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Tecnica

La castanicoltura, una sfida per la meccanizzazione

Tra le attività produttive delle aree montane, la castanicoltura può offrire, in prospettiva, i ritorni più interessanti. Il ruolo della meccanizzazione è fondamentale, e già oggi sono disponibili tecnologie di ottimo livello per le diverse fasi di lavoro. Nuovi macchinari, nel prossimo futuro, contribuiranno a rendere questa coltura sempre più efficiente e redditizia

di Marcello Ortenzi
marzo - aprile 2015 | Back

La castanicoltura è una delle attività che possono avere successo nell’economia delle aree montane, anche se negli anni la superficie d’impianto è andata complessivamente calando, in Italia, fino agli attuali 780.000 ettari. La diminuzione dell’interesse a gestire i castagneti, quasi ovunque in Italia, è in genere attribuita al rendimento calante del reddito ricavabile, legato a una commercializzazione, nel recente passato, scarsamente valorizzante il prodotto. Fra gli elementi che hanno causato questa diminuzione d’interesse per la castanicoltura, soprattutto da parte delle nuove generazioni, va senza dubbio considerata la poca innovazione nel lavoro agricolo in montagna, anche per il lento sviluppo dei processi di meccanizzazione che altrove hanno, invece, sostenuto il settore primario. Le macchine, concepite prevalentemente per rispondere alle necessità dell’agricoltura di pianura e collina, sono infatti poco adatte a spazi stretti e disomogenei quali quelli dei versanti, spesso ripidi, dei territori montani. Territori, questi, considerati non sufficientemente interessanti per giustificare, fino a tempi recenti, gli investimenti necessari alla produzione di macchinari adeguati.

Ultimamente, la crisi occupazionale e iniziative pubbliche a favore della specifica coltura – come il Piano per l’agricoltura di montagna e il Piano del settore castanicolo del Mipaaf o i Piani di Sviluppo Rurale 2014-2020 – hanno riportato un certo interesse sul castagno e sulla relativa meccanizzazione. Molte aziende usano ancora la raccolta a mano del frutto, ma le industrie costruttrici di macchine non si sono fermate nell’innovazione, suscitando l’interesse degli operatori delle aree di maggiore importanza per la castanicoltura.

L’uso di macchine raccoglitrici è in grado al tempo stesso di ridurre il costo della raccolta e aumentare la qualità del prodotto, consentendo operazioni più tempestive. In zone pianeggianti ha dimostrato buoni risultati la raccoglitrice semovente Semek 1000 della Facma (VT), che funziona in base al principio del raccattamento meccanico di castagne da terra. Diversi modelli ammettono, invece, tubi di aspirazione del prodotto a terra molto lunghi e ciò consente il loro impiego anche sulle pendici terrazzate operando dagli stradelli che percorrono gli appezzamenti. Si tratta di una meccanizzazione parziale perché il tubo aspirante è manovrato dall’operatore, fatto questo che aumenta notevolmente la resa oraria rispetto alla raccolta manuale. Attualmente sono in prova modelli di vario genere di questa tipologia, sia semoventi che portati dall’attacco a tre punti della trattrice, mentre sono allo studio anche modelli adattabili a motocoltivatori reversibili. La raccoglitrice C 380 S “Cimina” della Facma è una macchina aspiratrice semovente con trasmissione idraulica, equipaggiata con motore diesel turbocompresso di 83 kW di potenza, azionabile da un solo operatore. A essa si può applicare un raccattatore meccanico RM210, e sono allo studio miglioramenti sia per la maneggevolezza delle macchine sia per evitare abrasioni e microlesioni dell’epicarpo dei frutti. Il costo effettivo della raccolta meccanica dipenderà dal costo che queste macchine avranno sul mercato e dai modi di utilizzo. L’uso di andanatrici a pettini rotanti è applicabile in situazioni di pianura, e permette di accumulare frutti e ricci in strisce dalle quali si estrarranno i soli frutti, ma si sta cercando di ovviare all’ancora elevato costo dei macchinari in rapporto alle superfici. In situazioni collinari e montane di suolo sconnesso, sono impiegate talvolta aspiratrici a spalla come quelle prodotte dalla Cifarelli di Voghera (PV), e turboraccoglitrici come quella di Tonutti di Remanzacco (UD) adatte per ampie superfici. Macchine aspiratrici di buona potenza consentono di raccogliere fino a 20 m di distanza con tubi leggeri: ricci e frutti sono convogliati a separatrici per lo più interne alla macchina stessa; la loro resa dipende soprattutto dalla quantità di prodotto accumulatosi a terra. Ottime macchine turboraccoglitrici trainate o semoventi sono costruite in Italia, con potenza da 30 a 60 kW e all’occorrenza anche superiori. Il cantiere impiega per lo più due sole persone, le rese sono elevate (fino a 800 kg/ora, se il prodotto è abbondante e la giacitura è pianeggiante). Sono produttrici in questo segmento Tonutti, Facma, Chianchia, De Cloet. Anche l’Università di Torino lavora sul tema e ha realizzato un prototipo in grado di raccogliere circa 160 kg/h con uno scarto dell’8 %, in condizioni di suolo secco, su terreni declivi. Ha un motore di 13 kW di potenza e la spazzolatrice lavora in senso perpendicolare all’andana per permettere la raccolta sia in avanti sia indietro rendendola più sicura nei terreni a forte pendenza. Il Piano di Settore Castanicolo ha previsto modelli di gestione meccanizzata idonei alle diverse realtà della castanicoltura da frutto e in particolare punta a fornire agli operatori informazioni per razionalizzare la scelta e l’applicazione di mezzi meglio rispondenti alle specifiche situazioni.  Anche il nuovo Piano di sviluppo rurale prevede misure per le aree montane e per la forestazione che le Regioni potranno utilizzare per favorire l’utilizzo delle macchine nella castanicoltura, come previsto dal Regolamento 1305/2013. 

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