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Bioeconomia

Agrivoltaico, un'opportunità di sviluppo sostenibile in ambito rurale

Mondo Macchina intervista Nicola Colonna, del Dipartimento Sostenibilità, Divisione Biotecnologie e Agroindustria del Centro Ricerche ENEA Casaccia, che analizza i nuovi scenari delle tecnologie fotovoltaiche in agricoltura come volano di sviluppo per la multifunzionalità aziendale

di Matteo Monni
gennaio - febbraio 2023 | Back

Il tema del costo ambientale ed economico dell’energia è da decenni al centro del dibattito pubblico, ma in questo ultimo anno abbiamo tutti la sensazione che la questione da una posizione centrale sia passata al vertice. In questa dinamica il conflitto tra Russia e Ucraina ha avuto un ruolo preminente, facendo riaffiorare le innumerevoli criticità legate, non solo ai sistemi di produzione dell’energia, ma anche all’uso spesso irrazionale che se ne fa. Teoricamente la via d’uscita da questo impasse è stata individuata a livello strategico – e con il pieno sostegno della scienza e della tecnologia – nel ricorso massiccio alle fonti rinnovabili e all’efficienza energetica. In tale ottica occorre uscire rapidamente dall’era delle fonti fossili e trovare per ciascun settore produttivo le alternative più sostenibili e realistiche in relazione ai fabbisogni energetici e alla disponibilità di fonti rinnovabili. In merito alle cosiddette agroenergie, un punto di vista interessante lo può fornire Nicola Colonna ricercatore dell’ENEA che da anni studia l’argomento e che ne cura la diffusione ai portatori d’interesse anche in occasione di eventi come EIMA International e Agrilevante.   

 

Quanto pesa in termini di consumi energetici il comparto agricolo nazionale?

Le statistiche del Bilancio energetico nazionale ci indicano che il settore primario (agricoltura, zootecnia e pesca) ha un peso di rilievo in termini di consumi pari a circa il 2,3% di quelli complessivi. Il comparto consuma soprattutto gasolio, utilizzato principalmente per la trazione e l’alimentazione delle pompe di irrigazione, la seconda fonte per importanza è l’elettricità mentre gli altri combustibili sono trascurabili. Se allarghiamo lo sguardo al settore agroalimentare, la situazione cambia in quanto il gas naturale e l’energia elettrica sono le fonti più impiegate. Come sappiamo, il gas naturale di origine fossile può essere rimpiazzato dal biometano rinnovabile al 100%, ottenibile – per esempio – dagli stessi scarti fermentescibili originati dai cicli produttivi dell’agroindustria; mentre la generazione di energia elettrica può essere sostituita in percentuali sempre più consistenti da FER (fonti energetiche rinnovabili) realizzabili in ambito agricolo nelle diverse applicazioni. 

 

In che modo il settore primario, declinabile nella sua vocazione multifunzionale, può contribuire a ridurre le emissioni climalteranti?

Le emissioni del settore sono connesse ai tre principali gas serra compresi nel protocollo di Kyoto: il metano (CH4) originato per lo più dalle risaie e dal settore zootecnico, il protossido di azoto (N2O) originato dai terreni a causa della fertilizzazione azotata e il biossido di carbonio (CO2) emesso, in buona parte, dalla combustione del gasolio. È su quest'ultimo gas che concentriamo la nostra attenzione perché attraverso scelte energetiche alternative, tra cui la produzione fotovoltaica, si possono ottenere significative riduzioni delle emissioni per contenere il fenomeno dei cambiamenti climatici con tutte le criticità che ne derivano.

 

Tra le agroenergie la risorsa biomassa gioca un ruolo centrale, ma come si pone l'agrivoltaico in uno scenario di breve-medio termine?

Gli obiettivi italiani vigenti (PNIEC) indicano una potenza aggiuntiva fotovoltaica di circa 30 GW al 2030, ma questo obiettivo dovrà essere rivisto al rialzo in virtù del recente Piano REpowerEU, introdotto per far fronte alle conseguenze della crisi energetica connessa alla guerra in Ucraina, che ha incrementato gli obiettivi europei in modo significativo. Una parte della nuova potenza fotovoltaica troverà spazio sui tetti (Programma Parco agrisolare del PNRR), in aree industriali o comunque non agricole e sulle superfici di laghi e bacini artificiali (fotovoltaico flottante), anche in virtù dei recenti interventi normativi che hanno semplificato alcune tipologie di interventi. Ma una parte rilevante dovrà essere realizzata su terreni agricoli nella nuova declinazione Agrivoltaica, cioè sistemi che integrano la produzione agricola con quella di energia. Molti progetti sono in corso di realizzazione e molti altri in autorizzazione in tutto il Paese con impianti di grande taglia e con tipologie e soluzioni molto diverse tra loro.

 

In che modo l'ENEA supporta questi nuovi sistemi tecnologici?

L'ENEA, consapevole dell'evoluzione tecnologica del fotovoltaico e delle opportunità che nascono dalle sinergie potenziali di colture e fotovoltaico, ha anticipato i tempi costituendo già nell’aprile del 2021 un’apposita task force multidisciplinare, coordinata dall'architetto Alessandra Scognamiglio. L’intento del Gruppo di Lavoro è promuovere una visione integrata dei tre aspetti principali che devono coesistere in un progetto agrifotovoltaico: il paesaggio, l'agricoltura e l'energia. Nell’avviare il percorso ENEA si è fatta promotrice di una Rete italiana dell'Agrivoltaico sostenibile attivando iniziative e seminari divulgativi a cui fino ad oggi hanno partecipato alcune migliaia di utenti e molte imprese agricole, a testimonianza del grande interesse sul tema. Nello stesso tempo ENEA partecipa a progetti europei e nazionali che sperimentano edanalizzano i sistemi agrivoltaici nell’ottica di valutare quali siano i sistemi e le combinazioni più efficienti. Inoltre, grazie al livello di know-how raggiunto, alcuni membri della task force sono stati coinvolti in specifici tavoli di lavoro per la messa a punto delle norme tecniche.

 

Quali sono i punti forti e quelli deboli dell'agrivoltaico?

Come tutte le iniziative connesse alla messa in campo di sistemi tecnologici innovativi, lo sviluppo dell’agrifotovoltaico prefigura, sia elementi di opportunità, sia di criticità. Tuttavia, come già accennato, si osservano numerose adesioni anche entusiastiche, che però devono essere mitigate da alcune considerazioni importanti. Elementi certamente positivi sono la possibilità per le imprese agricole di autoprodursi l'energia di cui necessitano e di venderne la quota in eccesso realizzando così una vitale integrazione al reddito, utile per mantenere alta la competitività. Tutto questo è reso possibile dall'evoluzione che la tecnologia fotovoltaica ha avuto negli ultimi anni con lo sviluppo di moduli più performanti, pannelli bifacciali e sistemi di inseguimento solare; tutti fattori che permettono di realizzare impianti decisamente più efficienti e più produttivi di quanto non fossero quelli di soli 10 anni fa. In uno scenario in evoluzione e positivo non possiamo però dimenticare che la realizzazione di un vero sistema agrivoltaico, che realmente integri coltivazioni e produzione di energia, che preservi il paesaggio e produca reddito per le imprese agricole, ha una storia troppo breve e sperimentazioni troppo frammentarie per suggerire scelte adatte per tutti gli agricoltori. Le sperimentazioni ad oggi disponibili sono poche, realizzate su colture diverse in contesti diversi e con modelli agrivoltaici differenti. Per esempio, al momento chiamiamo con lo stesso nome soluzioni e combinazioni molto dissimili tra loro e questo non giova certo all'interpretazione dei risultati prodotti. Proprio per questo abbiamo bisogno di una rete coordinata di sperimentazione della ricerca per poter creare un quadro di riferimento realmente utile alle imprese agricole.

 

Come l'agrivoltaico si integra con le produzioni agricole e con la moderna meccanizzazione?

Il tema della meccanizzazione è fondamentale anche in questo specifico orientamento produttivo. Un approccio multifunzionale delle aziende che intendono produrre energia senza abbandonare le produzioni food e feed da destinare al mercato non può prescinderne. Questo significa fare scelte razionali in fase di progettazione dell’impianto agrifotovoltaico per consentire alle macchine di funzionare in sicurezza per gli operatori, e di preservare le colture e le strutture tra cui si manovra. Vi sono sistemi agrivoltaici molto alti che non pongono alcun limite operativo alle macchine anche se di grandi dimensioni, ma il loro costo è reso più elevato a causa di un maggiore investimento in strutture di sostegno e rinforzo. Le altezze da terra dei pannelli, il movimento, la distanza tra i pali di sostegno e le eventuali tensostrutture sono tutti elementi da valutare attentamente in fase di progettazione in relazione all’ordinamento colturale da adottare. Inoltre, è necessario porre attenzione anche ad alcuni aspetti tipici della fase di gestione, come la produzione potenziale di polveri e la distribuzione dei prodotti per la difesa da patogeni; tutti elementi che sono connessi all'uso delle macchine operatrici e che possono diminuire temporaneamente l’efficienza dei moduli fotovoltaici. Il settore meccanico italiano, così dinamico e innovativo, saprà certamente offrire soluzioni a questi problemi solo se sarà parte attiva nelle fasi di sviluppo dell'agrivoltaico, fornendo anche soluzioni alle esigenze degli operatori coinvolti. Da ultimo voglio ricordare che il settore meccanico deve essere protagonista nella formazione per garantire la sicurezza degli operatori. Stiamo infatti parlando di impianti complessi e costosi dove si lavora in presenza di cavi elettrici a bassa o media tensione e quindi, per ridurre al massimo il rischio di incidenti il personale impiegato necessita di una formazione specifica.

 

In conclusione, possiamo già fare riferimento a qualche buona pratica in Italia?

Le prime iniziative sono nate ormai un decennio fa nella zona di Piacenza con impianti in elevazione, dotati di un sistema di tracking su due assi capace di orientare i moduli fotovoltaici in riferimento alla posizione del sole e alle specifiche esigenze delle piante. Questo, ad esempio, consente di fornire un’ombreggiatura più ampia in determinati giorni d’estate quando gli elevati livelli di radiazione solare, le temperature e la ventosità possono provocare stress fisiologici per la pianta. Le foto mostrano chiaramente il livello di infrastrutturazione necessario per tale tipologia di impianti. Vi sono poi impianti più semplici di minore impatto paesaggistico che sfruttano le tradizionali palificazioni di colture permanenti (come i vigneti) per produrre energia, ombreggiare parzialmente e consentire comunque la raccolta meccanica. Possiamo fare riferimento a tante soluzioni diverse capaci di fornire servizi utili alle colture e all’azienda, integrandosi nel modello produttivo aziendale. Quindi a questi impianti, che nascono nell’agricoltura e per l’agricoltura, dobbiamo guardare con interesse.


La rete italiana agrivoltaico sostenibile

Nel 2021, date la novità e le implicazioni del tema, ENEA ha promosso una rete di soggetti interessati a dibattere, confrontarsi e condividere informazioni e idee sulle applicazioni agrivoltaiche. La rete implementata insieme a ETA FLORENCE, che ne cura il sito web e la gestione operativa, organizza webinar, produce periodicamente una newsletter e rende disponibili informazioni agli utenti. La partecipazione è libera e gratuita, previa iscrizione al sito web www.agrivoltaicosostenibile.it. Al momento sono iscritti oltre 900 soggetti tra imprese, professionisti, aziende agricole e associazioni.

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