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Macchine Agricole: la Tailandia come hub per il Sud Est asiatico

Il progressivo invecchiamento della popolazione rurale accompagnato a bassi livelli di produttività sta creando le premesse per un progressiva sostituzione della manodopera umana con mezzi meccanici e, quindi, per un incremento della domanda di macchine agricole. L'interesse dei costruttori è dovuto anche alla possibilità di sfruttare il Paese come base logistica per tutto il Sud Est asiatico

di Giovanni M. Losavio
gennaio - febbraio 2017 | Back

Con circa 24 milioni di ettari coltivati, pari a poco meno della metà della superficie complessiva, la Tailandia è il “giardino” del Sud Est asiatico. Non solo per il peso che il settore agricolo ancora ha nel sistema economico del Paese – l’agricoltura concorre al PIL tailandese con una quota pari al  10,2% – ma, soprattutto, per la grande varietà di coltivazioni presenti. Infatti, se il riso continua ad essere quella più diffusa, che posiziona Bangkok ai primi posti nel mondo tanto dal punto di vista della produzione quanto da quello delle esportazioni, un peso crescente stanno assumendo la frutticoltura e le colture pluriennali. Albero della gomma e olio di palma, anzitutto, di cui la Tailandia è – rispettivamente – primo e terzo produttore mondiale; e ancora canna da zucchero (quarto produttore mondiale), manioca (secondo produttore mondiale) e granturco, destinato principalmente all’alimentazione degli animali da allevamento. Non meno importante, poi, la produzione di ananas e noci di cocco. Insomma l’agricoltura tailandese, che rappresenta la principale fonte di reddito per il 34% della popolazione, ha grandi potenzialità di crescita. Tuttavia, le prestazioni produttive del settore risentono sia delle mutevoli condizioni climatico-ambientali (la siccità del 2015 ha causato un crollo nella produzione di riso, perché il 75% delle risaie non è dotato di sistemi di irrigazione), sia della stabilità del quadro politico – attualmente il Governo è retto da una giunta militare – e della propensione dell’esecutivo a concedere sussidi alla produzione. Questo lo scenario tracciato dal rapporto intitolato “Agricultural Machinery Market in Thailand” commissionato dall’Agenzia ICE per conto del dipartimento di sviluppo del commercio presso l’ambasciata italiana.

 

Una popolazione rurale sempre più vecchia

Dal rapporto emerge come anche sul settore primario tailandese abbiano un peso determinante l’età della popolazione rurale e il livello di scolarizzazione della forza lavoro. Il settore primario infatti impiega poco meno di 13 milioni di tailandesi (il 34% appunto della popolazione totale), tuttavia l’età media degli agricoltori risulta estremamente elevata – 58 anni – con due terzi dei lavoratori agricoli (il 71%) che si collocano nella fascia d’età compresa tra i 45 e 70 anni. Coltivare la terra, dunque, non è lavoro per giovani (appena il 5% della fascia d’età dai 15 ai 34) e non lo è neanche per persone con un buon livello di scolarizzazione, se si considera che solo un agricoltore su cinque è in possesso di un diploma di scuola superiore o di un diploma di laurea. Se il sistema agricolo tailandese risulta essere poco attraente per la forza lavoro più giovane e più scolarizzata, ciò è dovuto principalmente alla bassa redditività di un comparto nel quale la stragrande maggioranza dei lavoratori ha un reddito inferiore al minimo legale. Nel Paese, la seconda economia del Sud Est asiatico, esiste dunque un problema di produttività del settore primario e di depauperamento delle popolazione rurale. Ed è proprio per rilanciare il comparto e colmare questo gap che si sta puntando, da un lato sulla diversificazione produttiva (a scapito del riso), dall’altro sulla meccanizzazione estensiva delle campagne.

 

Macchine agricole: il primato dei trattori

E infatti tra il 2008 e il 2015 si assiste ad un vero e proprio boom nella diffusione delle macchine agricole, con un vertiginoso incremento delle immatricolazioni cumulate di trattrici, passate nel periodo considerato da 134 mila a 487 mila unità. Si tratta peraltro di un fenomeno di natura non solo quantitativa, ma qualitativa. Il boom della meccanizzazione – si legge nel rapporto, che cita i dati del censimento generale dell’agricoltura risalente al 2013 – ha determinato un profondo cambiamento nella composizione di un parco macchine dove le trattrici (cresciute a un tasso del 6,1% tra il 2003 e il 2013)  - si stanno progressivamente sostituendo alle motoagricole. Motoagricole che, pur non avendo subito modifiche altrettanto significative dal punto di vista numerico (-0,4% l’anno, sempre tra il 2003 e il 2013) hanno comunque visto diminuire in misura significativa il numero di utilizzatori (-4,4% l’anno nel periodo considerato). In crescita dal punto di vista unitario anche mietitrebbie (+4,4% l’anno), seminatrici (+17,9%), macchine per i trattamenti fitosanitari. Insomma, nonostante la pesante battuta d’arresto accusata dal mercato nel 2015, causata da una delle peggiori siccità degli ultimi decenni, nel prossimo futuro il comparto dovrebbe comunque mostrare una buona vitalità. A trainare la domanda saranno soprattutto gli investimenti in tecnologie, la sostituzione della manodopera umana con mezzi meccanici, il fenomeno del contoterzismo (che oggi vede coinvolti circa due milioni di lavoratori) sempre più diffuso nel Paese. Secondo le previsioni del rapporto, la domanda di trattrici agricole dovrebbe raggiungere le 47.500 unità l’anno, mentre quella di mietitrebbie dovrebbe attestarsi sulle 3.400. In crescita anche il segmento delle macchine per la lavorazione del terreno, ma si tratta in questo caso di un segmento “povero” dove prevale l’offerta dei costruttori locali. Le previsioni ottimistiche sull’andamento del settore sono anche dovute al fatto che la Tailandia, grazie alla sua ricca dotazione infrastrutturale e ad un ambiente favorevole al business, si sta candidando a diventare una base operativa e logistica per gli altri mercati del Sud Est asiatico.

 

Per la tecnologia il Paese si rivolge oltrefrontiera

Attualmente nel Paese ci sono circa novanta di costruttori di macchine e attrezzature per l’agricoltura con la full liner Siam Kubota che, detenendo da sola una quota pari a circa il 70%, si trova in una posizione di quasi monopolio. I produttori locali, tuttavia, sono specializzati soprattutto nelle fasce di bassa potenza, per le trattrici, e nei mezzi e nella attrezzature a basso contenuto tecnologico. L’industria meccanica tailandese, dunque, non è in grado di soddisfare la domanda di macchine innovative, per la quale il mercato è necessariamente costretto a guardare oltrefrontiera. Dal punto di vista delle importazioni, se si prende a riferimento il 2015, il primo partner commerciale della Tailandia è stato la Cina con una quota del 39%, seguita dalla Malesia con il 16,6%; l’Italia, invece si è posizionata al settimo posto con il 3,02%. L’import della Tailandia tende a privilegiare soprattutto le trattrici di medie e grandi dimensioni, e comunque con una potenza superiore ai 50 cavalli, le pompe per l’acqua, le nebulizzatrici e le sarchiatrici. Buone opportunità per il settore delle macchine per la raccolta della canna da zucchero, del granturco, della soia e della manioca, anche perché nei prossimi anni – stima il rapporto firmato dall’ICE Agenzia – si dovrebbe assistere ad una crescente diversificazione della produzione agricola, con le nuove “coltivazioni” che guadagneranno terreno nei confronti del riso (la cui domanda di macchine viene soddisfatta soprattutto dai produttori locali). Insomma il comparto agromeccanico della Tailandia si caratterizza per livelli di concorrenza molto elevati, tuttavia – avverte l’ICE Agenzia – risulta molto complicato registrare preferenze in termini di marchio, poiché i lavoratori agricoli tendono ad acquisire le macchine anche attraverso contratti di noleggio o grazie a sovvenzioni pubbliche, e questo rende il fattore prezzo meno rilevante rispetto a quello dell’accesso al sostegno finanziario.

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