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Componentistica "made in Italy", nel segno della qualità

Mondo Macchina ha intervistato Pier Giorgio Salvarani, il nuovo presidente di Comacomp. «L'industria della meccanica agricola ha una sua strutturazione storica in Europa e negli Stati Uniti – spiega Salvarani – aree dove sono collocati i marchi di maggiore prestigio e dove l'innovazione tecnologica è all'avanguardia; e poi una strutturazione emergente in Paesi come India, Cina, Turchia e Brasile dove la domanda di macchinario è in crescita e dove si sta rapidamente sviluppando un'industria locale»

a cura della Redazione
novembre 2017 | Back

La rassegna internazionale di Agritechnica riserva un importante spazio espositivo al settore della componentistica, nel quale sono presenti numerose industrie italiane. La componentistica rappresenta, infatti, uno dei settori di punta della meccanica italiana, un settore che contribuisce con la costante innovazione di prodotti e materiali al miglioramento tecnologico complessivo delle macchine e delle attrezzature agricole prodotte in molte parti del mondo. Sulle caratteristiche e le prospettive del settore, Mondo Macchina ha interpellato Pier Giorgio Salvarani, il neo-eletto presidente di Comacomp, l’associazione che in seno a FederUnacoma/Confindustria rappresenta le aziende specializzate nella produzione di componenti e ricambi.

L’industria italiana vanta una particolare tradizione nel settore della componentistica per la meccanica agricola. Quali sono le principali tipologie di prodotto e quali le caratteristiche che distinguono la componentistica di questo settore da quella prodotta per la meccanica industriale o per l’automotive?

L’industria della componentistica realizza prodotti e tecnologie destinati a comparti diversi, e le esigenze delle aziende che producono macchinari agricoli sono specifiche e particolari. Tuttavia, la sperimentazione e il know how che sono alla base di molta componentistica possono risultare validi per più settori, e questo consente di ottimizzare anche gli investimenti nella ricerca. Per quanto riguarda le tipologie di prodotto, l’industria italiana si presenta molto agguerrita e attiva in ogni segmento merceologico. I componenti e le parti di macchine portati in mostra ad esposizioni come l’Agritechnica di Hannover o l’EIMA di Bologna consentirebbero, se messi insieme tutti, di costruire da zero un intero trattore o una qualsiasi macchina agricola e metterli in funzione.

Come si compone il tessuto produttivo italiano in termini di dimensioni aziendali e di dislocazione territoriale?

La dimensione di molte aziende di componentistica è medio-piccola, e questo la dice lunga sulla vivacità e la capacità innovativa di queste realtà industriali, che anche avendo dimensioni contenute riescono comunque ad essere competitive. La dislocazione geografica delle industrie del settore segue in qualche modo la vocazione agricola di molte aree italiane, perché le imprese meccaniche sono nate in determinati territori proprio per soddisfare le esigenze delle produzioni agricole locali. Molti distretti della meccanica agricola, vedi ad esempio quelli di Reggio Emilia, Modena, Cuneo, Vicenza o Padova coincidono proprio con aree di grande tradizione nelle produzioni agricole.

Quanto pesa in termini di valore la componentistica italiana per le macchine e le attrezzature agricole? Quanto del fatturato è relativo alla produzione di componenti per la fabbricazione delle macchine, quindi per il mercato “B2B”, e quanto invece è da attribuire ai pezzi di ricambio e agli accessori?

La nostra Associazione (Comacomp aderente a FederUnacoma) riunisce circa 90 imprese della componentistica per l’agricoltura, e rappresenta l’unico referente istituzionale per il settore nell’ambito di Confindustria. Il fatturato delle aziende associate non rappresenta l’intera produzione giacché altre realtà industriali non sono presenti all’interno della nostra organizzazione. Tuttavia, cerchiamo di monitorare l’andamento complessivo del mercato e sviluppiamo delle stime in base alle quali il peso economico del settore dovrebbe essere valutato intorno ai 2,7 miliardi di euro annui. Di questi, circa il 65% è da attribuire alle forniture dirette alle industrie che realizzano prodotti finiti, e il restante 35% riguarda invece i ricambi e l’after market.

Quanta della produzione italiana viene collocata sul mercato nazionale e quanta sui mercati esteri? Quali sono i Paesi verso i quali si indirizza prevalentemente la nostra produzione?

Stimiamo che circa il 75% della produzione italiana venga indirizzato verso i mercati esteri, e questo rappresenta la conferma della competitività dei nostri prodotti, che vengono considerati anche dalle industrie estere come elementi che possono “fare la differenza”. L’industria della meccanica agricola ha una sua strutturazione storica in Europa e negli Stati Uniti, aree dove sono collocati i marchi di maggiore prestigio e dove l’innovazione tecnologica è all’avanguardia; e poi una strutturazione emergente in Paesi come India, Cina, Turchia, Brasile, Russia dove la domanda di macchinario è in crescita e dove si sta rapidamente sviluppando un’industria locale. Questo scenario amplia, naturalmente, le opportunità di business per le nostre industrie, che puntano a consolidare la presenza sui mercati tradizionali e a cercare spazi sempre maggiori in quelli nuovi. Insomma, le imprese italiane guardano al mercato globale, e la loro partecipazione in forze ad esposizioni specializzate di alta caratura internazionale, come l’EIMA di Bologna o l’Agritechnica di Hannover ne è la prova evidente.

Come valuta l’attuale andamento del mercato? La ripresa del mercato, che si riscontra in Italia e nei principali Paesi esteri nel corso di quest’anno, ha riflessi sul settore della componentistica?

La ripresa del mercato delle macchine agricole, che si riscontra in Europa, in Cina, India, Stati Uniti e in molti altri Paesi, compresa l’Italia dove le immatricolazioni di trattrici sono tornate in crescita (circa il 9%) dopo quasi dieci anni di crisi, aumenta la domanda di componenti quindi spinge anche il nostro settore. Molte nostre imprese registrano nel corso del 2017 incrementi fra il 10 e il 20%, e le previsioni per i primi mesi del 2018 sono anch’esse positive. Sui risultati economici delle nostre industrie può pesare la variabile delle materie prime, che stanno registrando una crescita consistente dei prezzi, soprattutto per quanto riguarda il ferro, la ghisa e le plastiche, un elemento questo che aumenta i costi di produzione e inevitabilmente pesa sugli utili d’impresa. Per la seconda metà del 2018 prevediamo un certo rallentamento della domanda, che tuttavia dovrebbe mantenersi positiva e garantire un consuntivo d’anno positivo.

Si stima che in Italia per ogni trattrice nuova immatricolata ve ne siano almeno due che vengono vendute sul mercato dell’usato; e si sa che il parco macchine è in larga misura obsoleto. Si può pensare che questo abbia spinto in questi anni il mercato dei ricambi e degli accessori, per la necessità di riparare i mezzi vecchi e aggiornarli in qualche modo?

Nella logica industriale le macchine debbono lavorare per un dato ciclo di tempo e quindi essere sostituite per fare posto a mezzi più aggiornati e performanti. Questo non vale allo stesso modo per l’agricoltura, dove gli operatori considerano l’acquisto della macchina come un investimento da ammortizzare su tempi molto lunghi, e tendono quindi a tenere il mezzo meccanico ben oltre il suo periodo di massima efficienza. In questo contesto è chiaro che il mercato dei ricambi e degli accessori si mantiene vivace, proprio perché l’orientamento dell’agricoltore è quello di riparare e aggiornare la macchina quanto più possibile. Proprio per questo sarebbe importante che ricambi e accessori fossero sempre di qualità e garantiti, altrimenti lo standard complessivo del mezzo meccanico è destinato a ridursi in modo considerevole, con rischi anche in termini di sicurezza.

La componentistica è considerata uno dei principali fattori di innovazione per la meccanica agricola. Quanto investono le aziende di settore in ricerca e sviluppo, e quali sono le principali sfide tecnologiche per il settore?

Normalmente si pensa che siano soprattutto le grandi imprese ad investire nella ricerca, ma in un settore tecnologico come il nostro anche le imprese meno strutturate debbono sviluppare soluzioni innovative e possibilmente porsi all’avanguardia rispetto alla concorrenza soprattutto estera. In questi anni i Paesi emergenti hanno fatto politiche molto aggressive sui mercati, e le nostre imprese sanno che l’unica leva competitiva può essere per loro quella della qualità e dell’innovazione, insomma la capacità di realizzare prodotti ad alto valore aggiunto. Al di là delle percentuali di fatturato destinate alla ricerca, bisogna considerare che alcune tecnologie richiedono investimenti più consistenti ed altre investimenti meno onerosi. In taluni casi lo sforzo per l’impresa è molto alto, ma il risultato consente poi un salto di qualità che ripaga l’investimento. Nella produzione industriale esiste una “evoluzione” tecnologica, che consiste nel miglioramento di un prodotto già esistente, ed una “innovazione” tecnologica propriamente detta, che comporta spesso la realizzazione di una tecnologia ex novo e che comporta evidentemente costi maggiori.

Distretti produttivi, mercati esteri, innovazione tecnologica e ricerca sono sfide importanti per le industrie italiane del settore. Quali sono le iniziative promosse da Comacomp per supportare le imprese associate nelle politiche industriali e di mercato?

Come associazione abbiamo sempre puntato a sostenere l’internazionalizzazione delle nostre imprese, perché il mercato della meccanica agricola è in crescita in molte regioni del mondo e ci sono spazi da conquistare. In calendario abbiamo partecipazioni con collettive italiane ad eventi fieristici in ogni parte del mondo, e missioni esplorative e promozionali soprattutto in America Latina e in Asia dove registriamo i maggiori tassi di crescita per il mercato di settore. Al di là di queste iniziative promozionali e commerciali, come presidente dell’Associazione tengo molto alle attività di formazione e alle occasioni di confronto tra aziende, perché credo davvero che in un settore “front line” come il nostro la compattezza e la cooperazione siano fattori vincenti. Tra le nostre priorità, tuttavia, non si può non indicare lo sviluppo dell’EIMA, una rassegna nella quale il Salone della componentistica rappresenta un punto di forza e un elemento di grande prestigio, e nel quale le nostre imprese trovano una formidabile piattaforma per la conquista di nuovi e fruttuosi mercati.

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