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Giardinaggio

Cambiamenti climatici e verde urbano

te temperature, siccità prolungata, eventi meteorologi estremi. Le città sono sempre più vulnerabili ed esposte agli effetti dei cambiamenti climatici, ma un’attenta progettazione del verde può contribuire a mitigarli, riducendo ad esempio l’isola di calore e migliorando la gestione delle risorse idriche

di Pietro Piccarolo
maggio - giugno 2023 | Back

Il cambiamento climatico in atto rende le città sempre più vulnerabili agli effetti causati, da un lato, dalle alte temperature (isole di calore) e dai prolungati periodi di siccità (estivi e invernali), che creano problemi di approvvigionamento idrico; dall’altro, dalle inondazioni, legate a improvvise forti precipitazioni (bombe d’acqua) e allo scioglimento dei ghiacciai, oltre che a una rete fluviale non ben regimata e alla eccessiva cementificazione. Per rendere le città sempre più resilienti rispetto a questi fenomeni, occorre rivedere il modello di sviluppo. Tra gli interventi da mettere in atto, occorre prestare maggiore attenzione alla qualità e gestione del verde urbano, alle pavimentazioni stradali e alla gestione delle risorse idriche. E’ giunto il tempo di fare scelte lungimiranti, avendo ben presente che le condizioni climatiche sono cambiate e stanno cambiando.

 

Verde urbano e nuovi impianti

La presenza del verde in città sempre più popolate è fondamentale per il miglioramento della qualità della vita e per attenuare gli effetti del cambiamento climatico, grazie ai servizi ecosistemici che è in grado di produrre. E’ quindi fondamentale aumentare il verde nelle aree urbane e periurbane nelle sue diverse forme, ivi compreso il bosco verticale. Tuttavia, la scelta della tipologia di verde e delle essenze da impiegare non può più essere attuata facendo affidamento sulle decisioni prese nel passato, con la convinzione che le piante presenti da molti anni siano le specie più adatte. Questo perché si è visto che le temperature elevate e la siccità protratta nel tempo, si sono dimostrate incompatibili con alcune specie di piante tradizionalmente utilizzate per i centri abitati. La Strategia Forestale europea, tra le azioni di contrasto al cambiamento climatico, prevede la messa a dimora di 3 miliardi di alberi entro il 2030 prevalentemente nelle aree urbane e periurbane. Non è un traguardo facile da raggiungere, in quanto questo comporta, da un lato, conoscere bene la dinamica dei cambiamenti in atto e il suo effetto sulle specie e/o cultivar prescelte, dall’altro, avere sotto controllo la crescita delle piante messe a dimora, riducendo così il consumo ed evitando lo spreco dell’acqua. Nella scelta del materiale vegetale, si dovranno utilizzare piante adatte a vivere in ambienti caratterizzati da lunghi periodi di siccità e da temperature elevate. Lo spreco dell’acqua può essere eliminato, o comunque sensibilmente ridotto, ad esempio, attraverso la conoscenza dello stato idrico del suolo in prossimità dell’apparato radicale delle piante. Tale acquisizione può essere ottenuta con rilevazioni tensiometriche, tramite tre sonde poste nel terreno a differente profondità che misurano la variazione delle resistività elettrica in funzione dell’umidità del suolo. Questo valore è espresso in bar. Più il valore misurato è basso, più l’umidità del suolo è elevata. Per ogni tipo di suolo esiste una relazione tra la misura tensiometrica e il tenore d’acqua e, quindi, anche della disponibilità per la pianta. La trasmissione dei dati è automatica e ciò consente di effettuare l’intervento irriguo tempestivamente, regolando con maggiore efficacia la frequenza dell’irrigazione e la dose idrica. Queste stazioni tensiometriche vengono lasciate per 2-4 anni dall’impianto. L’intervento irriguo è fatto con carribotte, erogando 100-150 litri per pianta e per intervento. Si tratta di una soluzione che salvaguarda la vita delle piante ed evita lo spreco idrico.

 

Pavimentazioni stradali permeabili

Le pavimentazioni stradali drenanti permettono di scaricare l’acqua stradale in modo diffuso e non solo nei tombini, evitando così le alluvioni stradali e l’intasamento della rete di scarico delle acque grigie e, conseguentemente, anche l’intasamento della stazione di depurazione. Questa soluzione, inoltre, può essere di contrasto alle isole di calore. Infatti, il classico asfalto stradale rendendo impermeabile la superficie, non solo impedisce la percolazione dell’acqua piovana che viene convogliata dei tombini, ma incide anche sull’aumento della temperatura atmosferica. Le pavimentazioni stradali drenanti associate a sistemi di irrigazione, invece, permettono di ridurre la temperatura locale di diversi gradi. Alcuni anni fa la città di Tolosa ha condotto un esperimento con pavés rafraichissant e cioè una pavimentazione drenante associata a un sistema irriguo goccia a goccia alimentato con l’acqua piovana raccolta. Dopo un anno si è visto che questa pavimentazione ha consentito di ridurre la temperatura di ben 5 gradi nel periodo di massimo calore. Questo tipo di pavimentazione ha un costo superiore alle normali coperture (circa un 20%), ma ne guadagna la qualità della vita. Vi sono due tipologie di pavimentazioni stradali drenanti: a giunte larghe e a struttura porosa.  Le pavimentazioni a giunte larghe, realizzate con materiale in pietra, permettono di drenare l’acqua su una superficie pari al 10% della copertura totale. Con questa soluzione l’acqua penetra nelle giunture permeabili e viene generalmente recuperata e stoccata. Le pavimentazioni porose sono realizzate con l’impiego di idoneo calcestruzzo e la penetrazione avviene sulla intera superficie. Anche in questo caso, attraverso tubi drenanti si può ottenere la raccolta e lo stoccaggio dell’acqua. Entrambe le soluzioni devono poggiare su un substrato drenante.

 

Gestione della risorsa idrica

La risorsa idrica subisce gli effetti causati dal cambiamento climatico e cioè, prolungata siccità, e quindi carenza di acqua, eventi estremi e gravi inondazioni. Si tratta quindi di trovare misure per il risparmio idrico e misure di mitigazione delle inondazioni e delle forti piogge. Il risparmio idrico va perseguito con una gestione integrata della risorsa idrica, che ne consideri i diversi utilizzi e che quasi sicuramente imporrà delle limitazioni all’uso dell’acqua potabile per l’irrigazione delle aree verdi e per altri utilizzi. Va considerato che in Europa l’Italia è al primo posto per il consumo di acqua potabile. L’acqua per l’irrigazione, non richiede una qualità elevata, per cui si può ricorrere a fonti alternative, come quelle derivante dal recupero delle acque grigie e delle acque reflue depurate, e dalla raccolta e recupero dell’acqua piovana. L’acqua piovana ha una bassa salinità e può essere utilizzata per diverse applicazioni per le quali è richiesta acqua dolce: non solo per l’irrigazione, ma anche per il bucato, per lo scarico nei WC, nei processi industriali, etc. Nel nostro Paese si raccoglie solo l’11% dell’acqua piovana, contro il 30% della Spagna. La progettazione di un sistema di raccolta dell’acqua piovana si basa: sulla estensione della superficie di raccolta; sulla probabile distribuzione e intensità delle piogge; sull’utilizzo che verrà fatto dell’acqua raccolta. In genere la raccolta viene fatta da superfici non contaminate, come terrazze, tetti e balconi. In materia non mancano gli esperimenti e le applicazioni pratiche. A Torino, ad esempio, nell’ambito del progetto pilota City Water Circles, finanziato dall’Unione Europea, sono stati realizzati sulla terrazza (70 metri quadri) di un edificio destinato a ostello della gioventù, un giardino pensile e una serra aeroponica. L’acqua piovana viene raccolta e stoccata in una cisterna, per essere poi impiegata per l’irrigazione del giardino e per la serra aeroponica. Inoltre, il giardino pensile mitiga la temperatura all’interno dell’ostello. Si tratta di un esempio educativo per gli ospiti e che, se applicato in grande scala, non mancherà di dare buoni risultati all’intera collettività.

Interessanti sono i water garden, i giardini della pioggia, che consentono di gestire i flussi meteorologici in modo sostenibile. Consistono in lievi depressioni del suolo destinate al verde e ricoperte da piante erbacee resistenti alla siccità e all’acqua. Sono capaci di gestire l’acqua piovana proveniente dai tetti, dai marciapiedi e dalle sedi stradali, riducendone  lo scorrimento e consentendone il convogliamento nella rete fognaria o in cisterne di stoccaggio per effettuarne poi il riutilizzo dopo opportuno trattamento. Il tempo di drenaggio dell’acqua raccolta non deve superare le 12-24 ore. La struttura drenante è così costituita: in profondità, uno strato di ghiaia grossolana, seguito da uno strato di ghiaia più fine e da uno strato superficiale composto per il 50-60% di sabbia, 20-30% di compost organico e 20-30 di terreno del sito. Sempre con l’obiettivo di trattenere l’acqua piovana per poi utilizzarla quando serve, evitando le inondazioni, sono nate le water square (piazze d’acqua). Si tratta di spazi pubblici multifunzionali che rimangono asciutti per buona parte dell’anno ma che, a seguito di forti precipitazioni, si trasformano in bacini d’acqua per un periodo definito che, per motivi igienici, non va oltre le 32 ore. Con piogge leggere raccolgono l’acqua piovana in apposite cisterne per poi riutilizzarla. Con piogge intense si trasformano in bacini di decantazione. Anche in caso di allagamento mantengono per i cittadini il loro carattere ludico. A Rotterdam vi è la water square di Benthemplein, che è in grado di immagazzinare 1700 metri cubi di acqua piovana.

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