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Tecnica

Il trattamento meccanico delle colture intercalari

Se gestite in modo corretto, le colture intercalari apportano benefici agronomici ed ambientali al suolo. Di grande importanza sono la scelta varietale della coltura e la tecnica di terminazione. Il crescente interesse per questa pratica ha portato allo sviluppo di attrezzature specifiche

di Aldo Calcante
dicembre 2023 | Back

Le cover crop occupano di solito il terreno tra la fine del ciclo di una coltura principale e l’inizio del successivo, assicurando una copertura vegetale del suolo in periodi in cui rimarrebbe nudo o al massimo con residui della coltivazione precedente. La copertura protegge il suolo dall'erosione idrica ed eolica e, dopo l’incorporazione nel terreno del materiale vegetale, ne migliora la struttura, incrementando al contempo il contenuto di sostanza organica, ma anche trattenendo l’azoto degli effluenti zootecnici, riducendone così la lisciviazione e rendendolo disponibile per la coltura successiva. Inoltre, le cover crop contribuiscono al controllo delle infestanti attraverso la naturale competizione per luce, acqua, nutrienti e/o mediante la produzione di principi allelopatici, cioè di sostanze che possono deprimere la germinazione e lo sviluppo delle malerbe. Per procedere alla semina della successiva coltura da reddito, le cover crop devono però subire un appropriato processo di terminazione, ovvero di abbattimento e di incorporazione nel terreno. Ciò può avvenire prima, oppure in contemporanea alla semina, in un'unica operazione a cantieri riuniti. Il momento ottimale per la terminazione dipende dalle caratteristiche della coltura principale e dalle condizioni necessarie per la sua crescita ottimale, ma anche dal tipo di cover crop adottata, dal suo sviluppo e dalla tecnica di terminazione adottata.

 

Le tecniche di terminazione. Per le specie definite “gelive”, tra cui l’avena strigosa, la senape bianca, il rafano “Tillage Radish” e la veccia del Bengala, si può sfruttare l’azione del gelo invernale. In tal caso, la devitalizzazione avviene a seguito di un’esposizione a temperature inferiori a 0°C, per un periodo adeguato in termini di durata e di intensità. Viceversa, la terminazione chimica prevede l’impiego di erbicidi non selettivi, tipicamente il Glifosate, la cui distribuzione in campo viene eseguita mediante barra irroratrice o talvolta, per aumentarne l’efficacia, in combinazione con altre macchine per la terminazione.

La terminazione meccanica può comportare un interramento della biomassa, totale o parziale, oppure il mantenimento della vegetazione in superficie, a creare uno strato pacciamante. Nel primo caso, la terminazione viene effettuata con una classica aratura, grazie all’inversione degli strati eseguita dall’aratro. Ciò incrementa il rilascio di azoto e ha effetti positivi sul contenuto di umidità del suolo.

L’aratura annulla però l’effetto di copertura; inoltre, le piante intere e vive possono ostacolare il completo rivoltamento della fetta, intasando gli organi lavoranti. In alternativa, in un’ottica di agricoltura conservativa in cui è favorito il rimescolamento degli orizzonti, si utilizzano erpici a dischi o ad ancore, rispettivamente nel caso di abbondanti o di scarse quantità di biomassa. Più in dettaglio, gli erpici scalzano, tagliano e interrano parzialmente la cover crop, lavorando a velocità di avanzamento superiori all’aratura. Inoltre, grazie alla maggiore superficie di contatto tra i residui ed il terreno, l’umificazione della coltura di copertura è più rapida, con un più efficace rilascio di nutrienti. Peraltro, per evitare l’uso di erbicidi di sintesi (sia per ragioni ambientali, sia per la loro inammissibilità, come ad esempio avviene in regime di agricoltura biologica), si stanno diffondendo tecniche di terminazione eseguite con specifiche operatrici. In tal caso, la cover crop viene gestita mediante sfalcio, trinciatura ed erpicatura con erpici undercutter, che recidono le radici delle piante a pochi centimetri di profondità grazie a lame orizzontali ad ala larga, adagiando ordinatamente a terra la biomassa epigea (quella parte della pianta che sporge dal terreno), favorendo così la copertura del suolo.

I possibili svantaggi di questa soluzione riguardano il rischio di ricaccio, soprattutto se la terminazione viene effettuata prima della fioritura, e la rapida decomposizione della biomassa che, se trinciata troppo finemente, comporta una ridotta soppressione delle infestanti durante il successivo ciclo della coltura da reddito. Una più recente ulteriore modalità di terminazione riguarda l’impiego di rulli allettatori (o “rulli crimper”), che abbattono la cover crop, lasciando sulla superficie un “tappeto” ordinato di materiale vegetale.

In pratica, sotto il peso di un rullo cilindrico dotato di lame sulla circonferenza esterna viene eseguito un allettamento forzato delle piante, che vengono devitalizzate mediante un’energica compressione degli steli, che ne distrugge il sistema vascolare. Dal punto di vista costruttivo, i rulli allettatori sono semplici e relativamente economici, possono lavorare su fronti relativamente ampi e richiedono basse potenze per il funzionamento. I limiti di impiego riguardano non solo l’adeguata dimensione della cover crop, l’umidità ottimale del suolo, il rischio di ricaccio e la ripresa vegetativa durante il ciclo della coltura successiva, ma anche la possibile difficoltà nella semina della coltura da reddito, per la presenza di un’eccessiva quantità di biomassa in superficie.

Operatrice multiattrezzo. Nell’ambito del progetto X-Cover, cofinanziato dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr) nell’ambito del Programma di sviluppo rurale 2014-2020 della Regione Lombardia, presso il Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell’Università degli Studi di Milano è stato progettata e sviluppata un’operatrice multiattrezzo in grado di abbinare differenti utensili per aumentare l’efficacia della terminazione meccanica.

L’operatrice, di tipo semiportato, si basa su un telaio porta-attrezzi dotato di due attacchi a 3 punti con terminali automatici, per poter utilizzare contestualmente due diverse attrezzature, con regolazione della profondità di lavoro, grazie a cilindri idraulici precaricati a singolo effetto. Posteriormente, la macchina è equipaggiata con una coppia di ruote di appoggio pivottanti, regolabili in altezza mediante un cilindro idraulico a doppio effetto, per il trasferimento della macchina e la regolazione dell’altezza in fase di lavoro. Con questa macchina è possibile utilizzare diverse tipologie di attrezzi, a partire da un coltivatore con due ranghi di ancore a zampa d’oca a lame larghe sfalsate. Il coltivatore assicura una lavorazione efficace sull’intero fronte di lavoro e garantisce al contempo il miglior deflusso di terra e di residui colturali. Un’ulteriore coppia di lame fissate a ciascuna ancora permette di raggiungere una larghezza di lavoro di circa 40 cm, per aumentare l’effetto di taglio e di eradicazione della coltura, analogamente a ciò che si ottiene con l’erpice undercutter. La macchina multiattrezzi può essere equipaggiata anche con un erpice a dischi, costituito da due alberi porta-dischi che, tramite un cilindro idraulico, possono formare tra loro un angolo variabile tra 0° (dischi paralleli) e 15°. I dischi hanno bordo ondulato (di tipo “turbo coulter blade”) per sminuzzare e interrare con maggior efficacia i residui colturali. Infine, la macchina sviluppata dall’Università di Milano può essere dotata di un rullo crimper a telaio rigido con lame inclinate di 15° e profilo liscio, per ridurre al minimo le vibrazioni dovute al rotolamento. è possibile aumentare la massa del rullo riempiendolo con acqua, attraverso un’apposita imboccatura laterale.

Le prove di campo effettuate nel biennio 2021-22 con le prime due combinazioni hanno ottenuto un’efficacia di terminazione simile a quella del trattamento chimico, riducendo quindi significativamente l’impatto ambientale dell’intervento, e lasciando il terreno in una condizione tale da consentire la preparazione del letto di semina per la coltura da reddito con o senza un residuale effetto pacciamante.

In definitiva, l’efficacia della terminazione meccanica dipende da diversi fattori, i più importanti dei quali sono lo stadio di sviluppo della cover crop, i parametri operativi di lavoro (velocità di avanzamento, profondità di lavoro, pressione e regolazione degli organi lavoranti), la quantità di biomassa epigea, le caratteristiche dell’apparato radicale e le condizioni meteorologiche dopo l’intervento. Ad esempio, lo schiacciamento è inefficace per cover crop in uno stadio precoce di sviluppo (tipicamente prima della botticella per le graminacee), che si rivela essere una situazione comune quando, nelle condizioni climatiche dell’Italia settentrionale, si deve seminare la coltura da reddito tra la fine di marzo e la prima metà di aprile.

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