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Mercati

Macchine agricole in Iran, il mercato può ripartire

Per le imprese italiane la fine dell'embargo può valere otto miliardi di euro. L'esigenza di rinnovare il parco macchine e di incrementare la produttività del comparto agricolo offre buone possibilità di penetrazione anche nel settore agro-meccanico

di Giovanni M. Losavio
maggio - giugno 2015 | Back

Una superficie espositiva coperta di 18 mila metri quadrati; sei padiglioni, due dei quali dedicati alle macchine e alle attrezzature agricole; trecento espositori, trenta dei quali stranieri; oltre 10.000 visitatori. Sono i numeri della decima edizione della fiera Iran Agri Show, una delle più importanti rassegne iraniane dedicate alle tecnologie per il settore primario, svoltasi dal 17 al 20 febbraio nella città di Mashhad, capoluogo del Razavi Khorasan, regione agricola situata nella parte nordorientale del Paese nota per la coltivazione dello zafferano (56 tonnellate esportate nel 2011), di cui l’Iran è primo produttore mondiale, e per essere il cuore industriale dell’agro-meccanica iraniana (a Mashhad viene fabbricato il 55% di tutte le attrezzature agricole iraniane).

 

All’Iran Agri Show importanti

incontri d’affari per le aziende italiane

La kermesse, alla quale ha preso parte un nutrita rappresentanza di costruttori italiani, presenti in fiera sia nell’ambito di una partecipazione collettiva sotto l’egida di Agenzia Ice e FederUnacoma, sia tramite le ditte iraniane importatrici, è stata teatro di importanti incontri d’affari con il mondo produttivo del Razavi Khorasan. Da segnalare, in particolare, i meeting con i delegati della Camera di Commercio delle Industrie, delle Miniere e dell’Agricoltura del Razavi Khorasan, e con quelli dell’Associazione di categoria degli agricoltori, nel corso dei quali è stato fatto il punto sulle esigenze di meccanizzazione della regione. È così emerso che nel Razavi Khorasan la domanda di trattrici tende a concentrarsi sulla fascia di potenza da 150-200 cavalli (da segnalare al riguardo che in Iran non vengono prodotte trattrici con potenze dai 200 ai 300 cavalli), mentre la richiesta di attrezzature tende a privilegiare le macchine per la lavorazione del terreno, le tecnologie per la semina e la concimazione, le applicazioni per la raccolta. A tale proposito, il vice presidente della Commissione Agricoltura della Camera di Commercio, Ali Shariati Moghaddam, ha sottolineato la necessità di meccanizzare la raccolta dello zafferano (si svolge a ottobre e novembre nelle prime ore del mattino) con un mezzo in grado di staccare i pistilli dal fiore e quindi di sostituirsi alla manodopera umana. L’associazione degli agricoltori ha invece mostrato interesse per la progettazione di una macchina capace di raccogliere il frutto del pistacchio senza farlo cadere a terra. Grazie a tali incontri  le imprese italiane del comparto hanno dunque potuto prendere contatto con la realtà di un Paese che potrebbe offrire interessanti opportunità di penetrazione commerciale qualora un accordo sullo sfruttamento pacifico dell’energia nucleare spianasse la strada alla revoca delle sanzioni.

 

Per il made in italy lo stop all’embargo vale 8 miliardi

All’indomani del via libera a una intesa di massima (da ratificare a giugno) tra Iran, Usa e UE, la vicepresidente di Confindustria con delega all’internazionalizzazione, Licia Mattioli,  ha stimato che la normalizzazione dei rapporti con l’Iran potrebbe generare per il nostro export un flusso finanziario di ben 8 miliardi di euro, mentre la Sace (società specializzata tra l’altro nella valutazione e gestione dei rischi connessi all’operatività sui mercati esteri) ha quantificato in 15 miliardi di euro le perdite subite dalle esportazioni italiane a causa dell’embargo. «Il settore più colpito – si legge in uno studio Sace citato nel rapporto “Macchinari Agricoli in Iran” stilato dall’Agenzia Ice per FederUnacoma – è stato la meccanica strumentale che rappresenta oltre la metà dell’export italiano verso l’Iran e che ha subito perdite per oltre 11 miliardi dall’inizio delle sanzioni».  Il segmento dell’agro-meccanica non è tra quelli sotto embargo, tuttavia, come spiega l’Agenzia Ice, il contingentamento delle esportazioni iraniane di idrocarburi (pari a più del’80% del totale dell’export di Teheran), l’esclusione del Paese dal circuito bancario internazionale e le pesanti restrizioni nella fornitura di alcune tecnologie hanno finito per limitare la possibilità di accedere a macchine e attrezzature di ultima generazione e, con essa, di migliorare la produttività del primario.

 

Un contesto difficile per un’agricoltura da primato

Ciononostante, esso svolge un ruolo chiave per l’economia iraniana – l’agricoltura “vale” il 12% del PIL, il 23% degli occupati e il 15% dei ricavi in valuta estera – tanto più che su diversi prodotti il Paese può vantare posizioni di primato a livello globale. L’Iran infatti è il principale produttore mondiale di pistacchi, di zafferano, di crespino e di melograno; il secondo di datteri; il terzo di ciliegie e di uva passa; il settimo di uva e arance, l’ottavo di frutta. Di assoluto rilievo anche la coltivazione del grano (Teheran è il 12° produttore  mondiale) e delle erbe medicinali, con oltre duemila varietà, cento delle quali in uso alle industrie farmaceutiche. Il settore primario iraniano dunque ha numeri da “primo della classe” malgrado un contesto geografico-ambientale poco propizio, dal momento che metà della superficie del Paese è occupata da deserti o da terreni stepposi e che, a fronte di apporti pluviometrici molto ridotti (di poco superiori ai 250 mm medi l’anno) uniti a un elevato potenziale di evaporazione  (tra i 1500 e i 2000 mm), presenta gravi problemi di approvvigionamento idrico. Le attività agricole pertanto tendono a concentrarsi nelle aree meno inclementi, quali la regione del Caspio, le vallate del Nord-Ovest e i margini montuosi dell’altopiano centrale dove prevale l’aridocoltura. «Dei 165 milioni di ettari che compongono l’area del Paese – si legge sempre nel rapporto Ice – circa 37 milioni sono coltivati [...]. Circa un terzo della superficie totale dell’Iran è potenzialmente adatta per terreni agricoli, ma a causa dell’aridità del suolo e della mancanza di distribuzione di acqua, la maggior parte di esso non è coltivato».

 

Macchine agricole: marchi italiani in stand by

Le difficoltà ambientali non sono l’unico fattore critico che l’agricoltura iraniana, caratterizzata da aziende inferiori ai 10 ettari, si trova ad affrontare. D’altro canto, sebbene le sanzioni non abbiano colpito il primario in modo diretto, lo hanno comunque penalizzato, precludendo l’accesso non soltanto a determinate tecnologie e prodotti chimici, ma – soprattutto – agli strumenti finanziari. Non è dunque un caso se, come si spiega nel già citato rapporto Ice, la maggior parte delle imprese agricole opera al di sotto della piena capacità e con un basso livello di produttività. La questione della meccanizzazione delle campagne e del rinnovamento dei macchinari agricoli (oggi la principale discriminante d’acquisto è il rapporto qualità/prezzo) sembra pertanto destinata a porsi in un futuro non troppo distante. D’altro canto, se si considera la sua composizione strutturale, il parco macchine dell’Iran appare fortemente focalizzato sulle trattrici (16,6% del totale), sugli aratri azionati da motrici (14,1%) e sui rimorchi (10,3%), mentre all’estremo opposto si collocano le applicazioni per la fienagione con raccoglimballatrici, falciatrici e ranghinatori (appena l’1,73% del totale). Entrando nel dettaglio, il mercato delle trattrici si caratterizza per una decisa configurazione oligopolistica, con un marchio in posizione di netto predominio, seguito da pochi altri in grado di competere tra loro. Secondo i dati  del Ministero dell’Agricoltura iraniano citati dall’Ice, nel 2013 il parco macchine dei trattori era infatti composto da poco meno di 390 mila unità, il 51% delle quali (oltre 200mila mezzi) firmato Massey Ferguson e un altro 35% dalla romena Tractorul Brasov. Posizione decisamente più defilata per ditte quali John Deere (3,4%) e Goldoni (4,1%). Tale configurazione oligopolistica è ancora più marcata nel settore delle mietitrebbie per cereali, per il quale sarebbe forse più corretto parlare di quasi monopolio vita l’indiscussa supremazia della John Deere (75% del mercato con 10.911 mietitrebbie su un totale di 14.608). Claas, New Holland, Massey Ferguson e Belarus si dividono invece una quota di mercato di poco inferiore al 12%, mentre il restante 13% è rappresentato da altri marchi. In un contesto così polarizzato, il “made in Italy” ha svolto almeno fino al 2013 un ruolo marginale (quota del 4,6% per le trattrici, del 3% per le mietitrebbie). Una conferma in tal senso arriva dall’andamento delle nostre esportazioni di trattrici in Iran tra il 2011 e il 2013, che, con un valore complessivo di soli 2,3 milioni di euro (appena 780 mila euro l’anno), ha evidenziato rapporti commerciali improntati ad una certa freddezza. Soprattutto nel 2013 quando il nostro export ha superato a stento i 470 mila euro. Le statistiche relative ai primi nove mesi del 2014 (sempre per il segmento trattrici) lasciano invece intravedere una decisa inversione di tendenza con un valore quadruplicato rispetto all’anno precedente. Difficile dire se tale ripresa possa essere l’inizio di un nuovo corso oppure se sia un fenomeno episodico per un comparto nel quale, fino a quando non sarà sciolto il nodo delle sanzioni, continuerà a insistere un clima di cautela e incertezza.

Iran: un embargo durato trent'anni

I primi a imporre limitazioni, sia pure unilaterali, ai rapporti commerciali con l'Iran furono gli Stati Uniti all'indomani dellarivoluzione islamica, nel 1979. Ampliate dagli Usa nel 1995 fino a prevedere il divieto per le imprese di trattare con ilGoverno iraniano, le sanzioni acquistano carattere multilaterale nel 2006 con la Risoluzione 1966 del consiglio di Sicurezzadell’ONU, motivata con il rifiuto dell'Iran di sospendere il suo programma di arricchimento dell’uranio. Tra il 2008e il 2012 l'embargo è diventato ancora più pesante con il divieto dell'UE al trasferimento di fondi tra banche dell'Unionee istituti di credito e finanziari iraniani, e con la decisione degli Usa di estendere le restrizioni commerciali al settoreautomobilistico, a quello navale e alle banche che eseguono transazioni in Rial iraniani. Oil & gas, finanza e tecnologiai principali comparti colpiti dall'embargo.Fonte: "I macchinari agricoli in Iran" - Ufficio Ice di Teheran

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