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Bioeconomia

GREENITALY 2017, radiografia di un settore in crescita

Presentata a Roma la ricerca GreenItaly 2017 sullo stato dell'economia verde in Italia. Dalle energie rinnovabili alla riconversione "verde" dei comparti tradizionali del made in Italy, il documento testimonia la notevole crescita che il settore ha registrato nel Paese, con ricadute consistenti anche in termini occupazionali

di Marcello Ortenzi
gennaio 2018 | Back

GreenItaly 2017, l’ottavo rapporto di Fondazione Symbola e Unioncamere, presentato a Roma il 24 ottobre scorso presso Unioncamere, dimostra come la green economy sia stata un’evoluzione vincente di sistema, basata su investimenti e lavoro e capace di sostenere la coesione delle comunità e lo sviluppo del territorio. Il rapporto misura la forza della green economy nazionale: sono 355 mila le aziende italiane, ossia il 27,1% del totale dell’industria e dei servizi, che dal 2011 hanno investito in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia,salvaguardare la sicurezza nel lavoro e contenere le emissioni di CO2. Nel corso del 2017 si registra una vera e propria accelerazione della propensione delle imprese a investire green: ben 209 mila aziende hanno investito, o lo faranno entro l’anno, su sostenibilità ed efficienza, con una quota sul totale (15,9%) che ha superato di 1,6 punti percentuali i livelli del 2011. Alla nostra green economy si devono già 2.972.000 mila “green jobs”, ossia occupati che applicano in un modo o nell’altro competenze in questo campo, e dalla nostra economia ‘verde’ arriveranno quest’anno 320 mila nuovi addetti. Insieme all’occupazione la green economy crea anche ricchezza: i quasi 3 milioni di green jobs italiani contribuiscono infatti alla formazione di 195,8 miliardi di euro di valore aggiunto, pari al 13,1% del totale complessivo.

Il mondo industriale

La quarta rivoluzione industriale è ormai in atto e la fabbrica intelligente, connessa, sostenibile non sembra più così lontana dalla nostra realtà. Nell’industria manifatturiera ormai da qualche anno si è imboccata la strada della cosiddetta Industria 4.0, un cambiamento di paradigma che passa necessariamente dall’innovazione delle infrastrutture produttive ma coinvolge la fabbrica a 360 gradi. Ucimu, l’associazione dei costruttori italiani di macchine utensili, robot e automazione, ha già da qualche anno lanciato il marchio omonimo concesso alle imprese che garantiscano affidabilità commerciale, solidità finanziaria, attenzione alla sicurezza, cura del cliente e sostenibilità della produzione. Ad oggi, sono circa 100 le imprese (su un totale di oltre 200 associate) che possono apporre alle proprie macchine il marchio. Il rapporto evidenzia che nell’industria, specie per quelle imprese che hanno intrapreso un percorso di greening, l’adattamento della produzione sta portando all’acquisizione di nuovi macchinari o alla trasformazione di quelli vecchi nella direzione dell’efficientamento energetico e della sostenibilità ambientale. E non è da dimenticare che chi è chiamato ad operare nell’installazione e nella manutenzione dei nuovi impianti deve aggiornare le proprie competenze nella stessa direzione. Compito di questi professionisti non è soltanto quello di installare o montare in ambito industriale macchinari di nuova concezione, ma anche occuparsi di verificare gli ambiti dove tali impianti dovranno lavorare. In alcuni casi con adeguate specializzazioni la figura può evolvere in quella di un vero e proprio certificato per il collaudo, la verifica e appunto la certificazione dei sistemi installati secondo le norme. Anche il sostegno pubblico ha favorito il rinnovamento di beni strumentali in chiave tecnologica e sostenibile. Industria 4.0 ha messo in campo, tra l’altro, l’approntamento di misure di iper e super ammortamento per gli investimenti in beni strumentali, contributi a sostegno delle imprese che richiedono finanziamenti bancari per impianti, attrezzature e tecnologie digitali, un credito d’imposta su spese in ricerca e sviluppo, una tassazione agevolata sui redditi derivanti dall’utilizzo della proprietà intellettuale e detrazioni fiscali fino al 30% per investimenti in capitale di rischio.

Le imprese green protagoniste della ricerca e dell’export

Le aziende green appaiono più propense a investire in ricerca: nel 2017 la diffusione della divisione ricerca e sviluppo tra le medie imprese manifatturiere che hanno investito in prodotti e tecnologie green nel triennio 2014-2016 è a quota 27%, contro il 18% delle non investitrici. Ricerca e sviluppo sostengono i risultati in termini di fatturato ed export. Nel 2016 le medie imprese manifatturiere che investono green hanno avuto un dinamismo sui mercati esteri nettamente superiore rispetto al resto delle imprese: hanno incrementato l’export nel 49% dei casi, a fronte del 33% di quelle che non investono nel verde. Spinto da export e innovazione, il fatturato è aumentato, fra 2015 e 2016, nel 58% delle imprese che investono green, contro il 53% delle altre. E per quest’anno si aspettano di avere un incremento del fatturato il 57% delle imprese green contro il 53% delle altre. Il rapporto cita inoltre tante aziende impegnate nella messa a punto e nell’utilizzo di materiali a chilometro zero e sostenibili, vedi in particolare il progetto “LegnoClima” di FederlegnoArredo, rivolto alla quantificazione dello stock di carbonio contenuto nei prodotti legnosi ottenuti a partire da legno vergine italiano (segati, pannelli e fibre), al fine di tracciare il carbonio che è sequestrato per periodi di tempo prolungato nella biomassa dei prodotti legnosi evitando di essere rilasciato in atmosfera; ma anche il sistema e-trail della veronese “Berti Macchine Agricole”, consistente in un porta-attrezzi radiocomandato, concepito per tagliare erba, e sterpaglie, in ogni ambiente di lavoro e su terreni scoscesi, che colloca l’azienda della meccanica agricola nel novero di quelle più attive negli investimenti “green”.

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