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Tecnica

Il sollevatore telescopico, multifunzionalità al top

I sollevatori telescopici si caratterizzano per la grande maneggevolezza negli spazi ridotti, ma soprattutto per l’estrema versatilità che hanno acquisito nel tempo. Dalla gestione del foraggio a quella dei reflui e delle biomasse, fino alle più varie operazioni di carico-scarico di materiali, i sollevatori telescopici sono un supporto prezioso nell’azienda agricola. Tecnologie sofisticate caratterizzano i nuovi modelli, che presentano anche sistemi per garantire economicità nei consumi e sicurezza nelle operazioni

di Daniela Lovarelli
novembre 2019 | Back

Nonostante gli ingombri solitamente contenuti, il sollevatore telescopico può comunque vantare 4 ruote motrici, 2 assi sterzanti (spesso con diverse modalità di gestione), una confortevole cabina di guida e soprattutto un braccio telescopico ad azionamento idraulico dalle prestazioni eccellenti. Nell’azienda agricola è molto prezioso per la movimentazione di materiale di diverso tipo, ovvero tipicamente carico-scarico, trasporto e posizionamento di balle di fieno e paglia, materiale confezionato e sfuso, gestione di reflui solidi palabili (letame, digestato solido), ecc.

In ogni caso, la sua adattabilità a diversi contesti di lavoro rende questa macchina una validissima alternativa al trattore dotato di caricatore frontale. In effetti, con la diffusione degli impianti di digestione anaerobica, il sollevatore telescopico è diventato anche un mezzo indispensabile per facilitare la gestione e movimentazione dei prodotti che vengono utilizzati per l’alimentazione dell’impianto.

Si tratta di una macchina che di recente si è evoluta con l’applicazione delle dotazioni tipiche del trattore, ovvero il gancio di traino, il sollevatore con attacco a 3 punti posteriore e la presa di potenza, in modo da poter svolgere anche numerose lavorazioni in accoppiamento con svariate attrezzature. L’unico suo vero limite è forse l’esecuzione delle lavorazioni profonde del terreno, dove il trattore tipicamente può vantare una capacità di tiro superiore.

 

Tre categorie

La capacità di sollevamento e la massima altezza raggiungibile dal braccio telescopico sono le caratteristiche tecniche principali tramite le quali vengono classificati i vari modelli. Sul mercato la scelta è ampia. Compatti o “mini”: si tratta di quei sollevatori adatti alle piccole realtà produttive, come serre, vivai, aziende orticole, in cui sono fondamentali versatilità e maneggevolezza in spazi stretti. Diventa allora importante un ingombro ridotto (meno di 2 metri di larghezza per circa 4 metri di lunghezza) e una massa a vuoto non superiore a 5000 kg. La portata massima di sollevamento è intorno ai 2600 kg, mentre l’altezza massima del braccio è di 5-6 m. I motori hanno una potenza contenuta (50-60 kW); sollevatori di media capacità: è la categoria più popolare. Questi modelli si adattano bene alle più varie realtà operative: l’ingombro aumenta (2 m di larghezza e 4,5-5 m in lunghezza), la portata massima varia tra 3000 e 4000 kg, mentre le altezze massime del braccio vanno da 6 a 12 m. Il motore ha potenza variabile tra 55 e 80 kW; “maxi”: sono modelli di impiego pesante, con una struttura robusta, atta al sollevamento di pesi importanti. La portata massima raggiunge e talvolta supera i 6000 kg, mentre l’altezza massima del braccio va oltre i 10 m, raggiungendo su qualche macchina anche i 15 m. La potenza massima del motore varia tra 100 e 130 kW.

 

Le peculiarità della macchina

Le funzioni di sollevamento vengono assicurate da un circuito idraulico, per cui la portata della pompa di alimentazione è un aspetto chiave indicativo delle performance. Anche in questo caso c’è un’ampia variabilità: si parte da 80-110 l/min per i modelli medio-piccoli, fino a 200-250 l/min per quelli più grandi.

La trasmissione è idrostatica a controllo elettronico o CVT (attuata con motori a pistoni assiali) per garantire un agevole impiego, soprattutto considerando che le operazioni di carico, scarico e sollevamento sono quelle che più richiedono rapide variazioni della potenza richiesta, per cui la pompa (e quindi il motore che la aziona) sono soggetti a repentine variazioni, di portata la prima e di coppia e regime di rotazione il secondo. Ciò comporta, talvolta, elevati consumi di gasolio ed emissioni di gas inquinanti: per quest’ultimo aspetto si rivela quindi fondamentale avvalersi delle più avanzate soluzioni di abbattimento delle emissioni, nel rispetto delle recenti direttive europee.

Viceversa, la riduzione del consumo di combustibile viene conseguita con dispositivi originali, sviluppati dalle case costruttrici. Ad esempio, l’EPD (Eco Power Drive) sviluppato da Merlo consente una riduzione dei consumi fino al 18% rispetto ai modelli tradizionali, grazie alla regolazione automatica del regime motore in funzione del carico, in particolare “smussando” i picchi di potenza. Anche l’emissione dei gas di scarico subisce parimenti una drastica riduzione. Per un più preciso adattamento alle varie condizioni operative, l’EPD si struttura su tre diverse modalità di funzionamento: economica, heavy load (per mo­vimentare carichi pesanti), e speed control (per i trasferimenti), gestibili in autonomia dal conducente tramite il joystick, dotato tra l’altro di inversore del senso di marcia e di un insieme di controlli per precisi movimenti millimetrici. A tale riguardo, il parabrezza curvo consente una visibilità ottimale sulla zona di operatività.

L’eccellente manovrabilità dei sollevatori telescopici è ulteriormente valorizzata dalle prestazioni dello sterzo, che può agire sulle 4 ruote. Come del resto anche su altre numerose macchine operatrici, le modalità di gestione sono di tre tipi, ovvero sterzata delle sole ruote anteriori, di tutte le 4 ruote e “a granchio” (o a “passo di cane”).

Per quanto riguarda il sollevamento, tutti i modelli sono ormai dotati del Controllo Dinamico del Carico (CDC), che garantisce la sicurezza dell’operatività, scongiurando possibili ribaltamenti provocati da sbilanciamenti dei materiali movimentati. Tra l’altro, il CDC permette di sfruttare a modo le potenzialità della macchina, perché il conducente può accertarsi in continuo delle condizioni di stabilità del mezzo. In pratica, vengono monitorati il peso caricato, l’altezza e l’angolo di inclinazione del braccio, in modo da poter avvertire con un allarme l’operatore, nel caso si stia per raggiungere un bilanciamento critico della macchina. La logica adottata è quella a semaforo: quando si verifica una criticità (naturalmente mantenendo comunque un opportuno margine di sicurezza) l’estensione del braccio si blocca automaticamente, e l’unica operazione possibile è il suo rientro, così da ripristinare condizioni di completa stabilità.

L’importanza del braccio telescopico

Il braccio di sollevamento è logicamente il componente fondamentale di questo tipo di mezzo, così come gli attrezzi terminali che possono essere abbinati, tra cui forche e pinze per rotoballe e balle parallelepipede di grandi dimensioni (anche fasciate), forche e pale per letame (anche con griffa), ganci e piattaforme, ecc.


 

La cabina

Per ovvie questioni di ingombro, sul sollevatore telescopico l’abitacolo ha normalmente un volume inferiore rispetto alla cabina solitamente installata sul trattore. Con una larghezza di 1,01 m, la cabina montata sui modelli di Merlo ottimizza il volume interno, comunque estremamente curato per il comfort acustico e soprattutto quello termico. L’impianto di climatizzazione può garantire una differenza di temperatura di ben 21° in condizioni estive (abbattendo la temperatura da 43° a 22°) e addirittura di 41° in quelle invernali (da -15° a 26°), grazie anche a ben 8 bocchette, di cui tre espressamente dedicate allo sbrinamento del parabrezza.

Per il comfort vibrazionale è poi disponibile la sospensione idropneumatica del veicolo (attivabile dall’operatore), oltreché ovviamente un comodo sedile con sospensione pneumatica.

Anche l’accesso e la discesa dal posto di guida sono facilitate, grazie alla completa apertura (di 180°) delle portiere.


Anche ibrido

Premiato con la medaglia d’oro ad una della scorse edizioni di Agritechnica, il Merlo 42.7 Hybrid monta un motore diesel da soli 56 kW di potenza, invece di 100 kW o più dei corrispondenti modelli tradizionali. E’ indicato per operare, soprattutto nelle lavorazioni in ambiente confinato, in modalità completamente elettrica, con un’autonomia di 2 ore a piena potenza e addirittura 4 in modalità eco.

Oltre ai ben noti vantaggi generali dei veicoli ibridi, in un ciclo di lavoro medio questo modello di Merlo fa registrare una riduzione dei consumi di gasolio di almeno il 30%. Inoltre, il livello di rumorosità è significativamente più basso nella modalità ibrida, anche perché il motore endotermico funziona ad un regime di rotazione limitato e costante, in più nella condizione di massima efficienza della curva prestazionale.

Il pacco batterie può essere ricaricato direttamente dalla rete elettrica (o anche tramite una rete locale alimentata da pannelli fotovoltaici), consentendo al veicolo di funzionare sempre in modalità completamente elettrica, quindi senza alcuna emissione gassosa inquinante.

Prove eseguite sia al banco che su pista hanno dimostrato che l’operatività in modalità completamente elettrica avviene senza compromessi, garantendo le prestazioni target, in termini di trazione e di sollevamento.

Considerando il risparmio di gasolio rispetto alla corrispondente versione tradizionale con motore diesel, Merlo afferma che il tempo di ritorno del maggiore investimento iniziale per l’acquisto di questa versione può essere anche di soli due anni.

 

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