne vinta dal Sunraycer della General Motors, costato circa 7 miliardi di lire dell'epoca.
Il continuo progresso tecnologico delle batterie al litio (Li-Ion, Li-Po, LiFePO4 ecc.), le ha rese ormai concorrenziali rispetto alle comuni e super-collaudate batterie al piombo; infatti gli accumulatori al litio sono installati su numerosi modelli di automobili integralmente elettriche (es. Nissan Leaf) o ibride (es. Toyota Prius). Si prevede tra l'altro che il costo delle batterie al litio per auto elettriche scenderà di almeno il 70% entro il 2025, dagli attuali 600 fino a 160 dollari/kWh, grazie alla riduzione dei prezzi di materiali e componenti e ai miglioramenti dei cicli produttivi. Inoltre, il progresso tecnologico di catodi, anodi ed elettroliti farà aumentare la loro capacità di immagazzinamento di energia fino al 110%.

 

In agricoltura
In questo caso, sono stati messi a punto quasi sempre veicoli semoventi, dotati di batterie per l'accumulo di energia. Alcuni di questi rappresentano una realtà ormai consolidata, come ad esempio i carri agevolatori per la raccolta della frutta e per le potature in vigneto e frutteto, gli ATV (All Terrain Vehicle, anche conosciuti come "Quad") a batteria di ridotta potenza, e alcuni piccoli robot semoventi per lo sfalcio dell'erba, sia nella manutenzione del verde che nell'interfila dei vigneti e dei frutteti, in qualche caso integrati con pannelli solari per aumentare l'autonomia della macchina.
Nei carri per la raccolta della frutta ad esempio, dove le richieste di potenza sono modeste, la trazione elettrica si sta progressivamente diffondendo, e alla classica soluzione degli accumulatori al piombo-acido da ciclo profondo viene sempre più frequentemente preferita quella delle batterie Ni-Mh, talvolta integrate da un generatore elettrico azionato da motore endotermico di piccola potenza, che provvede alla ricarica durante i lavori in campo.
Un'altra soluzione, peraltro molto particolare e futuribile, è quella messa a punto da New-Holland, che con una visione di sistema ipotizza la completa autosufficienza energetica della classica azienda agricola. A partire da vento, sole, sottoprodotti agricoli e deiezioni animali si produce energia elettrica, in parte impiegata per generare idrogeno nella maniera più semplice (cioè per elettrolisi dell'acqua), che viene poi stoccato ad alta pressione in serbatoi dedicati. Il suo sfruttamento avviene a bordo di trattori (ma volendo anche di altre macchine agricole semoventi) per alimentare una serie di celle elettrolitiche, che generano nuovamente elettricità utile a far funzionare i motori elettrici del trattore, nonché gli apparati ausiliari e le attrezzature collegate. E' operativa già dal 2010 nei dintorni di Torino un'azienda pilota energeticamente indipendente, nella quale lavora un trattore New Holland NH2 a zero emissioni (sviluppato sulla base di un T6000) equipaggiato con 3 fuel cell per una potenza complessiva di 100 kW.
All'ultima edizione di Agritechnica, tenutasi lo scorso novembre, ha conquistato una medaglia d'oro il TurboFarmer 40.7 Hydrid, il sollevatore telescopico ibrido prodotto dalla Merlo, dotato di un propulsore diesel "downsized" di 56 kW, integrato con un altro motore (elettrico) alimentato tramite un pacco di batterie al Litio da ben 30 kWh, che consente al telehandler un'autonomia di piena operatività di almeno 2 ore in modalità "full electric". L'autorevole giuria di Agritechnica ha premiato l'innovazione di Merlo "considerando che il risparmio di combustibile conseguibile in relazione alle ore e alle attività svolte consentirebbe l'ammortamento della spesa aggiuntiva in un paio d'anni". Senza contare la possibilità di lavorare proficuamente in ambienti confinati (serre, stalle, impianti di produzione alimentare, ecc.), senza produzione di fumi di scarico e con una bassissima rumorosità.
L'obiettivo finale è l'automazione integrale, nella direzione intrapresa nell'ambito domestico, dove i robot rasaerba si stanno diffondendo; già qualcuno di questi, dimensionato in maniera un po' più generosa, inizia infatti ad essere proposto anche per lo sfalcio dell'erba in ambiti specializzati, come vigneti e frutteti.

BOX - Una lunga storia

In ambito automotive, i veicoli elettrici non sono certo una novità: le automobili dotate di batterie furono tra le prime forme di trasporto messe a punto. Già nel quarto decennio dell'ottocento si sperimentarono le prime carrozze elettriche, ma è solo verso la fine dell'800 che si assiste ad una significativa diffusione dei veicoli elettrici, grazie al notevole miglioramento tecnico delle batterie, ad opera dei francesi Gaston Plante e Camille Faure. In quel periodo, i veicoli elettrici erano anche superiori per prestazioni rispetto a quelli dotati di motore endotermico, tanto che nel 1899 fu proprio una vettura elettrica ad infrangere il "muro" dei 100 km/h, la Jamais Contente pilotata da Camille Jenatzy. Il successo dei veicoli elettrici aumentò progressivamente, tanto che all'inizio del secolo scorso erano più popolari di quelli con motore a scoppio: il 40% delle automobili americane erano a vapore, il 38% elettriche, solo il 22% a benzina. Ben presto però si palesarono i limiti tecnologici delle batterie al piombo-acido, e a causa della mancanza di una qualsiasi tecnologia di controllo della carica e della trazione i veicoli a batteria cedettero presto il passo a quelli dotati di motore endotermico, che a partire da quel periodo allargano progressivamente il gap, fino a diventare dominatori assoluti della mobilità, grazie alla possibilità del carburante di origine fossile di poter stoccare in poco spazio e peso limitato una notevole quantità di energia.

BOX – Niente fumo, poco rumore e vibrazioni

Un ulteriore importante contributo al progresso dei veicoli elettrici in agricoltura risale al 1985, ad opera di un gruppo di ricerca dell'allora Istituto di Ingegneria Agraria dell'Università di Milano coordinato dal Prof. Bodria, che trasformò la base meccanica di un trattore a carreggiata stretta prodotto da Valpadana in mezzo elettrico, mosso da un motore trifase di 15 kW (circa 20 CV), alimentato con comuni batterie al piombo da ciclo profondo (ovvero i medesimi accumulatori ancor oggi comunemente installati sui carrelli elevatori industriali).
Si trattava di un progetto finalizzato ad azzerare le emissioni di gas inquinanti (e ridurre notevolmente quelle di rumore e vibrazioni), adatto quindi per le lavorazioni in serra e in generale negli ambienti confinati e/o sensibili all'inquinamento. Per lavorazioni leggere, la macchina era in grado di garantire un'autonomia sufficiente per un'intera giornata di lavoro.

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