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Tecnica

I sistemi per la mappatura delle produzioni

Uno dei fondamenti dell’agricoltura di precisione sono le mappe di produzione, costruite con i dati rilevati in fase di raccolta dei prodotti. Si tratta di un’opportunità preziosa per misurare compiutamente la variabilità di campo, così da arrivare ad una gestione ottimale dei fattori di produzione, adottando la cosiddetta distribuzione a “rateo variabile”

di Aldo Calcante
novembre 2021 | Back

La mappatura delle produzioni ha come obiettivo principale quello di fornire o di aumentare la conoscenza riguardo alla variabilità di campo, al fine di: verificare se esiste un potenziale produttivo differente in diverse sub-aree dell’appezzamento, e se ciò possa o meno comportare la proficua applicazione delle tecniche di lavorazione differenziata o di distribuzione a dose variabile (VRT); calcolare i prelievi di nutrienti connessi alla raccolta dei prodotti (ma anche dei sottoprodotti), al fine di ripristinare una situazione ottimale; valutare gli eventuali effetti dell’applicazione a rateo variabile nella distribuzione dei diversi fattori produttivi; eseguire una raccolta differenziata nel tempo e/o nello spazio, un’opzione utile ad esempio nella vendemmia, per gestire separatamente uve a diverso grado di maturazione. Per ciò che concerne i cereali (e quindi la raccolta effettuata tramite le mietitrebbiatrici), la mappatura delle produzioni è stata applicata già a partire dagli anni ‘80 del secolo scorso negli USA, per diffondersi successivamente nelle altre aree cerealicole del mondo. In Italia, le prime prove delle versioni commerciali di questi sistemi vennero svolte nella seconda metà degli anni ‘90. Si trattava di kit da montare in retrofit sulle mietitrebbiatrici già operanti in azienda, che comprendevano alcuni sensori, il ricevitore satellitare e la centralina computerizzata, da installare in cabina. Da qualche tempo questi sistemi sono disponibili come optional già per i modelli nuovi di fabbrica. 

Negli Stati Uniti si stima che attualmente circa il 60% degli agricoltori faccia un qualche uso di dati riconducibili alla mappatura delle produzioni. Nel nostro Paese si stimano invece in circa 1600 i sistemi operanti nelle aziende, in grado di mappare solo il 10% della superficie cerealicola italiana. Seppur in costante aumento, si tratta di numeri ancora ridotti, nonostante queste attrezzature siano ormai ampiamente abbordabili dal punto di vista dei costi (dell’ordine di poche migliaia di euro), che comunque rappresentano solamente l’1-2% del costo di investimento di una mietitrebbiatrice di media capacità lavorativa. Nei modelli di elevata produttività, questi sistemi sono in genere già preinstallati, e le reti di vendita tendono a offrirli come “optional gratuito” in sostituzione o ad integrazione dell’onnipresente “sconto” che nel nostro Paese è prassi comune nel settore delle macchine agricole.

Il funzionamento

Il sistema di mappatura delle produzioni installato sulle mietitrebbiatrici si basa essenzialmente sulla presenza di: sensori di misura della quantità (in massa o in volume) e dell’umidità del prodotto raccolto; ricevitore satellitare GNSS per la geolocalizzazione; sensore per la misura dei parametri qualitativi del prodotto raccolto.

I dati derivanti dal campionamento della quantità, dell’umidità e delle caratteristiche del prodotto raccolto sono acquisiti con elevata frequenza e vengono georeferenziati tramite il ricevitore satellitare, per poi essere riferiti alle parcelle in cui il campo viene suddiviso. Per ottenere una mappatura efficiente, il riferimento a singole aree rappresenta una condizione essenziale: è pertanto necessario conoscere sia la larghezza effettiva che la lunghezza dell’area di lavoro, che a sua volta dipende dalla velocità di avanzamento della macchina. Infatti, la larghezza reale di lavoro non coincide quasi mai con la larghezza massima della barra di taglio della mietitrebbiatrice, perché se gestita manualmente l’operatore mantiene sempre un franco di sicurezza. Analogamente, ciò avviene nelle chiusure del campo.

 

I sensori

Sulla testata di raccolta sono quindi installati dei sensori (solitamente ad ultrasuoni) che determinano con un’elevata frequenza di campionamento il grado di impegno della barra. Nel caso di testate per specie coltivate a file (ad esempio il mais), i sensori sono invece di tipo “on-off”, in grado di monitorare lo stato di lavoro di ogni singola fila.

Pertanto, la larghezza effettiva media misurata nell’intervallo di campionamento rappresenta uno dei lati della parcella, mentre la lunghezza è determinata tramite il prodotto della velocità effettiva di avanzamento per il tempo del campionamento. La velocità può essere misurata sempre mediante il ricevitore satellitare (se opportunamente corretto), oppure mediante dispositivi radar o ad ultrasuoni installati sulla macchina.

I sensori della quantità di prodotto raccolto misurano il flusso di granella trebbiata; possono funzionare ad impatto o in base al volume rilevato. I primi consistono in un piatto sagomato, connesso ad un estensimetro; l’insieme è collocato all’estremità superiore dell’elevatore che trasporta la granella pulita dal ventilatore alla tramoggia posta nella parte centrale della macchina. La granella lanciata dall’elevatore va a colpire il piatto, e l’estensimetro trasforma l’energia dell’impatto in un segnale elettrico correlato con l’entità del flusso di prodotto. I sensori volumetrici si basano invece sul conteggio, sempre in riferimento al tempo, del numero di determinate quantità costanti di granella movimentate dall’elevatore. I singoli volumi sono misurati tramite sensori ottici, che verificano il livello di riempimento delle palette dell’elevatore. A differenza dei sensori ad impatto, per calcolare correttamente l’entità del flusso di prodotto è necessaria la determinazione della densità delle cariossidi. I sensori per la misura dell’umidità consentono di caratterizzare la produzione parcellare in termini di sostanza secca. Di norma sono costituiti da condensatori a placche, in cui la granella funge da dielettrico. Poiché la costante dielettrica varia in funzione dell’umidità, la capacità del condensatore varia a seconda dell’umidità della granella, ottenendo così un dato piuttosto affidabile. Ad oggi, tali sensori lavorano in modo discontinuo, grazie a sistemi di riempimento/svuotamento a palette, che mantengono la granella tra le armature (le pareti) del condensatore per il tempo necessario ad effettuare la misura. Infine, per la misura della qualità del raccolto, si adotta normalmente un sensore NIRs, in grado di rilevare per via non distruttiva l’umidità e il tenore in proteine e grassi. Viene di solito installato o sull’elevatore (in modo da poter effettuare una misura in continuo), oppure all’interno di una camera di rilevazione posta sempre alla sommità dell’elevatore. In questo caso, analogamente al sensore di umidità tout court, la camera viene alternativamente riempita e svuotata, in modo da restituire una lettura discontinua.

Per ottenere mappature corrette (con una precisione, considerando l’intero sistema, compresa tra il 3,5 e il 5%) è necessario tarare periodicamente i sensori, in particolare quello di umidità.

 

Il ricevitore satellitare

Deve avere un’accuratezza elevata, decimetrica se non addirittura centimetrica. Tale requisito risulta essere già soddisfatto se la macchina è dotata della guida semiautomatica, ma in questo caso è di rigore la correzione differenziale RTK. è importante che l’antenna del ricevitore sia fissata lungo l’asse verticale mediano del mezzo: solitamente è collocata sul tetto della cabina di guida, con il vantaggio di non avere ostacoli alla ricezione del segnale emesso dai satelliti. Un’ulteriore problema di cui tenere conto è l’intervallo di tempo (il “ritardo”) che intercorre tra il taglio del prodotto e il suo processamento sino al sensore di flusso che, occorre ricordare, è posto sulla sommità dell’elevatore. Tale ritardo, solitamente d 10-20 secondi, viene gestito (e corretto) via software dai programmi di elaborazione dati che generano le mappe di produzione. Un altro aspetto da considerare è l’opportunità di mantenere costante la velocità di avanzamento; infatti, una sua variazione repentina può tradursi in sovrastime o sottostime della resa. Inoltre, le variazioni giornaliere dell’umidità della granella possono essere un’altra fonte di errore, soprattutto per ciò che concerne il riso. Ad inizio giornata le cariossidi possono essere bagnate esternamente, per cui il sensore misura valori significativamente diversi rispetto a quanto rilevato nelle ore più calde della giornata. Si tratta comunque di questioni gestibili o mediante il software del sistema e/o grazie a buone pratiche da parte dell’operatore.

La mappatura delle produzioni diventa quindi la base per costruire le mappe di prescrizione necessarie alla distribuzione a rateo variabile di fertilizzanti (o anche di altri input) in relazione alle reali esigenze della coltura e solo nelle zone di campo in cui si possa conseguire la massima efficacia tecnica ed economica. Non solo, la mappatura delle produzioni può costituire un valido supporto per una tracciabilità sicura e oggettiva del prodotto: tramite il ricevitore satellitare vengono certificate data, ora e posizione esatte di raccolta, documentando un’accurata caratterizzazione del prodotto grazie ai dati provenienti dai sensori di resa, umidità e qualità della granella.

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