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Ambiente

Rapporto sulle foreste: il potenziale, le criticità

Con un dettagliato Rapporto il MiPAAF fornisce, per la prima volta, una descrizione precisa del patrimonio forestale italiano e delle filiere produttive ad esso associate. Questo lavoro – unico per la sua completezza – servirà a tracciare le linee di sviluppo produttivo dei boschi in chiave sostenibile, monitorandone l'evoluzione

di Matteo Monni
maggio - giugno 2019 | Back

Il 21 marzo scorso, per la Giornata internazionale delle foreste, il Ministero delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo ha voluto presentare il primo Rapporto nazionale sullo stato delle foreste e del settore forestale in Italia (RaF Italia). Alla realizzazione di questo articolato studio hanno contribuito ben 214 esperti di enti, istituzioni, amministrazioni e associazioni nazionali e regionali, fornendo informazioni dettagliate con 8 focus, 109 indicatori e 8 buone pratiche. Scopo del RaF Italia è raccogliere in un unico contenitore tutti i dati affinati sulle foreste italiane e le filiere ad esse associate fornendo una chiara fotografia di un settore da valorizzare per le innumerevoli ricadute positive che può generare su territorio (ambiente e società). A questo documento di partenza seguirà un costante aggiornamento delle indagini statistiche, con specifica attenzione alle necessità conoscitive utili a strategie nazionali, europee e internazionali. Tutto questo in attuazione delle disposizioni previste dal recente Testo Unico Foreste e Filiere forestali (D. lgs. N. 34 del 3 aprile 2018) con cui si intende promuovere la tutela dei boschi italiani in chiave produttiva. Dalla lettura del Rapporto emerge quanto i tanti stakeholder del settore – in primis il Ministero stesso – abbiano ben compreso le opportunità di uno sviluppo nel segno della sostenibilità e della tracciabilità delle numerose filiere, dinamicamente in equilibrio tra conservazione e valorizzazione. Le foreste, infatti, offrono alla collettività servizi ecosistemici di valore straordinario, che il nostro Paese – tra i primi al mondo – è riuscito a rendere espliciti. In Italia la filiera della trasformazione è già leader di un mercato globale per qualità dei manufatti e originalità del design. Secondo Raoul Romano (Ricercatore del CREA e responsabile della Scheda Foreste della Rete Rurale Nazionale) le nostre foreste, che si estendono su più di un terzo dell’intera superficie nazionale, alimentano un settore produttivo che occupa oltre 400 mila persone. Una più corretta gestione dei boschi in termini di produzioni e di servizi ambientali e sociali, potrebbe generare un indotto di ulteriori 300 mila posti di lavoro. Inoltre incrementando in modo sostenibile i prelievi legnosi per diminuire l’import di legna dall’estero, senza intaccare il nostro capitale naturale. A tal fine giocherà un ruolo centrale anche la moderna meccanizzazione forestale, in grado di contenere i costi delle operazioni di taglio, esbosco e condizionamento della biomassa da opera o energia stimolando l’auspicato rilancio del legname made in Italy. Altro aspetto da non trascurare è dato dagli elevati standard di qualità del lavoro e di sicurezza che le macchine innovative possono garantire agli operatori.

La mole di dati contenuta nel rapporto è stata sintetizzata, per un’agevole divulgazione, attraverso un’efficace infografica associando ai punti di forza, di debolezza e quelli da sviluppare del settore i colori del semaforo (rispettivamente verde, rosso e arancione).

 

Semaforo verde

Il patrimonio forestale italiano è in costante aumento, ma occorre accompagnare tale processo attraverso una gestione sostenibile a tutela dei boschi e cogliendo le opportunità offerte dalla bioeconomia. Oggi i circa 11 milioni di ettari a bosco costituiscono il 36,4% del territorio nazionale un trend di espansione che dal 1936 al 2015 ha visto un incremento del 72,6%.

Nonostante la presenza di vaste aree boscate i prelievi legnosi interessano all’incirca il 18-37% degli accrescimenti di biomassa, valori questi molto al di sotto della media europea meridionale che pari a circa 62-67%.

I servizi ecosistemici forniti dal bosco sono innumerevoli ed è sempre maggiore l’attenzione con cui si valutano gli effetti benefici ad essi associati. Questi vanno dagli aspetti ricreativi e culturali – oltre 620.000 escursionisti iscritti ad associazioni, 192 parchi avventura, 71 asili in bosco, ecc. – fino a quelli climatici in relazione alla cattura della CO2 atmosferica a compensazione delle emissioni che giovano al clima e generano incentivi (circa 2 milioni di euro di transazioni).

Da un punto di vista economico alle lavorazioni tradizionali in bosco (spesso ridotte rispetto al passato e all’attuale potenziale di utilizzo) si associano numerosi nuovi settori produttivi molto promettenti e ad alto grado di sostenibilità. Tra questi, per esempio la bioedilizia con la recente costruzione di circa 1.130 edifici in legno per un valore prossimo a 700 milioni di euro o anche le colture da legno fuori foresta che segnano per le piantagioni di pioppo (oggi impiantate su 43.400 ettari) un incremento del 27% nell’ultimo quinquennio ed un aumento del loro valore commerciale del 20% rispetto al 2016.  

 

Semaforo arancione

Anche se gli incendi boschivi continuano ad essere un problema preoccupante, le superfici colpite si vanno tendenzialmente riducendo rispetto al passato. Infatti, se nel trentennio che va dal 1980 al 2009 la media delle estensioni di bosco danneggiate dal fuoco sia stata di 116.533 ettari e nei successivi sette anni sia scesa a 72.621 ettari, solo nel 2017 gli ettari sono stati 162.363.  

La selvicoltura nazionale – in modo particolare nel centro e nel sud Italia – segna al 2016 una crescita del numero delle imprese del settore arrivando a 6.471 realtà (14% in più rispetto al 2011), a fonte di una diminuzione degli addetti che nello stesso lasso di tempo si è attestata su 12.166 unità calando del 13,4%. 

Cresce costantemente l’interesse verso le certificazioni di Gestione Forestale Sostenibile e Catena di Custodia e le superfici delle foreste certificate corrispondono al 9% dell’intero patrimonio boschivo per 63.744 di ettari (FSC) e 743.494 ettari (PEFC), la aziende con certificazione CoC sono 3.786.

L’attenzione alla formazione professionale degli operatori è sempre maggiore soprattutto nelle ditte boschive del Nord Italia. Mentre, purtroppo, si riscontra ancora una diffusa riluttanza all’adozione di criteri di sicurezza nel lavoro in bosco. Si fa presente che nelle 21 Regioni e P.A. solo in 10 esiste un obbligo formativo per gli operatori forestali. In questo quadro sono stati registrati lo scorso anno 1.774 infortuni (il 23% in meno rispetto al 2013) per un incidenza media di 4,5 episodi ogni 100 addetti.  

Molte delle città italiane sono ricche di parchi e giardini, ma si può migliorare ulteriormente la loro funzione incrementandone le superfici e ottimizzando la gestione anche per una maggiore fruibilità e sicurezza. Ad oggi il 7,2% dei centri urbani maggiori è occupato da alberi e ogni italiano dispone di 27 mq di verde (9 – 11 m2 è la soglia di “buona qualità della vita”). 

Prodotti non legnosi come funghi e tartufi segnano un grande interesse anche se non possiamo disporre di dati precisi di riferimento su prelievi e commercio. Di contro soffrono una perdurante fase di difficoltà i settori della castanicoltura e del sughero. Per esempio i castagneti da frutto – 42.719 ettari nel 2016 – si sono ridotti del 41% rispetto al 2010. Inoltre, per la trasformazione del sughero, sempre al 2016, le imprese attive erano 217 su tutto il territorio nazionale (18,4% in meno rispetto al 2011) per 1.718 addetti (15,6% in meno del 2011).

 

Semaforo rosso

Il mercato di legna e legname proveniente dall’estero fa dell’Italia un importatore netto di queste risorse per via dei bassi tassi di prelievo nazionali e dei minori costi del lavoro in altri Paesi. Basti pensare che annualmente importiamo legname grezzo per 3,75 milioni di m3 e ne esportiamo solo 0,21 milioni di m3, mentre per il legname semilavorato l’import arriva a 14,46 milioni di m3 a fronte di un export di poco meno di 2 milioni di m3.

Le imprese e gli addetti del settore della prima lavorazione del legno (segherie), anche per effetto della crisi economica, si stanno riducendo di numero e cala sensibilmente anche il fatturato. Nel 2016 si registrano 27.194 imprese (25,9 in meno rispetto al 2008), 103.543 addetti (33,3 in meno rispetto al 2008) e 12,9 milioni di euro di fatturato (25,6 in meno del 2008).

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