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Bioeconomia

Indagine BRANCHES: indipendenza energetica legata alle bioenergie

Anche se i costi dell’energia sono tornati vicino ai livelli pre-crisi, lo shock economico è stato molto pesante e ha evidenziato il ruolo della bioeconomia nel sostenere l'indipendenza energetica, le risorse locali e le comunità rispetto a queste emergenze. Lo conferma un’indagine condotta nell’ambito del progetto BRANCHES

di Matteo Monni e Raffaele Spinelli
maggio - giugno 2023 | Back

E' passato circa un anno da quando, nell'estate del 2022, i postumi della pandemia e l'escalation del conflitto ucraino hanno gettato l’Europa in una grave crisi energetica. Nel giro di pochi mesi, i prezzi del gas e dei carburanti sono saliti a livelli senza precedenti, mettendo in pericolo molte imprese e causando un grave e diffuso disagio sociale. Il prezzo di scambio del gas naturale è salito a oltre 130 €/MWh da un livello originario di 40 €/MWh, che era rimasto il valore stabile di riferimento per oltre un decennio. Il gasolio è stato venduto alla pompa a 2,2 €/litro, rispetto al precedente prezzo di 1,5 €/litro. Le industrie più energivore sono state le più colpite e molte hanno dovuto sospendere l'attività. A un certo punto, diversi governi europei hanno dovuto considerare la possibilità di sospendere le loro innovative politiche green e hanno ricominciato a guardare al carbone o all'energia nucleare. Nel frattempo, il cambiamento climatico non ha certo smesso di affliggere il pianeta, soprattutto nei Paesi più poveri.

Anche se ormai i prezzi sono lentamente tornati vicino ai livelli pre-crisi, lo shock subito dall'economia europea è stato molto pesante. Quest'ultima crisi ha evidenziato, per l’ennesima volta, il ruolo della bioeconomia nel sostenere l'indipendenza energetica, le risorse locali e nel rendere più resistenti le comunità rispetto ad eventi simili che dovessero ripetersi in futuro. Questo è stato anche il momento in cui i vantaggi finanziari e strategici della bioenergia hanno mostrato tutto il loro valore. Alla fine del 2022, nell’ambito del progetto Horizon 2020 denominato BRANCHES (Boosting RurAl bioeconomy Networks following multi-actor approaCHES), 4 dei 12 partners coinvolti – LUKE Istituto per le Risorse Naturali (Finlandia), CNR Istituto per la Bioeconomia e Itabia – Italian Biomass Association (Italia) e l'Università di Warmia e Mazury (Polonia) – hanno condotto una prima indagine (ne seguiranno altre) su 18 aziende operanti nel campo della bioenergia (vedi link: https://www.branchesproject.eu/blog/bioenergy-in-a-time-of-crisis). Le imprese sono state selezionate tra quelle presentate sulla pagina web del progetto per le loro pratiche esemplari nei settori di produzione di energia da legno, paglia e biogas, oltre da altre filiere non propriamente energetiche. L’indagine è frutto di interviste che trattano casi specifici, quindi bisogna essere cauti nel cercare di generalizzarne i risultati, che – ad ogni modo – hanno evidenziato alcuni aspetti interessanti. Tutti gli intervistati hanno dichiarato che le loro aziende stanno attivando piani di espansione produttiva, nell’ottica di reinvestire i profitti per un futuro in cui la bioenergia si candida ad essere un business sempre più promettente. Molti imprenditori italiani hanno deciso di installare un nuovo impianto di pellettizzazione o di potenziare quello già esistente. Gli imprenditori polacchi hanno dichiarato di voler raddoppiare la propria capacità di produzione di energia. In Finlandia, la produzione di macchine per la raccolta di legno-energia è aumentata, così come l'uso di legno locale per edifici ecologici.

 

Biocombustibili e territorio

Gli utilizzatori di vettori bioenergetici locali (legno, biogas, ecc.) hanno subito un aumento dei costi energetici molto più contenuto rispetto agli utilizzatori di energia convenzionale (petrolio o gas naturale). In Polonia, gli utenti collegati a una rete di riscaldamento a biomassa hanno potuto riscaldarsi a meno della metà del costo sostenuto da chi utilizzava sistemi di riscaldamento convenzionali. In Italia, il pellet prodotto localmente è stato venduto al 40% in meno rispetto a quello importato. Quest'ultimo aveva un prezzo di 12 euro per sacco da 15 kg, che era tre volte superiore al prezzo di mercato pre-crisi. Di fatto, i sacchi di pellet sono quasi scomparsi dagli scaffali dei distributori italiani e le forniture hanno dovuto essere razionate, tranne nei casi in cui era stata avviata una produzione locale. Gli impianti di bioenergia hanno dovuto aumentare la quota di materiale di provenienza locale, a causa dell'improvviso blocco delle importazioni di legname dalle regioni interessate dal conflitto. Ciò ha avuto un impatto forte e positivo sull'economia locale, che fino a poco tempo fa era strozzata dai prezzi globali. I prezzi del legno per uso energetico sono aumentati almeno del 20%, fornendo una motivazione sufficiente ai proprietari forestali e agli imprenditori del settore per superare gli ostacoli che in precedenza avevano limitato il corretto sfruttamento delle foreste, bloccando l'accesso a una risorsa locale altrimenti abbondante. In linea di massima, norme e controlli rigorosi, professionalità degli operatori e un sistema di proprietà fondiaria basato sulla gestione sostenibile hanno impedito abusi, come lo sfruttamento eccessivo o addirittura il saccheggio indiscriminato delle risorse naturali. L'emergenza non ha comportato la sospensione delle buone pratiche tradizionali, ma ha piuttosto offerto le condizioni finanziarie che ne hanno consentito una corretta applicazione (ad esempio, primi diradamenti, cure colturali, tagli sanitari).

 

Bioenergia e autonomia energetica

Nonostante un aumento dei costi di gestione che va dal 20% a oltre il 100%, i produttori di bioenergia hanno aumentato la sostenibilità finanziaria delle loro operazioni, in virtù del fatto che la crescita delle vendite di energia ha ben compensato l'aumento dei costi sostenuti dalle loro aziende. Ciò è avvenuto soprattutto per la fornitura di calore, che non era vincolata a tariffe di vendita fisse come nel caso dell’energia elettrica messa in rete. Gli impianti di cogenerazione italiani, ad esempio, hanno visto quadruplicare il costo dei consumi necessari alla produzione di energia (elettricità e calore), ma non sono riusciti ad aumentare quelli relativi alla quota parte di energia elettrica immessa in rete nonostante il notevole aumento del suo valore di mercato. Di contro l’uso intelligente del calore residuo delle centrali termoelettriche a biomasse in assetto cogenerativo ha invece consentito di aumentare i ricavi ottenuti dalla vendita del chilowattora termico fino a triplicarli. Anche gli impianti di biogas polacchi hanno visto raddoppiare i loro ricavi.

L'autoproduzione di energia da FER ha permesso di mitigare sensibilmente l'aumento dei costi di acquisto dell'energia elettrica dal 25% al 100%, a seconda del livello di indipendenza raggiunto. A questo proposito, l'investimento in un impianto fotovoltaico supplementare ha spesso consentito di ridurre i costi del consumo interno di energia elettrica, soprattutto nei casi in cui l'energia non era generata da biomassa o – se lo era – veniva interamente venduta in rete ad una tariffa fissa.

Il principale fattore di successo è il controllo dell'approvvigionamento di biocombustibile, ottenuto da abbondanti risorse disponibili a livello locale, come foreste, residui di colture agricole o effluenti zootecnici. A questo proposito, il forte aumento del prezzo (+300%) del pellet d’importazione è illuminante, poiché una volta che una fonte di importazione dominante viene interrotta (anche per il suo sensibile rincaro), è molto difficile trovare un sostituto. Infatti, a causa della loro minore densità energetica e della disponibilità decentralizzata, i combustibili a base di legno sono molto più difficili da reperire e trasportare rispetto ai combustibili fossili. Pertanto, le filiere bioenergetiche a base di legno dovrebbero rimanere locali: se sono alimentate dalle importazioni, diventano vulnerabili come le filiere dei combustibili fossili, e forse anche di più.

 

Meccanizzazione

L’innovazione tecnologica nel settore della meccanizzazione è in tutti i Paesi coinvolti nell’indagine un elemento centrale per rendere economicamente vantaggiosa la catena di approvvigionamento della biomassa da impiegare nei diversi cicli produttivi. In quest’ottica, per esempio, in Finlandia le vendite di una specifica macchina forestale per la raccolta del legno da energia sono aumentate del 20%, mentre in Italia le aziende forestali locali hanno assunto personale specializzato aggiuntivo, aumentando il loro organico di oltre il 25% e contribuendo in modo significativo all’occupazione in aree montane economicamente svantaggiate.

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