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Mercato italiano delle macchine agricole: le ragioni della crisi

Il mercato delle macchine agricole ha subito in Italia, negli ultimi cinque anni, un calo di circa il 30%, che risulta ancora più preoccupante se confrontato con l'andamento delle vendite in Paesi come Germania e Francia che registrano invece incrementi. Un'indagine realizzata da Nomisma su incarico di FederUnacoma, condotta sui dati storici e sulla base delle interviste ad un campione di 800 imprese agricole, mette a fuoco le ragioni profonde di questo trend. Incertezza sul futuro dell'impresa agricola, maggior ricorso al contoterzismo e alla rigenerazione di mezzi già in dotazione presso le aziende sono fra gli elementi che frenano l'acquisto di macchine nuove

di Denis Pantini - Nomisma
ottobre/novembre 2013 | Back

Non è certo una novità il fatto che il mercato italiano delle macchine agricole sia in sofferenza ormai da diversi anni. Pur rappresentando il terzo mercato più importante in Europa per vendita di trattrici, le dinamiche però che lo contraddistinguono sono in controtendenza rispetto a quelle che interessano Germania e Francia, i due paesi dove si immatricolano più macchine agricole dell'Unione Europea.

Mentre in Italia il calo sta assumendo in maniera preoccupante caratteri quasi strutturali - evidenziando una contrazione delle immatricolazioni vicino al 30% negli ultimi cinque anni - in Germania e Francia, dopo la comune diminuzione intervenuta nel 2010, si è invece manifestata una ripresa.

Ricondurre questo crollo a fattori puramente economici derivanti dalla crisi in atto è sicuramente semplicistico, oltre che fuorviante. Per tale motivo, Nomisma ha realizzato, su incarico di FederUnacoma, la Federazione dei costruttori di macchine agricole, uno studio volto ad approfondire i motivi alla base di questa riduzione di mercato.

La ricerca si è sviluppata su due fronti: da un lato un'analisi "desk" sui dati censuari delle imprese agricole per comprendere i cambiamenti occorsi negli ultimi 10 anni nella struttura produttiva e nel ricorso al contoterzismo; dall'altro, un'analisi "field", riguardante un'indagine diretta svolta su un campione di circa 800 imprese agricole per capire i motivi alla base del calo delle immatricolazioni e, nello stesso tempo, recepire le intenzioni di acquisto future. I risultati emersi dallo studio raffigurano innanzitutto un quadro di forte evoluzione nella struttura produttiva agricola italiana, dove a fronte di un calo significativo delle aziende di minor dimensione, si è affiancato un incremento del ricorso al contoterzismo che non ha interessato solamente le imprese più piccole, ma ha riguardato anche quelle di maggior caratura.

In generale, oltre un terzo delle aziende agricole italiane ricorre oggi al contoterzismo, per un numero medio annuo di giornate pari a 7,5, contro le 3,8 di dieci anni fa. Scomponendo tale impegno per classe di fatturato delle imprese (misurato come Standard Output), si evince come le maggiori variazioni interessano proprio le aziende più grandi, con fatturato annuo superiore ai 100.000 euro.

Per queste ultime, il ricorso al contoterzismo ha riguardato 19,5 giornate medie per azienda contro le 11,3 del 2000, sottendendo un incremento del 73%, contro variazioni che per le imprese più piccole (fino a 25.000 euro di fatturato annuo) si sono fermate ad un +67%. In altre parole, da questi pochi ma esaurienti dati si evince una tendenza degli imprenditori agricoli a fare largo uso del contoterzismo; una pratica che, a differenza del passato, non riguarda più solo le piccole aziende (per le quali acquistare una macchina agricola non risultava conveniente rispetto alle dimensioni poderali o alle effettive necessità di impiego di lavoro), ma interessa una fetta sempre più crescente di imprese medio-grandi.

Sebbene questi numeri forniscano una prima plausibile ma non esaustiva risposta alla contrazione delle vendite di macchine agricole in Italia, diventa altresì opportuno indagare più in profondità la propensione delle imprese nei confronti dell'acquisto, sia in relazione agli ultimi cinque anni (nel pieno cioè della crisi economica), sia in prospettiva futura (prossimi tre anni). A tal fine, Nomisma ha realizzato un'indagine su un campione "ragionato" di quasi 800 aziende agricole, diffuse in maniera rappresentativa sul territorio nazionale. Un primo responso che conferma le tendenze in atto sul mercato deriva dal numero di imprese che ha dichiarato di aver acquistato macchine agricole negli ultimi cinque anni: solamente il 28%.

In merito alle fonti di finanziamento, il 56% dei nuovi acquirenti ha utilizzato risorse proprie, un altro 17% si è rivolto alle banche mentre un 16% ha utilizzato il supporto pubblico dei Piani Regionali di Sviluppo Rurale. Le imprese che invece non hanno acquistato macchine agricole (il rimanente 72% delle aziende intervistate), hanno dichiarato di aver ovviato a questa minor propensione principalmente aumentando la vita delle macchine tramite riparazioni (65,5%), impiegandole in maniera più efficiente (50,2%), e facendo ricorso al contoterzismo (49,9%).

Un approccio questo che risponde in pieno alle difficoltà che alcuni comparti del settore agricolo nazionale hanno dovuto affrontare in tempi recenti. Infatti, alla domanda su quali siano le ragioni che hanno spinto l'azienda a ridurre la spesa in macchine agricole, molte (28%) hanno risposto di non aver avuto le risorse economiche sufficienti per realizzare l'investimento.
Risparmio sì, ma a quale prezzo? Un effetto di questi comportamenti parsimoniosi risiede nell'obsolescenza – e quindi nella minor efficienza e sicurezza – del parco macchine dell'agricoltura italiana. Sebbene di difficile valutazione, un'indicazione deriva proprio dall'indagine, la quale ha evidenziato come solo il 23% delle macchine possedute dalle aziende intervistate abbia un'età inferiore ai dieci anni.

Purtroppo anche le previsioni future non lasciano ben sperare rispetto ad una possibile uscita da questo stato di crisi. Per i prossimi tre anni, solamente il 13% delle imprese ha manifestato l'intenzione di acquistare nuove macchine agricole. La maggior parte di queste ha inoltre affermato di volerlo fare attraverso il sostegno dei nuovi Piani di Sviluppo Rurale che, tra le altre cose, vedranno per la prossima tornata 2014-2020 una maggiore dotazione di risorse rispetto all'attuale periodo di programmazione (+1,4%, per un totale complessivo nei sette anni di 10,4 miliardi di euro).

E questo rappresenta forse uno dei principali segnali positivi su cui puntare per una ripresa del mercato italiano delle macchine agricole. Infatti, mentre la dotazione italiana per il II° pilastro può contare su un aumento, dall'altro lato i produttori agricoli dovranno fare i conti con una completa "rivoluzione" nell'erogazione dei pagamenti diretti che si accompagnerà contestualmente ad una riduzione del montante nazionale. In altre parole, in virtù di una "convergenza" degli aiuti ad ettaro da raggiungere entro il 2019, molti agricoltori dovranno rivedere il bilancio con un pagamento diretto fortemente ridimensionato (in molte filiere si dimezzerà, come nel caso del riso, dell'olivo, del pomodoro da industria o delle carni bovine). Un cambiamento che rischia quindi di peggiorare ulteriormente la propensione all'acquisto di macchine agricole degli agricoltori italiani.

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