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Tecnica

Le potatrici per il vigneto e il frutteto

Sia che si opti per una meccanizzazione integrale della potatura, sia che invece si debba effettuare una prepotatura, le tipologie di macchine disponibili sul mercato sono numerose. Ognuna però evidenzia vantaggi e svantaggi, sicché è necessario valutare preventivamente con attenzione, in funzione del tipo di allevamento, gli obiettivi agronomici della coltivazione

di Davide Facchinetti
luglio-agosto-settembre 2021 | Back

Sia nel vigneto che nel frutteto, l’obiettivo principale della potatura è quello di assicurare la migliore costanza produttiva negli anni e un effettivo equilibrio tra l’attività vegetativa della pianta e la fruttificazione. Obiettivo secondario (ma non meno importante) è la regolazione dello sviluppo della parte aerea della pianta, sia per agevolare il passaggio tra i filari, sia perché chiome ben arieggiate ed illuminate senza dubbio riducono l’insorgenza di patologie.

Nel vigneto in particolare, la potatura si esegue solitamente due volte l’anno, con finalità differenti: quella invernale, effettuata durante il riposo vegetativo, e la potatura estiva, che generalmente si svolge a luglio. Contrariamente alla maggior parte dei frutteti, per i quali l’intervento invernale è senza dubbio quello principale, per la vite è molto importante anche la potatura estiva, che su cultivar molto vigorose (come ad esempio il Merlot), può essere eseguita più di una volta.

 

La potatura estiva

Nei vigneti, per le più comuni forme di allevamento la potatura estiva è una lavorazione integralmente meccanizzabile, quindi con un ridotto impegno di manodopera. Infatti, per la gestione a verde della chioma il mercato offre una gamma molto completa di attrezzature per la cimatura, la sfogliatura e la spollonatura. Più di recente i macchinari si sono evoluti con l’installazione di dispositivi di controllo (tastatori, fotocellule, videocamere), con un notevole miglioramento della qualità degli interventi, ora comparabili con l’esecuzione manuale di questa operazione.

 

La potatura invernale

Definita anche “potatura a secco”, comprende tutti gli interventi di taglio che si realizzano durante il riposo vegetativo. Si tratta di una lavorazione che nella maggior parte dei casi non è tuttora meccanizzabile al 100%, quantomeno se si vogliono ottenere risultati paragonabili all’esecuzione manuale. In tal caso, operando esclusivamente con manodopera specializzata, le basse capacità operative che ne derivano possono portare ad un anticipo e/o ad un posticipo dell’intervento, rispetto al momento ottimale. Per esempio, potature tardive quasi a ridosso del cosiddetto “pianto” (ovvero la fuoriuscita di linfa dai tagli), ritardano il successivo germogliamento. Peraltro, questo effetto secondario può anche essere sfruttato come utile strategia per scongiurare danni nelle zone più soggette a tardive gelate primaverili.

Dopo la vendemmia, la potatura manuale è la lavorazione più onerosa come impiego di manodopera, e pertanto è fondamentale ridurne tale costo, proprio ricorrendo ad una meccanizzazione sempre più spinta.

è dunque opportuno nella maggior parte dei casi optare per una pre-potatura meccanica con successiva rifinitura manuale, eseguita contestualmente oppure in un momento successivo.

Infatti, la potatura integralmente meccanizzata è applicabile soltanto su alcune forme di allevamento, come il cordone libero, il casarsa, la doppia cortina e il cordone speronato. In ogni caso, risulta essere meno efficace rispetto a quella manuale, e purtroppo lascia un elevato numero di speroni vitali, con un aumento delle gemme e conseguente diminuzione della loro fertilità. Il numero di grappoli aumenta (e spesso anche la quantità di uva prodotta), ma lo loro pezzatura sarà minore e di norma con un contenuto zuccherino e di composti aromatici e coloranti più scarso.

 

Il conto tecnico

La riduzione dei tempi di potatura va dal 50 al 75% con la prepotatura meccanica con rifinitura manuale fino al 90-95% per quella integrale. A fronte di un investimento piuttosto oneroso per i macchinari, la riduzione della manodopera è enorme: da 80-100 si scende fino a 4-5 ore/uomo per ettaro. L’orientamento agronomico attuale è quindi quello della potatura integrale meccanica se si vuole ottenere una produzione elevata, ma si preferisce più frequentemente la prepotatura meccanica con rifinitura manuale. La modalità esclusivamente manuale è riservata invece alla produzione di vini di elevato pregio o ai piccoli vigneti condotti più per passione che per trarne reddito.

 

Le tipologie di potatrice

Azionati idraulicamente, tramite l’impianto del trattore o attraverso un imopianto proprio della macchina operatrice azionato dall'albero cardanico, gli organi di taglio del-le potatrici meccaniche sono di vario tipo, ma grosso modo riassumi-bili in barre falcianti, dischi rotanti e coltelli rotanti. I modelli a barre falcianti si basano su un telaio, talvolta scavallante, fissato anteriormente o lateralmente al trattore, per consentire un agevole controllo da parte del conducente. In alternativa, i medesimi telai portalame possono essere installati sulle vendemmiatrici trasformate in portattrezzi, dopo la rimozione del modulo di raccolta. Gli organi di taglio sono a lama oscillante e controlama fissa, oppure a doppia lama oscillante (per una maggior efficienza di taglio), o ancora con lame scorrevoli entro guide con controlame fisse.

La posizione (inclinazione e altezza) delle barre è orientabile manualmente o tramite comandi idraulici, spesso riuniti su un pratico joytstick. Per evitare l’accumulo dei tralci nella zona di taglio, occorre procedere di norma con velocità di avanzamento molto limitate, tra 0,5 e 1,5 km/h. In ogni caso, con questa tipologia di macchine i tagli hanno margini netti, quindi più velocemente cicatrizzabili. Il montaggio e il posizionamento di più barre falcianti (2-4) unito all’impiego di accessori specifici (come ad esempio stralciatori e tastatori per spostare le lame in corrispondenza dei pali), rende queste potatrici agevolmente adattabili alle più comuni forme d’allevamento, in modo da essere proficuamente impiegate anche per la cimatura estiva.

Per le potature invernali sulle controspalliere, questi modelli vengono normalmente equipaggiati con tastatori meccanici, che permettono evitare danneggiamenti in prossimità dei pali e dei fusti delle viti; più di recente sono stati adottati anche sensori ottici per l’individuazione dei tutori.  Un utile accessorio è lo stralciatore, un insieme di pettini (con un numero variabile di aste verticali) in grado di penetrare nella chioma per rimuovere i tralci recisi. Anch’essi sono soggetti a rotazione quando si avvicinano ad un palo, per poi tornare in posizione di lavoro grazie a specifiche molle.

Le potatrici a dischi rotanti sono macchine ottimizzate per operare su forme di allevamento in parete, e si avvalgono di un telaio scavallante provvisto di due alberi verticali controrotanti, mossi da motori idraulici, che si collocano sui lati del filare, che montano una serie di dischi con bordo tagliente, reciprocamente sfalsati, affinché gli organi di lavoro tra loro opposti possano agire come lama e controlama. Un’alternativa a questa soluzione è data da un rotore provvisto di dischi e da uno opposto, dotato di ruote di controspinta. In ogni caso, la potatrice a dischi garantisce una buona qualità del taglio, ma richiede anche un’attenta manutenzione dell’impianto, per evitare il danneggiamento dei fili di sostegno. Occorre infine considerare che il peso dell’attrezzatura è maggiore rispetto alle barre falcianti, per cui in situazioni di forte pendenza possono insorgere problemi di stabilità. Di norma, ciascun albero supporta da 6 a 10 elementi di taglio, che possono assumere conformazioni differenti. La loro tipica azione rende superflua la necessità degli stralciatori, dato che gli organi lavoranti sminuzzano efficacemente i residui di potatura. Anche su questi modelli negli ultimi anni sono stati montati sensori (ad esempio fotocellule) per migliorare la regolarità del taglio, anche su speronature molto corte, e per intervenire con maggiore precisione in prossimità delle palificazioni.

Le potatrici a coltelli rotanti si avvalgono invece di organi di taglio che possono essere completati talvolta da elementi di riscontro. In quelle a forbici (cioè dotate di controcoltelli), le lame (di norma tra 4 e 7), rimangono fisse, mentre altre vengono montate contrapposte su un rotore, in modo che i fili taglienti si sfiorino tra loro. Un tangibile vantaggio di questa tipologia è la possibilità di lavorare a velocità di avanzamento elevate (4-8 km/h), senza pericolo di ingolfamento. Sono adatte sia per la potatura a secco che in verde, e ciò rende il tutto più rapidamente ammortizzabile. Per un funzionamento ottimale, è però necessario un regime di rotazione dei coltelli molto alto (2000-3500 giri/min); è importante quindi attuare una scrupolosa manutenzione e frequenti controlli dell’usura delle parti in movimento, per evitare rotture, che potrebbero anche avere conseguenze pericolose. Il taglio realizzato sulla vegetazione non è però propriamente netto, fattore che prolunga il tempo di cicatrizzazione.

 

Dopo la potatura

Per evitare l’ingresso dai tagli di indesiderati patogeni, è consigliabile effettuare appositi trattamenti, solitamente con prodotti rameici. È anche buona norma lavare frequentemente le attrezzature con una soluzione di acqua con sali quaternari di ammonio all’1% di concentrazione, per prevenire il diffondersi delle malattie del legno, come ad esempio il mal dell'esca.


I costi delle potatrici

A seconda della tipologia e dei modelli, si possono registrare differenze molto pronunciate.

Si va da 5-6.000 euro per semplici modelli a doppia barra senza tastatori né stralciatori, fino a 35-40.000 euro per quelli scavallanti con sensori ottici, ad elevato grado di automazione.

Per la soluzione di rifinitura contemporanea alla prepotatura, i costi medi dei carrelli già equipaggiati con compressore e tre forbici pneumatiche sono indicativamente di 5-6.000 euro.


Le regolazioni

Per scongiurare fenomeni di invecchiamento ed eccessi produttivi, gli organi di taglio vanno mantenuti il più vicino possibile al cordone, anche per non creare ferite radenti, e mantenere monconi con una lunghezza pari almeno al diametro della zona di taglio.

Nella potatura secca, occorre anche tener conto della sensibilità al freddo dei singoli vitigni, agendo poco prima della ripresa vegetativa sulle varietà più sensibili al gelo, onde favorire una più rapida cicatrizzazione delle ferite.

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