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Tecnica

Robot agricoli autonomi, le novità dei costruttori

Nonostante diverse lacune normative che rischiano di creare incertezza tra i costruttori, il settore agricolo si sta aprendo sempre di più all’impiego delle macchine autonome, fondamentali per ottimizzare l’impiego dei fattori produttivi e per migliorare la sostenibilità del primario

di Davide Facchinetti
marzo - aprile 2024 | Back

La FAO stima che la domanda globale di prodotti agricoli e alimentari crescerà del 50% entro il 2050, anno in cui la popolazione mondiale dovrebbe aumentare da 8 miliardi a poco meno di 10. In previsione di una continua crescita della domanda di cibo, l’agricoltura del futuro è chiamata a vincere una grande sfida: aumentare ulteriormente la produttività a fronte di una diminuzione dei fattori produttivi. È oramai assodato come lo sviluppo dell’automazione in agricoltura, soprattutto nelle colture protette, possa contribuire enormemente a rendere la produzione alimentare più efficiente ed ecosostenibile. Il primo passo verso la robotizzazione totale è senz’altro rappresentato dalla possibilità di poter impiegare numerosi modelli di trattori autonomi dotati di GPS, sensori a intelligenza artificiale, che, seppure in alcuni ambiti operativi non raggiungono ancora le capacità umane, in termini di precisione nel mantenimento di determinate traiettorie sono già più performanti rispetto ai migliori trattoristi. La rapida evoluzione nell’ambito della sensoristica e dell’intelligenza artificiale renderà a breve le macchine dotate di questa nuova tecnologia sempre più in grado di raggiungere le capacità operative dell’uomo. Anche in quelle situazioni per le quali occorre molta esperienza al fine di prendere decisioni operative sensate, si andrà – pertanto – ad assottigliare sempre di più il divario uomo-macchina.

Da più di 20 anni esistono sul mercato trattori che sono in grado di seguire, con estrema precisione, dei tracciati prestabiliti, nonché di svoltare e di ripetere a fine campo una sequenza di comandi ben precisa, cadenzando anche l’intervallo di tempo che intercorre tra un comando e l’altro. Da qui a proporre sul mercato tali macchine, sprovviste, però, di una cabina per il conducente e, quindi, completamente automatizzate, il passo è brevissimo: infatti ci sono aziende che già lo hanno fatto. Rimane però un problema di non poco conto: rendere la macchina in grado di reagire ai molteplici imprevisti e alla variabilità di situazioni che possono presentarsi in campo. In realtà diversi costruttori, centri di ricerca universitari e start-up sono già in grado di realizzare macchine autonome progettate per reagire in maniera corretta alla presenza di ostacoli, tuttavia lo sviluppo del mercato delle macchine ad alta automazione è frenato da alcune lacune normative che è necessario colmare rapidamente. Un esempio di questo vuoto normativo è quello relativo al fatto che nella stragrande maggioranza dei Paesi del mondo, compresa l'Unione Europea, non è ancora chiaro chi dovrebbe essere ritenuto responsabile per un eventuale incidente causato da un mezzo ad elevata automazione.

La mancanza di una norma specifica, in questo caso atta a disciplinare la guida autonoma, è causata dal netto ritardo con cui l’adeguamento normativo insegue i progressi tecnologici, come sta a dimostrare il ritardo con cui si è arrivati a legiferare sul fenomeno Internet.

Alcuni enti di rilievo europeo e internazionale si stanno adoperando per risolvere questa problematica. Tra questi, il laboratorio francese LNE (Laboratoire National de métrologie et d'Essais), punto di riferimento per la misurazione, il collaudo e la certificazione di prodotti di ogni tipo; il CEMA (European Committee of Associations of Agricultural Machinery), di cui fa parte anche FederUnacoma e l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico). è da sottolineare che nell’ambito automotive la legislazione relativa alla guida autonoma è già stata affrontata, anche se ad oggi tra tutti i Paesi dell’Unione Europea solo in Germania è stata autorizzata l’omologazione di un’auto che può guidare autonomamente in autostrada a velocità non superiori ai 60 km/h.

In attesa che il quadro normativo venga chiarito e che vengano sciolti i dubbi delle case costruttrici, alcuni brand hanno già presentato al pubblico diversi sistemi ad alta automazione. Alcuni sono ancora in forma di “concept”, altri sono stati solo ingegnerizzati, altri invece sono già commercializzati. Le diverse soluzioni presenti o pronte ad affacciarsi sul mercato si differenziano fondamentalmente nelle dimensioni e nelle forme. Se alcune assomigliano moltissimo ai tradizionali trattori agricoli, con i quali quasi sempre si accomuna anche l’utilizzo del gasolio come fonte energetica, altre, hanno pochissime caratteristiche comuni con le macchine che siamo abituati a vedere in campo. Talvolta sono riconoscibili solo per la presenza di ruote o cingoli, e spessissimo impiegano per il loro funzionamento dell’energia elettrica stoccata in batterie portate a bordo, mentre più di rado sfruttano anche dei pannelli fotovoltaici per incrementarne l’autonomia. Esiste, infine, un’altra tipologia di robot agricoli di piccole o piccolissime dimensioni, caratterizzati da capacità operative basse, ma comunque in grado di cooperare tra loro per agire sui campi come una sorta di sciame.

Al filone “tradizionalista”, come tali si intendono i robot somiglianti ai normali trattori agricoli, appartengono la maggior parte delle proposte provenienti dagli storici produttori, tra i quali quelli proposti dai gruppi AgCo e CNH, ma anche da marchi come John Deere, Yanmar e Kubota. Le soluzioni tecniche proposte da qesti brand fanno perno, nella quasi totalità dei casi, sulla medesima componentistica meccanica dei trattori normalmente in produzione; non a caso la maggior parte di questi modelli sono di fatto dei comuni trattori di alta gamma, alimentati da un motore diesel ed equipaggiati con tutte le moderne tecnologie di guida automatica satellitare. Esistono però anche dei prototipi, come il Sesam 2 di John Deere, con alimentazione elettrica e batteria da ben 1.000 kWh, e senza cabina (che può comunque essere installata per i trasferimenti su strada). Sempre di John Deere è il trattore 8R 410, identico all’apparenza agli 8R tradizionali (ovvero dotati di cabina), che è anche il primo trattore completamente autonomo ad essere commercializzato in Nord America con prezzi di listino che vanno da 500 mila a 800 mila dollari. Privo di cabina è anche il prototipo di CASE-IH basato su un Magnum Cvx, che, oltre al segnale satellitare, sfrutta i dati provenienti da una serie di telecamere e radar che rilevano eventuali ostacoli. Il trattore-robot NH Drive della New Holland risulta pressochè identico al normale T8 Blue Power: questo consente di operare con conducente a bordo per eseguire tutte quelle operazioni per le quali non sia ancora possibile la guida senza conducente. Il gruppo CNH sta investendo molto in questo settore ed ha recentemente impegnato ingenti somme nella californiana Monarch Tractor, che ha progettato il trattore Mk-V a propulsione elettrica e con potenza di 52 kW. Anche in questo caso si tratta di un trattore senza conducente, ma con piattaforma di guida, destinato all’operatività in vigneti e frutteti. Tra i primi trattori al mondo ad essere stati utilizzati senza conducente a bordo ci sono i Valtra, che operano comunemente e da moltissimi anni presso l’aeroporto svedese di Ivalo (il più a nord del mondo) per la rimozione della neve. Anche in Bielorussia si lavora nella stessa direzione ne è un esempio il Belarus A3523i, un trattore autonomo sprovvisto di cabina, azionato da un motore Cummins da 350 cavalli e caratterizzato da una particolare trasmissione a variazione continua con motori elettrici. La giapponese Yanmar ha sviluppato il modello YT5113A sulla base del modello standard YT5113N che viene però privato della cabina per creare lo spazio necessario per l'hardware della tecnologia autonoma e per i serbatoi di prodotti chimici. Di recente presentazione è il prototipo MR 1000A Agri Robo KVT di Kubota, un trattore autonomo sviluppato sulla piattaforma del modello Kubota M5112, con il quale condivide molti dei suoi componenti, nonchè la cabina.

Passando invece in rassegna le proposte che presentano conformazioni differenti rispetto a quelle dei trattori tradizionali, ci si imbatte per lo più (ma non solo) in un gran numero di soluzioni messe a punto da piccole aziende o da startup, anche se, come al solito, non mancano le eccezioni. Una interessante vetrina per queste soluzioni è stata l’ultima edizione del FIRA di Tolosa dove c’erano ben 30 robot agricoli in esposizione, di cui 20 operativi nell’area demo. Tra le macchine più interessanti viste al FIRA, va certamente annoverato Orio, che arricchisce la gamma di robot agricoli proposti dalla francese Naïo Technologies. Orio è un robot porta-attrezzi alimentato con pacchi intercambiabili di batterie al litio da 21 o 32 kWh che azionano 4 motori elettrici posti sulle ruote. La medesima azienda ha anche esposto il modello denominato TED, un robot scavallante elettrico che viene commercializzato già dal 2022 e che è destinato ad operare su vigneti a spalliera. Sempre di casa Naïo Technologies è il robot cingolato Jo, disponibile sul mercato dal 2023 e destinato a lavorare in vigneti con pendenze fino al 40%. Degno di interesse e “fuori dagli schemi” è Robot One, proposto dall’olandese Pixelmìfarming Robotics, capace di effettuare le operazioni di diserbo con un avveniristico raggio laser, con speciali pinze atte a strappare le infestanti o con organi scalzatori più tradizionali che tagliano le radici. Una proposta tutta italiana arriva invece dalla Field Robotics, start-up nata nel 2022 con FR-01, un portattrezzi elettrico, robotizzato e modulare, equipaggiabile con attrezzature intercambiabili da frutteto e dotato di batterie al litio ricaricabili da 24 o 48 kWh. Si tratta di un prototipo, abbinabile solo a una trinciatrice e ad un atomizzatore, ma nel corso di quest’anno sarà proposto anche con nuove combinazioni, per poi essere lanciato sul mercato dalla prossima estate. Interessante è anche il prototipo full electric sviluppato dalla start-up israeliana Nanovel, che viene utilizzato per raccogliere frutti quali agrumi, drupacee e frutti tropicali grazie a sistemi di visione, algoritmi di intelligenza artificiale e particolari bracci dotati della tecnologia Grip & Tri. Questo prototipo dovrebbe poter essere commercializzato già quest’anno.

Decisamente futuristico, se non altro per la scelta di utilizzare idrogeno come fonte energetica e celle a combustibile per la sua trasformazione in energia elettrica, è il Traxx Concept H2 della francese Exxact Robotics. Già proposto nella più classica versione con motore diesel, Traxx Concept H2 ha la consueta architettura scavallante tipica delle macchine da vigneto sviluppate in Francia e può essere dedicato alla lavorazione del terreno con diversi accessori. Inoltre, esso può effettuare trattamenti fitosanitari utilizzando un particolare atomizzatore con pannelli di recupero.

Weta Robot, sviluppato dall’iberica Teyme Group con il contributo di diverse realtà italiane, spagnole, portoghesi e olandesi, è un prototipo di portattrezzi elettrico destinato all’operatività anche su pendenze accentuate e in vigneti stretti, ed è già in grado di effettuare trattamenti fitosanitari a rateo variabile con ugelli controllati singolarmente dotati della tecnologia PWM (Pulse Wide Modulation).

Da segnalare poi le tre differenti soluzioni robotizzate proposte dalla startup olandese AgXeed, nella quale ha recentemente investito anche la tedesca CLAAS aumentando la sua quota di partecipazione; si tratta nello specifico di un semicingolato da 155 kW e di due Ag-bot, a tre e quattro ruote, da 55 kW, rispettivamente per vigneto e campo aperto.

All’ultima tipologia di robot agricoli, quelli in grado di operare come sciami, appartengono moltissimi prototipi messi a punto da enti di ricerca o da start-up, ma la gran parte di essi non è ancora adatta alla commercializzazione. Tra i progetti più interessanti e più vicini al lancio sul mercato, vi sono i piccoli robot da campo Xaver della Fendt, messi a punto a seguito di un progetto finanziato dall’Unione Europea denominato MARS (Mobile Agricultural Robot Swarms) e portato avanti in collaborazione con l'Università di Ulm di Scienze Applicate.

In conclusione, occorre considerare che anche se la tecnologia relativa alla robotica e all’intelligenza artificiale può già fornirci delle infrastrutture e delle metodiche per trasformare radicalmente il lavoro agricolo, è essenziale che le nuove tecnologie siano rese accessibili su vasta scala e che il settore primario punti su una forza-lavoro ad alta qualificazione per la gestione dei processi di innovazione tecnologica in questo contesto.

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