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Tecnica

Piattaforme di lavoro elevabili: la soluzione per i lavori agricoli in quota

Soprattutto se collegate all’attacco a tre punti del trattore, le PLE rappresentano un prezioso ausilio per quelle lavorazioni agricole, come ad esempio le potature di alberi di alto fusto, che richiedono la presenza costante di uno o due operatori a notevoli altezze da terra. Il mercato offre oggi una grande varietà di piattaforme, che si adattano alle esigenze delle diverse colture e tipologie di aziende. L’uso di materiali innovativi, di sistemi di controllo elettronici e di tecniche di progettazione evolute, hanno reso questa tipologia di mezzi sempre più sicura

di Davide Facchinetti
giugno 2020 | Back

Le piattaforme di lavoro mobili elevabili (definite spesso con l’acronimo “PLE”), conosciute anche come “piattaforme aeree o elevabili”, “ponti sviluppabili” o più sommariamente definite “cestelli”, sono note già dai primissimi anni ‘50 del secolo scorso, quando furono introdotte trasformando delle gru allestite su automezzi militari, impiegati prevalentemente per la messa in opera e per la manutenzione delle linee elettriche.

In Italia, la prima piattaforma aerea montata su autocarro è del lontano 1959; circa dieci anni dopo apparve la prima piattaforma aerea semovente a braccio telescopico e traslabile, con comando dal cestello. Da allora, l’evoluzione tecnica ha portato ad un proficuo impiego delle PLE anche nell’ambito agricolo, rappresentando un valido aiuto nell’esecuzione di numerose lavorazioni, sia meramente agricole (potature, cimature, ecc.), sia maggiormente attinenti all’attività edile (manutenzione facciate, balconi, grondaie, ecc. degli edifici).

Si tratta di mezzi estremamente pratici e versatili, ma purtroppo tuttora causa di incidenti anche in agricoltura. è però importante rimarcare che si tratta, nella quasi totalità dei casi, di infortuni riconducibili all’uso di mezzi non a norma e/o al mancato rispetto delle più elementari condizioni di sicurezza.

 

La sicurezza

I principali incidenti delle PLE riguardano: ribaltamenti, spesso dovuti a errata collocazione su terreno non adatto; cadute dell’operatore dal cestello, per mancato utilizzo delle imbragature di sicurezza o per un errato fissaggio; intrappolamento dell’operatore tra la piattaforma e alberi, edifici ecc.; elettrocuzione, per accidentale contatto con linee elettriche aeree. Seppur possano apparire di semplice uso e manovra, in realtà le PLE richiedono precise conoscenze tecniche e l’adozione di alcuni accorgimenti, sia per l’incolumità dell’operatore che di eventuali terzi che si trovano ad operare a supporto o semplicemente transitano nei paraggi.

Le PLE sono progettate per eseguire un determinato numero di cicli di lavoro, predefiniti dal costruttore, indicato nel manuale di istruzioni. A tale proposito, spesso le PLE sono dotate di un contatore di cicli: al raggiungimento della soglia prevista, è necessario sottoporre l’attrezzatura alla revisione. Nel dettaglio, è considerato “ciclo di lavoro” una movimentazione che prevede la partenza dalla posizione di base, l’esecuzione statica della lavorazione e il ritorno alla situazione di partenza.

 

Le tipologie

Il mercato offre un numero considerevole di tipologie e modelli di PLE, caratterizzate dalla predisposizione specifica per diverse operazioni; in base alla tipologia di struttura estensibile, e quindi al meccanismo di elevazione, si distinguono in articolate, telescopiche o a pantografo. In più, in relazione alle modalità di spostamento si possono suddividere in autocarrate, rimorchiate (su carrello trainabile), semoventi (compresi i cestelli collegati ai sollevatori telescopici) e collegate all’attacco a tre punti di un trattore. Come facilmente prevedibile, le ultime due categorie sono quelle più adottate in ambito agricolo.

La grande varietà di PLE disponibili si differenzia anche e soprattutto in termini di altezza massima operativa, portata massima, numero di operatori ammessi sul cestello (e relativi materiali ed attrezzi), dimensioni del cestello e sbraccio utile (distanza orizzontale tra cestello e carro). È poi possibile un’ulteriore classificazione in base alla collocazione dei comandi di traslazione dell’attrezzatura: in base alle normative vigenti, si possono distinguere PLE con comandi posizionati al posto di guida del veicolo o con comandi a terra, nonché PLE semoventi con comandi direttamente sul cestello.

 

Elementi principali

La parte estensibile della PLE, gergalmente definita “braccio” e collegata ai supporti del telaio, consente lo spostamento verso la posizione di lavoro in quota. Può essere costituita da un braccio singolo, telescopico o articolato, ma anche da un meccanismo a forbice o da una combinazione tra tutti questi. Inoltre, può ruotare o meno rispetto alla base su cui è ancorata.

Le PLE sono azionate tramite una pompa idraulica, che alimenta alcuni cilindri per l’esecuzione delle varie movimentazioni, tra cui quella più importante è l’elevazione della piattaforma di lavoro che ospita l’operatore (o gli operatori per i modelli più grandi). Gli attuatori sono controllati tramite valvole attivate elettricamente mediante interruttori azionati in genere da un joystick. Alcuni tipi di PLE sono dotate di stabilizzatori, ovvero una struttura meccanica composta da bracci e piedi di appoggio con cilindri idraulici che hanno lo scopo di ampliare la superficie di appoggio, livellando il telaio se si deve operare su terreno in pendenza, e distribuire il carico in modo più uniforme.

 

L’evoluzione tecnica

La disponibilità di componentistica elettronica sempre più evoluta e affidabile, unita all’adozione di sofisticati software di progettazione 3D con modellizzazione a elementi finiti hanno permesso di sviluppare modelli sempre più sicuri e affidabili. I principali obiettivi di sviluppo sono la riduzione del peso operativo e/o l’incremento delle portate utili, ottenuti soprattutto con l’impiego di materiali altoresistenziali ed estremamente performanti. In alcuni casi, sono state usate anche particolari leghe di alluminio, non solo per la costruzione dei bracci, ma anche per i telai e i cilindri idraulici. Da sottolineare l’evoluzione della componentistica per l’autodiagnosi, che ha permesso un fattivo aumento della sicurezza generale e della precisione nelle manovre in particolare.


I DPI e i corsi obbligatori

Per garantire agli operatori un adeguato livello di sicurezza è fondamentale adottare gli idonei DPI anticaduta: oltre all’immancabile casco, ci sono l’imbragatura di sicurezza (con bretelle e cosciali), il dispositivo di ancoraggio, ossia un connettore (in genere a moschettone) e l’elemento di collegamento tra imbracatura e ancoraggio, ovvero il cordino di trattenuta.

Per poter operare sulle PLE è obbligatoriamente richiesta un’abilitazione specifica, il cosiddetto “patentino”, che viene rilasciato solo dopo aver frequentato e superato l’esame di uno specifico “Corso per addetti all’uso di piattaforme di lavoro mobili elevabili con e senza stabilizzatori”, i cui requisiti minimi sono stati definiti dall’art. 73 del D.Lgs. 81/08 e dal successivo Accordo Stato-Regioni del 22.02.2012, della durata di 8 ore per una singola abilitazione (PLE con o senza stabilizzatori), o di 10 ore per ottenerle entrambe. La validità del “patentino” è di 5 anni, dopo i quali sarà necessario il rinnovo, da ottenersi con la frequenza e il superamento del relativo esame di un corso della durata minima di 4 ore, di cui almeno 3 relative ad argomenti del modulo pratico.

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