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Tecnica

Il ripuntatore non passa di moda

Per assicurare una circolazione ottimale di aria e acqua, la preparazione del terreno (sia di tipo tradizionale che in regime di minima lavorazione) si avvale tuttora di una discissura profonda periodica, effettuata con il ripuntatore

di Domenico Pessina
marzo - aprile 2017 | Back

Il terreno agrario è un insieme di elementi inorganici e organici, che formano una struttura complessa estremamente variabile nel tempo e nello spazio. Pertanto, non esiste una soluzione universale per ciò che concerne la preparazione del cosiddetto “letto di semina”. La lavorazione a due strati è una tecnica venuta in auge circa 30 anni fa, agli inizi di quella “rivoluzione” che ha riguardato in questi ultimi decenni le operazioni di pieno campo per la sistemazione del terreno agrario prima della semina. In pratica, consisteva nella combinazione di una discissura profonda del suolo (minimo 50 cm), e della classica aratura eseguita tipicamente a 25-30 cm di profondità. Lo scopo della discissura era quello di rompere la suola che l’aratura inevitabilmente genera: in tal modo, fessurando e smuovendo il terreno in profondità (senza però rimescolarlo e rivoltarne gli orizzonti), se ne favoriva anche la circolazione di aria e soprattutto la percolazione dell’acqua meteorica nei periodi piovosi, nonché la sua risalita capillare in quelli siccitosi.

Da allora, come si suol dire, molto acqua è passata sotto i ponti, e l’evoluzione in tema si è orientata verso le tecniche di minima lavorazione, per le quali il suolo viene disturbato il meno possibile, e comunque solo nello strato più superficiale: da qui le varie soluzioni di zero, strip o minimum tillage. La necessità di ottimizzare la circolazione di aria e acqua è comunque fondamentale anche in questo caso per cui, seppure solo periodicamente, risulta opportuno eseguire la discissura.

 

Il ripuntatore

Il dissodamento degli strati del suolo sottostanti a quello lavorato è solitamente eseguito con un’attrezzatura definita in numerosi modi, ovvero ripuntatore, scarificatore, discissore, decompattatore, dissodatore, ecc., ma che comunque smuove il terreno in modo più o meno energico a profondità superiori a 40 cm, senza alcun rimescolamento o inversione degli orizzonti, allo scopo di evitare di portare nel soprastante strato fertile eventuali componenti inerti.

Nelle versioni espressamente dedicate alla lavorazione profonda (oltre 55-60 cm e fino a 1 m circa), il ripuntatore è sostanzialmente composto da un numero variabile di ancore (da 1 a 11), se del caso disposte su diversi ranghi sfalsati, ciascuna costituita da una barra verticale molto robusta, corredata alla sua estremità inferiore (e talvolta anche lungo il suo sviluppo verticale) di organi lavoranti atti a realizzare di volta in volta la lavorazione con le caratteristiche desiderate.

Si tratta di un’operatrice tipicamente portata all’attacco a 3 punti, che trainata dalla motrice grazie al suo notevole peso penetra progressivamente nel terreno, fino alla profondità desiderata. Per le sue tipiche modalità di funzionamento richiede una forza di trazione molto alta, e deve pertanto essere accoppiata a trattori di stazza notevole (quasi sempre anche opportunamente zavorrati) e di potenza al top della gamma attualmente disponibile, specie per i modelli che lavorano oltre i 70 cm di profondità  e sono dotati di molte ancore. Si consideri anche che il trattore risulta severamente impegnato non solo in termini di capacità di tiro, ma anche per l’erogazione della potenza, poiché l’esecuzione veloce della ripuntatura migliora l’effetto di dirompimento degli strati profondi.

Si tratta, in generale, di un’attrezzatura concettualmente semplice, ma che per l’opportuna efficienza di funzionamento, soprattutto in termini di affidabilità e durata, richiede un’attenta progettazione e un’accurata scelta dei materiali.

 

Gli organi lavoranti

I singoli elementi presentano una conformazione varia, comunque sempre ricurva con concavità progressiva rivolta nel senso dell’avanzamento, e sono costituiti da robuste piastre di acciaio di notevole spessore (anche 30-40 mm), sottoposto ad opportuni trattamenti di indurimento superficiale.

L’attrezzo terminale può differenziarsi in funzione dell’effetto di dirompimento desiderato: la configurazione più comune prevede un puntale terminale (talvolta reversibile, per un opportuno allungamento della sua vita utile), che può essere completato da un riporto in acciaio al tungsteno. Il puntale è spesso caratterizzato da una curvatura più accentuata rispetto alla struttura portante ed è normalmente fissato con bulloni, per facilitarne la sostituzione in caso di rottura o di fine vita per usura. I riporti al tungsteno possono essere applicati anche al corpo dell’elemento, sempre per aumentarne la vita utile in termini di usura.

Nelle zone particolarmente piovose, e per terreni soggetti ad asfissia, risulta utile creare sul fondo della lavorazione una canalizzazione che possa fungere da drenaggio. Allo scopo, all’estremità inferiore della singola ancora, viene incernierata in posizione posteriore un’ogiva di adeguato diametro, che durante l’avanzamento dell’attrezzo si dispone in orizzontale, praticando una foratura continua, atto a raccogliere e incanalare l’acqua non trattenuta negli strati soprastanti.  Per un’efficacia maggiore, si può abbinare ad una ripuntatura particolarmente profonda (fino a 120 cm) la deposizione di specifiche tubazioni di drenaggio.

Se viceversa lo scopo della ripuntatura è quello di massimizzare la movimentazione del suolo interessato all’intervento, sulle singole ancore possono essere montate a metà circa del loro sviluppo verticale i cosiddetti “esplosori”, ovvero delle robuste alette con orientamento orizzontale e trasversale all’avanzamento, che hanno la funzione di dirompere maggiormente lo parte superiore dello strato interessato alla lavorazione.

 

Gli accessori

Oltre agli strati profondi, spesso la ripuntatura smuove e frantuma grossolanamente anche quelli superficiali. Per il pareggiamento della superficie del terreno, il ripuntatore può essere abbinato posteriormente ad uno o talvolta ad una coppia di rulli, variamente conformati. La tipologia più comune è quella a spuntoni, costituito da un pesante rotore folle sul quale è saldata a file sfalsate una serie di piastre ricurve a punta. In alternativa, specie in presenza di abbondanti residui colturali, si può abbinare un rullo con uno o più ranghi di dischi ondulati, che oltre al pareggiamento assicura anche un parziale interramento del materiale vegetale superficiale. In ogni caso, il posizionamento così come la messa a riposo dei rulli è gestita idraulicamente.

La profondità di lavoro viene normalmente regolata tramite il sollevatore del trattore, ma tale incombenza può essere soddisfatta anche montando sul telaio del ripuntatore una coppia di ruote metalliche regolabili in altezza, che appoggiano ad terreno facendo da contrasto. Inoltre, sono di solito disponibili anche dei fianchetti laterali in robusta lamiera per il contenimento delle zolle create.

 

Dispositivi di sicurezza

Specie nei terreni con abbondante scheletro, la discissura in profondità comporta inevitabilmente l’impatto delle ancore con sassi e pietre di notevole dimensione, con il pericolo di gravi rotture e, soprattutto, di lunghi periodi di fermo macchina. A tale proposito, tutti i ripuntatori sono dotati di opportuni dispositivi di sicurezza, finalizzati a “sganciare” il singolo elemento quando viene incontrata una resistenza molto superiore a quella usuale.

La soluzione più semplice ed economica è rappresentata dal classico bullone a rottura (di solito Ø 20 mm circa), che costituisce uno dei punti di fissaggio dell’ancora alla struttura del ripuntatore. In pratica, il bullone si spezza (in questo caso per allungamento a trazione e non per uno sforzo di taglio, come avviene per altri usi analoghi) lasciando l’ancora libera di ruotare all’indietro sull’altro bullone di incernieramento, superando così l’ostacolo. è però del tutto evidente che in tal caso la piena funzionalità della macchina è recuperata solo se si rimette in loco un altro bullone con identiche caratteristiche rispetto al precedente.

L’alternativa (definita “non stop”) è di tipo idraulico: molto più efficiente, ma senza dubbio più costosa. In pratica, ogni ancora è fissata al telaio portante del ripuntatore tramite un braccio di leva, che è gestito da un cilindro idraulico assistito nel suo movimento da uno o più accumulatori ad azoto. Quando l’attrezzo terminale incontra un ostacolo, automaticamente ruota all’indietro e verso l’alto, mentre contestualmente lo stelo del cilindro idraulico rientra, per poi effettuare velocemente il movimento opposto, riportando l’ancora nella posizione usuale, in questo facilitato dall’azione “cuscinetto” dell’accumulatore ad azoto.

Molti modelli di ripuntatori vengono offerti in alternativa con le due soluzioni illustrate.

 

Il trasporto

Nelle versioni con un notevole numero di ancore, la larghezza di lavoro del ripuntatore supera a volte di gran lunga quella massima consentita per il trasporto su strada. Pertanto, in questi casi la macchina è strutturata in sezioni che vengono movimentate idraulicamente con una rotazione di 180°, per la gestione delle configurazioni di campo e di trasporto. Inoltre, per conferire all’attrezzatura la necessaria robustezza e la capacità di penetrare convenientemente nel terreno, i modelli di maggior capacità lavorativa sono caratterizzati da una massa complessiva che può superare i 4000 kg. In tal caso, l’impiego di trattori di potenza molto elevata e adeguatamente zavorrati si impone anche per conferire un sufficiente livello di stabilità e sicurezza del cantiere motrice-operatrice nel trasporto veloce su strada.

 

I ripuntatori vibranti

In questo caso, le ancore durante la lavorazione non sono fisse, ma nel loro avanzamento al contempo oscillano, grazie ad un eccentrico mosso dalla pdp del trattore, in modo da effettuare un movimento elicoidale. Ciò comporta il vantaggio di smuovere una maggior quantità di terreno, richiedendo contestualmente una minore forza di trazione. Per contro, al trattore è richiesta potenza anche alla pdp, per cui è comunque raccomandato l’impiego di motrici di notevole potenza. Quella vibrante è una tipologia che risulta particolarmente indicata per la ripuntatura nel vigneto (e più in generale nelle coltivazioni specializzate) ed è spesso completata da un rullo liscio che ripiana il limitato rigonfiamento che questa lavorazione produce.

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