n. 12/2025 INDIA SPECIAL l’ambito del Sistema Armonizzato (con impatto sulle aliquote dei dazi), la presenza di dazi compensativi, di protezione, antidumping, e soprattutto le procedure di sdoganamento complesse. Altra tematica da considerare è quella relativa alle barriere non tariffarie che derivano ad esempio da norme fitosanitarie e sanitarie, oppure dai differenti standard tecnici che devono rispettare i beni, o ancora dall’obbligo di importare solo dai monopoli statali. L’import di beni d’investimento second hand è ammesso (a differenza di altri mercati) ma ne va certificata la vita residua che deve rispettare limiti definiti. La selezione di partner indiani certificati AEO (Authorised Economic Operator) permette di ridurre i rischi e i tempi legati alle operazioni commerciali internazionali. L’origine del prodotto poi è ora diventata di assoluta importanza ai fini del dazio. Se ad esempio in un macchinario prodotto in Italia e destinato agli USA vi è una componente di acciaio indiano questo subisce il dazio US applicato all’India. Lo stesso vale per il tema sanzioni: se un prodotto di abbigliamento contiene tessuto di cotone lavorato in India ma di origine cinese potrebbe essere sottoposto alle sanzioni applicate alla Cina per violazioni dei diritti umani se la raccolta di cotone proviene dalla regione dello Xinjiang. In questo quadro di riferimento, non solo con riguardo all’India ma in generale ai rapporti con i mercati Extra UE, per le imprese che non vi abbiano già provveduto è necessario dotarsi di competenze specifiche (logistiche, doganali, fiscali, sulle sanzioni internazionali…) in capo ad una figura che potremmo definire Logistic & Compliance Manager in grado di pianificare queste attività critiche. Infine, qualche considerazione sulle iniziative imprenditoriali finalizzate a stabilire una presenza diretta in India. Innanzitutto si tratta di una opzione che non va esclusa, come in effetti vale per tutti i mercati lontani e difficili di grandi dimensioni (es. USA o Brasile), che per certi aspetti rendono necessario questo passo. Al riguardo, possiamo constatare come le imprese che sono approdate in India – ci riferiamo in questo caso alle aziende di medie dimensioni che con costanza e merito si sono radicate sul mercato – hanno acquisito una expertise così importante da trasformare molte di loro nelle cosiddette multinazionali tascabili italiane. In realtà, la scelta fra la costituzione di una società di diritto locale e l’apertura di una filiale si è spesso configurata non tanto come un’alternativa quanto come la fase di passaggio di un processo evolutivo della presenza aziendale in loco. Come accade in altri mercati esteri, la differenza di complessità burocratica fra le due opzioni determina effetti più che proporzionali in termini di impatto positivo sulla creazione di business. La strategia di costituire una società con partner locale – joint venture – è stata per molte aziende una opzione che ha semplificato le vischiosità burocratiche già nella fase di ingresso (procedure, gestione delle risorse umane, apertura conti, accesso al credito…). Riguardo all’ottimale localizzazione di queste strutture possiamo constatare come le imprese italiane abbiano nella maggior parte dei casi privilegiato alcune aree, quali il polo di Mumbai-Pune (Maharashtra), nel quale Pune è il distretto industriale e Mumbai il centro commerciale finanziario. Altro polo di attrazione è il Tamil Nadu e Chennai, per il settore IT e innovazione certamente Bangalore (Karnataka), e il Polo industriale attorno a Delhi. La testimonianza delle imprese già presenti conferma quanto la scelta di un distretto con competenze orientate al settore economico di riferimento sia fondamentale. Patrizio Patriarca As regards the topic of Italian exports to India, the critical issues to be managed, in addition to the frequent updating of the customs classification within the Harmonized System (with impact on duty rates), there are the presence of countervailing, protective and anti-dumping duties, and above all the complex customs clearance procedures. Another issue to consider is that relating to non-tariff barriers which arise for example from phytosanitary and health regulations, or from the different technical standards that goods must adhere to, or even from the obligation to import only from state monopolies. The import of second hand capital goods is permitted (unlike other markets) but its residual life must be certified and must respect specific limits. The selection of Indian AEO (Authorised Economic Operator) certified partners allows one to reduce the risks and times associated with international trade operations. The origin of the product has now become of absolute importance for duty purposes. For example, if a piece of machinery produced in Italy for the USA contains a component made of Indian steel, it is subject to the US duty applied to India. The same applies to the issue of sanctions: if a clothing product contains cotton fabric processed in India but of Chinese origin, it could be subject to the sanctions applied to China for human rights violations if the cotton harvest comes from the Xinjiang region. Within this framework, not only with regard to India but also to relations with non-EU markets in general, companies that have not already done so need to acquire specific skills (logistics, customs, tax, international sanctions, etc.) from a profesional figure we might call a Logistics & Compliance Manager, who is capable of planning these critical activities. Finally, here are some considerations on entrepreneurial initiatives aimed at establishing a direct presence in India. First of all, this is an option that should not be ruled out, as is indeed the case for all large, distant and difficult markets (e.g., the USA or Brazil), which in some respects make this step necessary. In this regard, we can see how the companies that have landed in India – we are referring in this case to medium-sized companies that have consistently and successfully established themselves in the market – have acquired such significant expertise that many of them have become socalled Italian pocket multinationals. In reality, the choice between incorporating a local company and opening a branch has often been seen not so much as an alternative but rather as a transitional phase in the evolution of the company's local presence. As in other foreign markets, the difference in bureaucratic complexity between the two options leads to more than proportional effects in terms of positive impact on business creation. For many companies, the strategy of establishing a company with a local partner – a joint venture – has been an option that has simplified bureaucratic hurdles right from the entry stage (procedures, human resources management, opening accounts, access to credit, etc.). Regarding the optimal location of these facilities, we can note how Italian companies have in most cases favored certain areas, such as the Mumbai-Pune hub (Maharashtra), in which Pune is the industrial district and Mumbai the commercial and financial center. Other attractive centers include Tamil Nadu and Chennai, for the IT and innovation sector certainly Bangalore (Karnataka), and the industrial hub around Delhi. The evidence from existing businesses confirms how crucial it is to choose a district with expertise geared toward the relevant economic sector. Patrizio Patriarca
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