Mondo Macchina - Nr. 12 - Anno 2023

di danneggiare il sistema di iniezione, sia di creare notevoli incrostazioni di materiale incombusto sulle superfici interne di pistoni e cilindri. L’olio di semi più adatto ad alimentare motori diesel appositamente predisposti è quello di colza, per la sua minore viscosità rispetto ad altri oli, che rimane comunque nettamente superiore a quella del gasolio. È comunque possibile alimentare motori diesel, anche moderni, con olio vegetale, pur con necessarie modifiche, di lieve o media entità. I modelli a iniezione indiretta posTECNICA 70 TECNICA ertrains, including Otto-cycle engines, suitable for running on alternative fuels, either blended or pure, that could limit the production of harmful gases. Furthermore, while waiting for the massive advent and ultimate electrification of the industry (for which we will have to wait a little longer, given the current incomplete maturation of battery technology), so-called multi-fuel engines are appearing on the market, i.e., capable of operating normally with different fuels, in a mixture or even pure. È evidente che ha poco senso ricaricare una batteria con energia elettrica proveniente da una centrale alimentata a carbone, mentre risulta molto più sostenibile se l’energia è prodotta da pannelli fotovoltaici. Quindi, per un’analisi corretta e globale della sostenibilità di produzione dei combustibili alternativi al gasolio, è necessario affrontare anche l’aspetto della o delle materie prime, se si pongono in competizione con l’approvvigionamento alimentare (umano o degli animali di allevamenti zootecnici) e/o con il consumo di suolo, che parimenti potrebbe essere destinato a coltivazioni maggiormente profittevoli per il consumo umano diretto. Un esempio indicativo in questo senso riguarda la produzione di (bio)etanolo, che in Sudamerica, e in particolare in Brasile, da molti anni viene ricavato a partire dalla canna da zucchero, per essere destinato all’alimentazione dei motori a ciclo otto del parco veicoli nazionale. Tra l’altro questa attività è da tempo oggetto di notevoli polemiche, anche per gli eccessi di coltivazione, che comportano la deforestazione selvaggia dell’Amazzonia, ovvero il principale polmone del nostro pianeta. Da qualche tempo, sono state messe a punto tecnologie che sono in grado di risolvere entrambi i problemi. Infatti, la cosiddetta produzione di “seconda generazione” di bioetanolo prevede lo sfruttamento di matrici ligno-cellulosiche (ricavate come sottoprodotto di altre lavorazioni): inizialmente destrutturate da parte di enzimi cellulosolitici per ottenere zuccheri semplici, esse vengono successivamente convertite in etanolo tramite fermentazione, previa distillazione per separarlo dalla lignina. Il residuo viene infine sottoposto a combustione in una caldaia, per consentire un’efficace integrazione energetica dell’intero processo. Questa soluzione prevede però comunque occupazione di suolo. La produzione di etanolo di “terza generazione” risolve anche questo problema, provenendo dalle cosiddette alghe verdi-blu, fatte crescere in bio-reattori appositamente predisposti, ed estraendo poi la componente amilacea, dove il bioetanolo viene prodotto da un gruppo di cianobatteri appositamente selezionati. Oltre alla loro elevata efficienza fotosintetica, le alghe sono coltivate in appositi specchi d’acqua, non sottraendo così terreno destinato alla produzione alimentare. Attenzione alla sostenibilità Clearly, it makes little sense to recharge a battery with electricity from a coal-fired power plant, whereas it is much more sustainable if photovoltaic panels produce the energy. Thus, for a proper and comprehensive analysis of the sustainability of the production of alternative fuels to diesel, it is also necessary to address the aspect of raw materials, whether they compete with food supply (human or livestock farm animals) and/or land consumption, which likewise could be allocated to more profitable crops for direct human consumption. An illustrative example in this regard concerns the production of (bio)ethanol, which in South America, and particularly in Brazil, has for many years been produced from sugarcane for use in fueling the eight-cycle engines of the national vehicle fleet. Among other things, this activity has long been the subject of considerable controversy, not least because of the excesses of cultivation, which result in the unbridled deforestation of the Amazon, that is, the main lung of our planet. For some time now, technologies that are capable of solving both problems have been developed. In fact, the so-called "second-generation" production of bioethanol involves the exploitation of lignocellulosic matrices (obtained as a by-product of other processing): initially destructured by cellulolytic enzymes to get simple sugars, they are then converted into ethanol by fermentation, after distillation to separate it from lignin. The residue is finally subjected to combustion in a boiler to allow for efficient energy integration of the entire process. However, this solution still involves land occupation. The production of "third generation" ethanol also solves this problem, coming from so-called blue-green algae, grown in specially prepared bio-reactors, and then extracting the starch component, where a specially selected group of cyanobacteria produces bioethanol. In addition to their high photosynthetic efficiency, the algae are grown in special ponds, thus not taking away land for food production. Emphasis on sustainability Dalle alghe verdi-blu coltivate in appositi specchi d’acqua si può estrarre la componente amilacea, dalla cui fermentazione si ottiene etanolo From blue-green algae cultivated in special bodies of water, the starch component can be extracted from the fermentation of which ethanol is obtained

RkJQdWJsaXNoZXIy NTY4ODI=