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Spazio per l'agricoltura nell'economia del Golfo

I Paesi dell’area, ed in particolare gli Emirati Arabi, attraversano una fase delicata a causa dei conflitti in Medioriente e degli effetti dell’epidemia Covid 19. Questo non ferma la cosidetta Energy Transiction, vale a dire il processo di trasformazione dell’economia, attualmente basata sui prodotti petroliferi, verso nuovi settori. Interessanti le prospettive per le filiere agricole ed agroalimentari

di Ermenegildo Sgroj
marzo 2020 | Back

Due recenti eventi a cui abbiamo partecipato ci consentono di fornire un quadro più aggiornato sui mercati del Golfo, pur in presenza evidentemente di una variabile – il COVID 19 – sulla quale mentre scriviamo ancora non è possibile valutarne gli effetti.

Ci riferiamo a Mena Energy 2020 organizzato da Chatham House a Londra e a GTR MENA 2020 tradizionale appuntamento di Trade Finance organizzato da Global Trade Review a Dubai.

Il tema dominante durante le due Conferenze è stato quello della cosiddetta Energy Transition (ET), inteso come fenomeno globale con forti conseguenze sia sui Paesi del Golfo che più in generale sulla Regione MENA (Middle East & North Africa). A questo nuovo trend si accompagna la conseguente necessità per i Paesi del Golfo di finalizzare il processo di diversificazione delle economie locali, fin qui spesso evocato ma non ancora realmente attuato.

E senz’altro la diversificazione economica nei Paesi della regione rappresenta per le nostre imprese una opportunità molto importante, considerata l’assenza di tradizioni manifatturiere in diversi di questi mercati .

Tornando al motore di questi cambiamenti – la Energy Transition – essa si intende come il processo ormai avviato a livello globale di politiche in favore di energie pulite e rinnovabili, con la conseguente caduta della domanda di petrolio.

In realtà i Paesi del Golfo, e più in generale la Regione MENA risentono ora soprattutto di tensioni geopolitiche: il rapporto con Israele, le tensioni IRAN - Arabia Saudita, il ruolo di bridge fra Asia ed Africa dell’area, l’aumentata presenza della Russia in Medio oriente. E tuttavia il tema energetico resta assolutamente strategico se non altro perché continua a contribuire in modo sostanziale alla formazione della ricchezza nazionale in questi Paesi.

La ET riguarda anche la Cina impegnata su questo tema in una sfida globale con gli USA. Si porta ad esempio quello del trasporto elettrico che alcune grandi città cinesi hanno fortemente promosso (Shenzhen) e la nascita di un global player cinese – BYD – produttore di mezzi elettrici. Per i Paesi del Golfo questa politica del grande paese asiatico viene guardata con attenzione, e con qualche timore riferito al possibile calo della domanda cinese di petrolio.

La transizione energetica ha visto nei decenni scorsi, pensiamo al passaggio al nucleare, un ruolo fondamentale svolto dalle politiche governative, che ne hanno spesso determinato la velocità. L’esempio del passaggio al nucleare della Francia è forse quello più evidente. Ora la ET ha ragioni diverse ed è principalmente collegata al cambiamento climatico ed alla domanda di utilizzare energia green. A queste motivazioni si aggiunge l’innovazione tecnologica e la connessione sempre più stretta fra le varie economie che determina una maggiore velocità dei processi di trasformazione. Come ha ricordato uno dei relatori al Mena Energy 2020 il concetto di cambiamento “disruptive” nel campo dell’energia è sempre più collegato non solo all’aspetto tecnologico ma anche alla capacità di applicare l’innovazione in tempi brevissimi, in modo da essere vincenti nella sfida globale.

Nel Golfo la reazione a questo nuovo corso delle politiche energetiche è stata forse meno puntuale in quanto l’area continua a godere di costi di estrazione del petrolio estremamente bassi, in conseguenza il RENTS – differenza tra valore della produzione di petrolio e costi di produzione – rimane molto elevato, e certamente più remunerativo del passaggio al renewable.

È ora questa la prospettiva che sono chiamati a modificare i Paesi produttori di petrolio del Golfo. E la grande sfida è proprio quella della diversificazione del tessuto economico.

Una quota di questo processo riguarda certamente lo stesso settore energia. Ad esempio la necessità di creare una filiera “oil” completamente integrata: dalla estrazione alla offerta dei prodotti finali. Oppure, nel campo del gas che rappresenta allo stato la componente più clean del settore, i Paesi del Golfo dovrebbero rafforzare le infrastrutture e le tecnolgoie legate alla gestione, allo stockaggio ed al trasporto del Liquified Natural Gas (LNG).

Ma la diversificazione su cui vogliamo concentrare la nostra attenzione in questo contributo è quella relativa agli altri settori dell’economia. Fino ad ora, nonostante i proclami, tale diversificazione non ha avuto successo e comunque non è stata in grado di incidere in modo significativo.

Gli esperti puntano il dito principalmente sull’assenza di una solida imprenditoria privata. Si osserva come la politica dei sussidi, la mancanza di fondamentali riforme a supporto della libertà d’impresa, forme eccessive di protezione dalla concorrenza internazionale, siano stati ostacoli strutturali alla formazione di una imprenditoria privata in grado di sviluppare nuovi settori di attività; e anche una adeguata classe di manager.

Questo a differenza invece di altri Paesi – Nord Africa ad esempio – dove una classe imprenditoriale di PMI si è sviluppata: imprese tessili ed agro industriali in Egitto, Tunisia e Marocco, esempi nel settore della meccanica in Algeria, distretti calzaturieri e della ceramica sempre in alcuni dei Paesi appena citati.

Ultima considerazione riguarda le risorse finanziarie messe in campo per contribuire alla diversificazione dell’economia ed alle politiche green. Da questo punto di vista se guardiamo al ruolo fino ad ora avuto dai Fondi Sovrani (e privati) nell’area del Golfo questi avrebbero destinato, secondo i più recenti dati disponibili, solo l’1% ad asset in qualche modo riferibili alla energia green.

Invece, secondo quanto ci ha riferito il rappresentante di una importante multinazionale del settore, diversificazione e passaggio al renewable sono aspetti strettamente collegati. Ad esempio negli Emirati Arabi, dove la domanda di energia green è in crescita sia da parte dei privati che dei settori non tradizionali. Ne è una riprova l’incremento degli acquisti di piccoli impianti per la produzione di energia (2/5 megawatt) proveniente da scarti alimentari e rifiuti selezionati, impianti richiesti soprattutto dalle utilities locali. Una domanda analoga proviene dai privati per impianti più piccoli destinati all’autoconsumo.

Molti concordano sul fatto che ora – di fronte alle sfide imposte dalla ET – i fondi disponibili per sostenere una effettiva diversificazione delle economie del Golfo aumenteranno in modo significativo. In questo scenario in cui si aprono opportunità significative per le nostre imprese proviamo ad individuare alcuni dei settori che potrebbero essere più promettenti.

Turismo, food and beverage, agroindustria e logistica sono le aree che riteniamo siano da tenere sotto osservazione.

Sempre al netto degli effetti che avrà COVID 19 sul sistema economico globale (ma già mentre chiudiamo questo articolo sentiamo di fabbriche cinesi che hanno riavviato le produzione o l’hanno riconverita verso prodotti necessari a combattere la pandemia) l’attenzione nell’area del Golfo verso un consolidamento dei settori appena citati è piuttosto evidente.

Nel turismo il protagonista emergente è l’Arabia Saudita che sembra determinata a conquistare un ruolo importante (oltre quello legato ai pellegrinaggi che ne fanno la prima destinazione del Medio Oriente). A fine settembre 2019 è stata annunciata una estensione dei visti turistici, con ulteriori provvedimenti ad inizio gennaio, che hanno semplificato l’accesso ai cittadini provenienti da circa 50 Paesi. Fra i Paesi che potranno mandare i loro cittadini in Arabia Saudita vi è ora anche Israele.

Qundi accanto alle più classiche destinazioni di Dubai ed Oman, il Regno Saudita si propone come destinazione turistica del prossimo decennio nella regione.

Strettamente collegato al turismo ed ai viaggi d’affari vi è il settore food & beverage, che in queste geografie si nutre di una sua forte propensione alle cucine internazionali ed anche qui c’é molto spazio per i nostri imprenditori.

Lo scorso febbraio si è tenuta a Dubai la 25° edizione di Gulfood 2020, a cui hanno preso parte oltre 4.100 espositori di cui 192 italiani. La manifestazione ha messo al centro alcuni temi importanti, in grado di orientare le scelte del mercato locale. Il tema di Gulfood 2020 è stato non a caso “Rethinking Food”. E i settori su cui è stata posta l’attenzione sono quelli lattiero caseario, delle carni in particolare pollame, grano e suoi prodotti, ortofrutta.

In questo contesto sono state affrontate tematiche innovative. Citiamo alcuni esempi. ll latte d’importazione digitally certified, con tracciatura in tempo reale per una completa trasparenza sul prodotto per il consumatore; oppure le innovazioni più avanzate nel campo della coltivazione in serra, finalizata ad aumentare le produzioni locali.

Ma accanto all’innovazione Gulfood con la sua sezione Halal World Food ha riproposto gli Emirati come una piattaforma per il lancio a livello globale della cucina Halal. È bene avere presente però che il tema del food in questa regione non è solo legato al turismo ed alla domanda delle componenti più agiate della società, va anche visto in termini di food security, quindi della capacità di soddisfare il mercato interno anche con quote importanti di prodotto locale. L’argomento è sul tappeto almeno dal 2008, ma di recente è diventato più stringente a causa delle tensioni politiche interregionali. Ad esempio il Qatar per effetto del blocco subito dal giugno 2017 da alcuni Paesi dell’Area ha varato importanti provvedimenti per il raggiungimento della food security.

Ricordiamo che anche Arabia Saudita ed EAU hanno organismi pubblici chiamati in modo specifico ad affrontare questa criticità.

Sotto il profilo dei processi e delle tecnologie richieste un prossimo importante appuntamento in agenda è Gulfood Manufacturing 2020 (prossimo novembre).

Infine il settore della logistica in cui – come ben ricordato durante GTR Mena 2020 – gli Emirati intendono mantenere un ruolo di leadership nella gestione dei flussi di merci e tecnologie per i mercati asiatici e dell’Africa. Lo sforzo che da anni in particolare Dubai ha fatto per raggiungere una posizione di leadership rimane confermato, ed ora si salda con le stesse attività di finanziamento degli scambi internazionali. In pratica la digitalizzazione dei documenti che regolano il commercio internazionale sta trovando una sponda non solo nelle istituzioni finanziarie ma anche fra le compagnie internazionali che spediscono giornalmente via mare containers in tutto il mondo. Alcune di queste si sono dotate di un servizio di Trade Finance che consente loro di offrire alle imprese supporti specifici alla transazione finanziaria, forti in particolare del controllo sul prodotto trasportato e della disponibilità della documentazione rappresentativa della merce (polizza di carico/bill of lading).

La diversificazione economica nei Paesi del Golfo, sospinta ora anche dalla Energy Transition, ed il rafforzamento della piattafroma logisitca in particolare negli EAU ci sembrano tendenze di lungo periodo che, superata l’attuale fase di crisi da pandemia COVID 19, meritano di essere valutate con attenzione dalle nostre imprese in quanto occasione per un ampliamento delle proprie attività in questi mercati.

 

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