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Tecnica

Tecnologie innovative per la coltivazione della lattuga

Che sia da taglio o da cespo, in pieno campo o in apprestamenti protetti, la produzione delle lattughe si avvale di soluzioni particolarmente evolute, come la coltivazione aeroponica e l'applicazione dell'Intelligenza Artificiale. In ogni caso, con un alto livello di meccanizzazione

di Domenico Pessina
luglio - agosto - settembre 2018 | Back

La lattuga può essere coltivata in quasi tutti i tipi di suolo, a parte quelli molto pesanti e/o con abbondante scheletro. Infatti, soprattutto nel caso di semina diretta, occorre un’accurata preparazione del terreno, tramite vangatura a 20-30 cm (che non crea una suola di lavorazione e scongiura dannosi ristagni d’acqua), seguita da erpicatura o fresatura, per sminuzzare le zolle così create. è importante non eccedere nell’affinamento, per non incorrere nel rischio di formazione di crosta in caso di precipitazioni o irrigazioni a pioggia abbondanti, che ostacolerebbero l’emergenza delle plantule, in caso di semina diretta.

Per favorire un’agevole esecuzione di tutte le operazioni successive, lo scheletro può essere portato in profondità con un’interrasassi, che provvede anche ad un utile pareggiamento del profilo superficiale del suolo.

è possibile creare delle prose per favorire lo sgrondo delle acque in eccesso (di larghezza congrua con il transito dei mezzi meccanici), adeguatamente livellate per favorire una semina a profondità corretta e costante. Nei terreni sottoposti a coltivazione intensiva, e quindi a notevole traffico meccanizzato, è opportuno procedere ad una ripuntatura periodica per ripristinare in profondità una corretta struttura del suolo.

La semina diretta per la lattuga da taglio viene effettuata di solito a 5-7 mm di profondità e 5 cm di interfila, con seminatrici meccaniche universali. Dalla tramoggia, i semi passano agli organi distributori e da qui ai tubi adduttori, che li depositano sul fondo dei solchi creati dai falcioni. Il tutto è inserito tra due rulli, il primo dei quali livella il suolo in superficie, mentre il secondo fa aderire il terreno al seme. Con temperature elevate è necessario intervenire successivamente con una leggera irrigazione.

Il trapianto è invece la soluzione adottata per la lattuga da cespo, perché comporta indubbi vantaggi in termini di abbreviazione del ciclo produttivo, miglioramento dello stato sanitario e della qualità della produzione, nonché minori problemi di controllo delle malerbe. Si parte di solito da piantine cresciute fino a tre foglie vere in cubetti di torba pressata, depositati nel terreno da trapiantatrici dedicate, cui spesso è abbinato il modulo per la pacciamatura con film in polietilene. Specie nei terreni sabbiosi, per il rifornimento idrico viene posta sotto la pacciamatura una manichetta forata per erogare l’acqua, talvolta integrata con elementi nutritivi.

Per la concimazione, è fondamentale assicurare un congruo contenuto di sostanza organica interrata prima dell’inizio dei cicli colturali, con una particolare attenzione all’azoto, da apportare nelle forme nitrica, ammoniacale e ureica, dato che ognuna di queste agisce in modo differenziato per ciò che concerne le modalità di assorbimento.

Per avere foglie croccanti e poco fibrose, è necessario irrigare la coltura, assicurando una distribuzione uniforme senza imbrattare le foglie di terra. Si usano spruzzatori statici o dinamici con portate medio basse (70-120 l/h), e gittate modeste (3-5 m), in modo da non provocare un’eccessiva tenerezza delle foglie (ovvero una loro elevata fragilità) scongiurando al contempo l’insorgenza di patologie fungine.

Un’oculata irrigazione contribuisce anche ad un’efficace lotta alle malerbe, importante soprattutto dove i tempi di germinazione, emergenza e accrescimento sono piuttosto lunghi. Le tecniche più di frequente adottate sono la falsa semina o la pacciamatura. Certamente utile prima dell’impianto è la disinfestazione del terreno, mediante vapore, fumigazione o solarizzazione.

In ogni caso, quando si effettua la semina diretta per il prodotto da cespo, emerge la necessità di effettuare una selezione mirata, per consentire una crescita regolare della produzione. Sfruttando le soluzioni proprie dell’Intelligenza Artificiale (basata sulle tecnologie di “computer vision” e “machine learning”), la startup americana Blue River Technology di Sunnyvale in California (acquisita di recente da John Deere) ha messo a punto un’irroratrice specifica per diradare chimicamente secondo parametri preimpostati le piantine di lattuga. Lavora con un’accuratezza di 6 mm, ed è in grado di trattare fino a 90 piantine/s. Ovviamente, le medesima tecnica viene applicata per il diserbo chimico selettivo, con un’ottima discriminazione tra la coltura e le malerbe.

La raccolta si effettua con il taglio delle foglie o il prelievo del cespo. La difficoltà dell’individuazione del momento ottimale consiste sostanzialmente nel dover necessariamente far coincidere l’epoca di raccolta con le richieste dei mercati di destinazione.

In ogni caso, sia per la lattuga da taglio che per quella da cespo sono disponibili raccoglitrici (spesso semoventi) dotate di barre di taglio e tappeti di intercettazione del prodotto, che poi viene condizionato e stoccato temporaneamente dal personale a bordo della macchina.

La Ortomec di Cona (VE) ha di recente proposto la 9700 Lattuga, una raccoglitrice semovente dotata di lama oscillante che taglia i cespi alla radice e li trasferisce nella medesima posizione di raccolta tramite un tappeto mobile sulla piattaforma principale, dove vengono lavorati per la prima cernita, la pulizia e l’imballaggio. Mossa da un motore turbo-diesel Kohler a 4 cilindri da 74 Cv, la 9700 ha telaio in acciaio galvanizzato a caldo, cofani in acciaio inossidabile, cingoli da 300 mm di larghezza (in acciaio o a richiesta anche in gomma), con un piano di lavoro fino a ben 23 m² per una portata fino a 3000 kg di prodotto.


Tutti i “segreti” della lattuga

Il genere Lactuca comprende più di 100 specie, anche se quelle più popolari sono le varietà a cappuccio (con un cuore bianco denso di forma tondeggiante), la Batavia (con foglie più spesse e buona resistenza alla siccità), quelle a “foglia di quercia” (particolarmente tenere), la romana (con foglie allungate e nervatura principale larga e curva) e le varietà ad asparago o sedano (che richiamano il sapore di questi ortaggi, e sono consumate soprattutto in Oriente).

La Cina è il primo produttore mondiale di lattuga, seguito da Stati Uniti, India ed Europa (specialmente Spagna, Italia e Francia). Composta dal 95-96% di acqua, la lattuga ha ovviamente un bassissimo contenuto calorico, di appena 19 kCal/100 g, ma è un’utilissima fonte di fibre, di vitamine (A, B9, C) e di altri oligoelementi (potassio, manganese, ferro, magnesio e antiossidanti, come la luteina e la zeaxantina). Si segnala soprattutto per il contenuto in beta-carotene, che si trasforma in vitamina A nell’organismo, utile per il metabolismo del ferro, la salute della pelle e delle mucose, la vista, il sistema immunitario e la crescita. Si pensi che una porzione di lattuga è sufficiente per soddisfare la metà del fabbisogno giornaliero di questo oligoelemento.

La lattuga viene consumata soprattutto cruda, spesso opportunamente condita con la vinaigrette: a parte il classico abbinamento con la “fettina” di carne ai ferri (dove, grazie alle sue fibre, l’insalata rende la carne più digeribile), può accompagnare prosciutto, frutti di mare, formaggio di capra, camembert, pomodori, carote, bietola rossa, mais, avocado, mela, frutta secca, ecc. Può però essere anche cotta, con piselli e carote, a contorno dell’agnello o in zuppa, oppure con altri ortaggi (porri, broccoli, spinaci, zucchine…).

Nei nostri climi, va consumata preferibilmente in stagione, quindi da maggio a settembre; deve essere conservata al riparo dalla luce (altrimenti perde rapidamente il suo contenuto di vitamine C e B9), in frigorifero, al max per 3-4 giorni in un sacchetto perforato nel comparto verdure oppure, per un periodo di qualche giorno in più, tagliata e riposta in un contenitore ermetico.


La lattuga in coltivazione aeroponica

Si tratta di un’evoluzione dell’ormai noto metodo idroponico, dove le piante non crescono su un substrato solido, ma con l’apparato radicale immerso nell’acqua. La coltivazione aeroponica si caratterizza invece per l’assenza di qualsiasi substrato solido o liquido, naturale o artificiale, come terra, torba, lana di roccia, fibra di cocco, acqua, ecc. Le piante vengono alimentate esclusivamente da una soluzione nutritiva acquosa nebulizzata sulle radici, contenente il 2% di minerali e oligoelementi. Il tutto è integrato da un’insufflazione di CO2 (nella misura di 600-1000 g/m²) per ottenere un plus produttivo del 35-40% secondo la specie, e una certa azione batteriostatica e di inibizione della sporulazione delle muffe.

Si tratta di un’applicazione “terrestre” di una ricerca della NASA per la produzione alimentare in assenza di gravità e senza terra, iniziata già quasi 60 anni fa e ripresa negli anni ‘90 del secolo scorso in occasione delle varie missioni nello spazio, dove logicamente non è possibile coltivare vegetali freschi nel modo tradizionale, e parimenti l’acqua è un bene assai prezioso.

Dopo il necessario passaggio nella cella di germinazione, le piantine vengono collocate in serra su opportuni supporti, spesso disposti a strati sovrapposti per sfruttare al meglio il volume confinato disponibile, alimentandole con una soluzione nutritiva nebulizzata sull’apparato radicale, mantenuta a temperatura costante e gestita a ciclo chiuso, poiché la parte non assorbita viene reimmessa in circolo, con un conseguente notevole risparmio di acqua e fertilizzanti.

In aeroponica si possono ottenere prodotti vegetali di elevata qualità: non solo insalate (lattuga compresa), ma anche piante officinali e medicinali, bulbose, ecc. senza uso di fitofarmaci, con un elevato indice di meccanizzazione. In particolare, per le lattughe vengono collocate 25-50 piante/m², con una produzione di materiale fresco che arriva a 12-25 kg/mese.

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