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Tecnica

La motozappa, tra passato e presente

Si tratta di una macchina estremamente diffusa, sia a livello professionale che hobbystico, alla quale deve però essere dedicata la giusta attenzione, soprattutto dal punto di vista della sicurezza. I costruttori italiani, leader di mercato, hanno conferito alla motozappa una sorprendente versatilità

di Domenico Pessina
ottobre 2019 | Back

La motozappa è una piccola macchina agricola semovente, molto popolare nell’ambito hobbistico, ma che trova proficua applicazione anche a livello professionale, nel comparto della manutenzione del verde e nell’attività orto-floro-vivaistica. Come suggerisce la sua denominazione, si tratta di una macchina per la lavorazione primaria e secondaria del terreno, la cui operatività è stata però di recente ampliata con la dotazione di una serie di accessori, per l’esecuzione di operazioni alternative a quella classica che, almeno per i modelli maggiormente prestanti, l’hanno parzialmente assimilata al motocoltivatore, un mezzo che invece fa naturalmente della versatilità il suo punto forte.

Oltre a ciò, le principali differenze tra la motozappa e il motocoltivatore risiedono nella propulsione e nella potenza del motore installato: i motocoltivatori sono infatti sempre dotati di due ruote motrici, azionate tramite motori (più frequentemente diesel che a scoppio) di potenza superiore a quelli installati sulle motozappe, mentre queste ultime avanzano di solito grazie al movimento proprio degli organi lavoranti e, in ogni caso, grazie alla conduzione a spinta dell’operatore.

Gli organi lavoranti della motozappa sono appunto le zappette, ovvero robusti utensili in acciaio a forma di L fissati a raggiera in numero di 4 o 6 su un albero rotante mosso dal propulsore, quasi sempre tramite un semplice cambio a due o più velocità, dotato di opportuna frizione.

Ad aumentare la versatilità del mezzo, i modelli più evoluti sono anche dotati di una o addirittura due prese di potenza, la prima che ruota in modo proporzionale al regime motore e la seconda invece sincronizzata con il cambio.

Motore

Per ovvie ragioni di ingombro e di peso, i propulsori installati sulla motozappe sono sempre monocilindrici, e coprono un range di potenza abbastanza ampio, in genere tra 2-3 e 8-10 CV; i motori più piccoli sono di solito alimentati a benzina, i più prestanti sono invece spesso di tipo diesel. Talvolta per un medesimo modello vengono offerte motorizzazioni in alternativa, sia come tipo che come marca. Da quest’ultimo punto di vista, i costruttori leader di mercato sono quelli tipici dell’intero comparto delle piccole potenze: ovvero, in ordine sparso: Honda, Lombardini, Koehler, Briggs & Stratton, ecc.

Sui modelli meno potenti, l’avviamento è a strappo, spesso autoavvolgente, mentre su quelli più prestanti (e talvolta come optional anche sugli altri) è previsto l’avviamento elettrico.

 

Frizione e trasmissione

La frizione è quasi sempre a secco, monodisco se la potenza da trasmettere è bassa, e multidisco negli altri casi; in molti casi è installato un semplice cambio meccanico a due o più velocità con ingranaggi in bagno d’olio, deputato a far ruotare l’organo lavorante solitamente tra 50 e 160 giri/min. In alcuni modelli è prevista anche l’inversione del moto (la cosiddetta “retromarcia”), al regime di rotazione minimo.

In alternativa, su qualche motozappa (di potenza non elevata) è installata una trasmissione a cinghia.

Organo lavorante

Grazie all’effetto combinato della rotazione delle zappette e dell’avanzamento a spinta effettuato dall’operatore, gli utensili percorrono una traiettoria a spirale detta “a cicloide allungato”, per la quale ogni zappetta impatta e taglia una “fetta” di terreno, sminuzzandola anche per l’impatto della zolla distaccata contro il carter di protezione dell’organo lavorante. Lo spessore della fetta dipende dal numero di zappette montate sull’albero rotante, dal regime di rotazione e dalla velocità di avanzamento, e dovrà essere logicamente tanto minore quanto più difficoltoso da dissodare sarà il suolo.

Durante la lavorazione, per facilitare il mantenimento della voluta direzione di avanzamento e il controllo del mezzo, possono essere montati dei dischi laterali e il cosiddetto “sperone”. Nel dettaglio, i dischi laterali contribuiscono anche a delimitare la zona lavorata (utile ad es. quando si lavorano delle aiuole), mentre lo sperone, che può essere montato davanti o dietro il rotore, agisce come un timone, per aiutare a mantenere la direzionalità e la profondità di lavoro desiderata, specie in terreni molto duri e con abbondante scheletro. Proprio per questo motivo, la posizione verticale dello sperone rispetto alla macchina è regolabile, di solito entro un intervallo piuttosto ampio.

Se il terreno è già stato lavorato, e serve solamente un suo affinamento, l’impegno della macchina è logicamente inferiore, per cui si può ottimizzare lo sfruttamento della potenza disponibile aumentando la larghezza di lavoro. Per tale motivo, specie per i modelli di fascia alta, sono offerti i cosiddetti “allargamenti”, ovvero dei moduli aggiuntivi di zappette che, montate alle due estremità del rotore originale, aumentano la larghezza di lavoro della singola passata.

 

La conduzione

La motozappa è condotta a mano, e fatta avanzare a cura dell’operatore, ad un velocità commisurata alle condizioni di lavorazione (v. box). Se si lavora su terreno compatto, per una sua preparazione ottimale quasi sempre sono necessarie due o più passate; ciò condiziona la profondità di lavoro raggiungibile, che sarà progressivamente maggiore nelle passate successive alla prima, grazie alla possibilità che ha il rotore di affondare nel terreno sempre più soffice.

Per la massima versatilità di guida, le stegole sono quasi sempre regolabili in altezza e completamente ruotabili, e in ogni caso possono essere inclinate nel piano orizzontale, per rendere praticabile una spinta disassata, in modo da evitare di calpestare il terreno dissodato e/o compattare il delicato fondo del solco (che ad esempio accoglierà poi il seme) nel caso in cui venga accoppiato alla motozappa un assolcatore.

Per brevi trasferimenti, quasi tutti i modelli dispongono di una ruota collocata anteriormente in posizione centrale rispetto alla macchina, in modo da poter trasportare facilmente l’insieme come una carriola, sfruttando il vantaggioso braccio di leva. In lavoro, tale ruota viene sollevata, in modo da non interferire con la rotazione delle zappette. In alternativa, per i modelli di fascia alta, logicamente più pesanti, può essere montata una coppia di ruotini da fissare alle estremità laterali dell’organo lavorante.

In qualche caso sono disponibili anche ruote metalliche a gabbia, oppure veri e propri pneumatici dotati di costole. Per un sicuro stazionamento della macchina, è sempre previsto un piccolo piede d’appoggio, da fissare in posizione anteriore.

 

La sicurezza e l’ergonomia

Al pari di altre attrezzature simili come il motocoltivatore, la rasaerba, ecc., e proprio perché con operatore al seguito, la motozappa risulta essere una macchina molto pericolosa, oggetto purtroppo di numerosi gravi incidenti, soprattutto a causa del contatto accidentale degli arti inferiori del conducente con gli organi lavoranti, e conseguenti brutali amputazioni.

Per tale motivo, particolare attenzione è stata posta nel tempo per limitare tale rischio specifico; da molti anni è ormai obbligatorio installare un dispositivo che arresti in emergenza nel più breve tempo possibile il rotore con le zappette, il cui comando consiste in una leva collocata in corrispondenza di una delle due impugnature poste alle estremità delle stegole, che funziona con la logica del “comando mantenuto a uomo presente”, ovvero il movimento all’organo lavorante è immediatamente interrotto se tale leva non risulta premuta.

In una prima fase di applicazione tecnica della norma, tale comando agiva sul funzionamento del motore, che veniva spento immediatamente al rilascio del comando (infatti era definito “motor stop”), ma tale operatività toglieva, se del caso, anche la trazione alle eventuali ruote, creando sbilanciamenti repentini della macchina e suoi movimenti imprevisti, specie nel lavoro su terreni accidenti e in pendenza, con un aumento delle pericolosità della situazione. Più di recente, invece, tale comando agisce spesso solo sulla trasmissione del movimento al rotore con le zappette, ovvero disinnestando la frizione presente, lasciando quindi in funzione il motore e quindi l’eventuale trazione alle ruote.

Particolare attenzione è poi dedicata all’avviamento del motore (possibile solo se l’organo lavorante non è collegato), e alla sicurezza operativa se la macchina è provvista della funzione di inversione del moto e/o del senso di rotazione degli utensili, cioè la cosiddetta “retromarcia”.

Ovviamente, le zappette devono risultare protette da un carter di opportune dimensioni, che deve essere distante dalle impugnature delle stegole per una determinata quota minima. Essendo dotata di motore endotermico, la motozappa deve essere provvista di adeguate protezioni delle parti calde, ovvero il corpo motore stesso e il silenziatore di scarico. Un’esauriente trattazione della sicurezza della motozappa (ma anche dei motocoltivatori) è disponibile nel documento tecnico “Adeguamento motocoltivatori e motozappatrici ai requisiti di sicurezza di cui all’allegato V al d.lgs. 81/08”, pubblicato da INAIL nel 2013 e disponibile liberamente all’indirizzo web: https://www.inail.it/cs/internet/docs/allegato_adeguamento_motocoltivatori_e_motozappatrici.pdf .

Anche per ciò che concerne l’ergonomia, la motozappa richiede attenzione su diversi parametri, come rumore, vibrazioni, forza di azionamento e collocazione comandi, microclima (ad es. per il pericolo di inalazione di polveri e fumi di scarico).

Al di là del progresso tecnico, senza dubbio in grado di migliorare le prestazioni dei nuovi modelli, i presìdi da adottare sono da ricondurre sostanzialmente ai dispositivi di protezione individuale, come calzature di sicurezza e idoneo abbigliamento generale (pantaloni, giacche, tute), guanti possibilmente con inserto antivibrante, cuffie o tamponi antirumore e, se del caso, maschere o semimaschere dotate di filtri fisici e/o chimici. Il dettaglio di queste istruzioni e raccomandazioni deve ovviamente essere specificato in modo chiaro ed esauriente nel libretto di istruzioni che accompagna obbligatoriamente la macchina, anche (e soprattutto…) in caso di reimmissione sul mercato dell’usato.


Velocità di avanzamento e profondità di lavoro corrette

La motozappa è una macchina spinta dall’operatore, che solitamente viene gestita con un’andatura soggettiva, definita in relazione a diversi parametri, quali il grado di compattamento del terreno, il livello di amminutamento desiderato e ovviamente la capacità del mezzo di svolgere con efficacia il proprio lavoro.

La buona tecnica suggerisce che la velocità di avanzamento sia pari al 10-14% di quella periferica delle zappette. è possibile esplicitare tale indicazione con un semplice esempio: se le zappette ruotano a 160 giri/min e hanno un raggio di 150 mm, la loro velocità periferica sarà di 2,5 m/s circa; il 14% di tale valore darà 0,35 m/s, cioè 1,3 km/h. Si tratta in pratica di un’andatura molto lenta rispetto al normale passo umano, che si aggira di solito intorno ai 3-4 km/h.

La profondità massima di lavoro è definita dalla lunghezza utile della zappetta, cioè quanto questa si estende rispetto all’albero, in pratica la differenza tra il cosiddetto raggio della zappetta e quello dell’albero su cui è fissata. I modelli più prestanti arrivano a 15-18 cm; in realtà, proprio per le modalità di lavoro delle zappette, sul terreno compatto lo strato di terreno smosso è superiore di qualche centimetro rispetto a questo valore teorico, e aumenta ancora per i passaggi successivi al primo, dove l’organo lavorante affonda con maggior facilità nel substrato reso soffice.


La versione elettrica

Oltre a quelle tradizionali dotate di motore endotermico (a scoppio o diesel), diversi costruttori offrono motozappe azionate da motori elettrici, sia alimentati batteria che a cavo tramite la normale rete elettrica a 220 V.

Entrambe le soluzioni evidenziano vantaggi e svantaggi: se l’alimentazione di rete permette il montaggio di motori più potenti rispetto alla batteria e ovviamente non presenta problemi di autonomia di funzionamento, di contro è necessario poter disporre di una presa di corrente nelle vicinanze e bisogna convivere con il disagio del cavo di alimentazione.

In ogni caso, la trasmissione all’organo lavorante (la zappa) è a vite senza fine, spesso in bagno d’olio e senza marce, quindi una tipologia semplificata rispetto ai modelli con motore endotermico, ma le potenze in gioco, e quindi la capacità di lavoro, sia in termini di larghezza della passata che di profondità, risultano essere inferiori. In linea di massima, i modelli a batteria hanno motori (anche di tipo brushless) che non superano gli 800 W di potenza, e si avvalgono di battery pack di ultima generazione (agli ioni di litio a 36 o 48 V, heavy duty), mentre quelli alimentati tramite la rete possono arrivare a 1500 W.

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