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Tecnica

Vangatrici, l'attrezzo ideale per i terreni difficili

Grazie alla formazione di zolle di dimensioni medie e soprattutto all'assenza di suola di lavorazione, la vangatrice lavora al meglio anche terreni bagnati o addirittura saturi d'acqua, oppure all'opposto quelli molto asciutti e compatti.I costruttori di queste attrezzature – in primis quelli italiani – offrono una gamma molto ampia di modelli per ogni esigenza di lavoro

di Domenico Pessina
gennaio - febbraio 2017 | Back

Le opzioni per la preparazione tradizionale del letto di semina prevedono sostanzialmente tre possibilità, ovvero il classico abbinamento aratro-erpice, la zappatura o la vangatura. Specie nell’ambito orto-floro-vivaistico di pieno campo, dove tipicamente si effettuano diversi cicli di coltivazione l’anno, sono due i principali obiettivi da assicurare, cioè un elevato affinamento del terreno e l’assenza di una suola di lavorazione che, nel caso di precipitazioni meteoriche particolarmente abbondanti, potrebbe creare zone di asfissia radicale dovuta alla saturazione di acqua dei vuoti presenti nel suolo.

Per le caratteristiche modalità di lavoro, sia l’aratro che la zappatrice producono sul fondo dello strato lavorato una tipica suola, che oltre all’asfissia radicale comporta ulteriori problemi, riconducibili ad un’aumentata difficoltà di penetrazione in profondità delle radici e ad un incremento della spesa energetica per ripristinare una corretta struttura del terreno per le coltivazioni successive.

Non così invece accade per la vangatura, poiché le specifiche modalità di azionamento degli organi lavoranti evitano il crearsi dei problemi illustrati. Infatti, le vanghegge si muovono secondo uno schema a quadrilatero articolato piano, dove il ponte orizzontale è costituito dal telaio portante che si collega all’attacco a tre punti, mentre ogni vangheggia è collocata all’estremità di una biella mossa tramite la presa di potenza del trattore. In pratica, ogni singolo organo lavorante simula fedelmente l’azione manuale di vangatura, effettuando un taglio obliquo ad una determinata profondità di una “fetta” di terreno, che viene poi strappata, sollevata e lanciata in direzione opposta all’avanzamento.

Per aumentare il grado di disgregazione del suolo, quasi sempre è presente uno schermo in robusta lamiera ad inclinazione regolabile, sul quale impatta la terra smossa, rompendo ulteriormente le zolle che si sono create, oppure in alternativa una griglia di varia conformazione. Entrambi gli accessori sono poi deputati anche al grossolano pareggiamento della superficie dello strato lavorato.

In pratica, oltre all’assenza della suola di lavorazione, il principale vantaggio della vangatrice consiste proprio nel consentire il dissodamento e lo sgrondo di terreni tendenti all’asfissia, con l’esecuzione della lavorazione in periodi nei quali non sarebbe possibile entrare in campo con nessun altro attrezzo. Ciò comporta vantaggi operativi non indifferenti, specie in quei comprensori che per le caratteristiche del terreno agrario e per il microclima rendono talvolta critiche le lavorazioni primaverili del suolo.

 

Parametri di lavorazione

L’ottimizzazione del grado di sminuzzamento del terreno non è operazione immediata: oltre alle ovvie caratteristiche del suolo (in primis tessitura, umidità, grado di compattamento, quantità di residui colturali superficiali), bisogna prendere attentamente in considerazione i due parametri operativi principali, ovvero la velocità di avanzamento della macchina e quella dei rotori. I valori di entrambi sono regolabili entro limiti relativamente ampi: in sintesi, per una limitata velocità di avanzamento e un’elevata rotazione degli organi lavoranti si otterrà uno sminuzzamento accentuato, tale da non richiedere in condizioni favorevoli un ulteriore passaggio di affinamento, almeno per la deposizione di semi non particolarmente piccoli. Viceversa, una velocità di avanzamento superiore, abbinata ad un basso regime di rotazione delle vanghegge, produrrà una zollosità grossolana, che prelude ad un ulteriore passaggio per la definitiva sistemazione del letto di semina. L’assorbimento di potenza (che viene erogata esclusivamente alla pdp, dato che per il suo funzionamento la vangatrice non richiede praticamente forza di trazione), è sostanzialmente funzione della quantità di terreno lavorato nel tempo, oltreché ovviamente delle sue condizioni al momento del dissodamento. Si va da pochi Cv per i modelli di larghezza inferiore a 1 m e profondità di lavoro non più di 15-17 cm, azionabili anche con il motocoltivatore e adatte alla lavorazione periodica in orti, giardini e negli interfilari delle coltivazioni specializzate, sino a 250 Cv e oltre per le vangatrici pesanti da campo aperto, che possono arrivare a ben 4000 kg di massa.

Indicativamente, le velocità di avanzamento tipiche variano tra meno di 1 e 3,5 km/h, mentre quelle dei rotori vanno da meno di 100 a oltre 200 giri/min circa. Per tale motivo, quasi tutte le vangatrici sono dotate di un semplice (ma robusto) cambio manuale a 2-4 velocità, che permette di regolare la rotazione entro limiti piuttosto ampi.

La profondità di lavorazione è sostanzialmente funzione della conformazione e delle dimensioni delle vanghegge: normalmente, tali organi lavoranti sono trapezoidali, con il lato corto inferiore, deputato alla penetrazione iniziale del suolo, più o meno ristretto rispetto a quello superiore. Oltre alla larghezza, anche la lunghezza della vangheggia può variare, essendo consigliabili quelle più lunghe per i terreni leggeri, meno difficili da dissodare. Da questo punto di vista, si possono distinguere due classi di vangatrici: quelle “leggére” per profondità di lavorazione sino a 25 cm circa, e quelle “pesanti”, per evidenti motivi molto più robuste delle prime, che possono raggiungere e talvolta superare i 45-50 cm di strato dissodato. La regolazione della profondità è deputata solitamente ad una coppia di slitte che strisciano sulla superficie del terreno oppure, in alternativa, a ruote cave in ferro.

La richiesta di potenza per la lavorazione è piuttosto importante: infatti, a causa della velocità di avanzamento limitata, per assicurare una soddisfacente capacità operativa è necessario lavorare con vangatrici di significativa larghezza di lavoro (anche fino a 4 m). L’impiego di trattori potenti (e quindi di massa elevata) è giustificato anche dalla necessità di garantire un adeguato equilibrio dei carichi in fase di trasporto, essendo la vangatrice un’attrezzatura piuttosto pesante (per assicurare la necessaria robustezza operativa), comunque portata all’attacco a tre punti. Per le lavorazioni nelle coltivazioni specializzate, sono disponibili modelli con traslazione bi-laterale, per poter operare convenientemente sia nell’interfilare che nel sottofila.

 

La bivanga

Presentata nell’ormai lontano 1987 dalla Selvatici di S. Lazzaro di Savena (BO), come suggerisce il nome la bivanga è una vangatrice dotata di organi lavoranti doppi. La vanga supplementare migliora la frantumazione del terreno, e durante la fase ascendente del movimento esercita un vigoroso effetto rotatorio utile per interrare in profondità i residui delle colture precedenti (stocchi, stoppie, arbusti, foglie ecc.), tale da riuscire in condizioni favorevoli a preparare il terreno per la semina in un’unica passata. Le coppie di vanghegge possono essere posizionate in sei combinazioni diverse, in modo da variare la profondità di lavoro, oppure ottimizzare il grado di sminuzzamento del suolo. Alle bivanghe sono abbinabili gli attrezzi studiati per la baulatura, operazione molto importante specie in orticoltura e floricoltura per favorire il deflusso delle acque in eccesso.

 

Lavorazioni combinate

Molti modelli di vangatrice sono dotati di una presa del moto posteriore, per il loro accoppiamento combinato con altre attrezzature: ad esempio con un erpice rotante, per la preparazione del letto di semina in un solo passaggio, oppure addirittura con seminatrice (ed eventualmente uno spandiconcime), per effettuare contestualmente anche la messa a dimora dei semi.

Interessante la soluzione proposta dalla Celli di Forlì, che per una lavorazione profonda da eseguire con i suoi modelli di elevata capacità di lavoro propone l’abbinamento della vangatrice con il ripuntatore. In pratica, il terreno è dissodato dal primo attrezzo per i primi 40 cm di profondità circa, mentre il ripuntatore lo fessura per i 20 cm sottostanti, aumentando efficacemente sia l’arieggiamento che la capacità di sgrondo del suolo. Inoltre, dovendo fessurare uno strato più sottile di terreno, lo sforzo di trazione necessario per il ripuntatore è notevolmente ridotto rispetto all’esecuzione tradizionale di questa operazione, a tutto vantaggio del trattore accoppiato, la cui potenza può essere sfruttata appieno, sia alla pdp che in termini di trazione per  velocità di avanzamento.

I materiali

La vangatrice è tipicamente una macchina molto robusta, dotata di organi meccanici poderosi, in costante movimento. Per questo, al fine di garantire alla macchina adeguati livelli di affidabilità e durata, specie per i modelli più performanti è necessaria un’accuratissima lubrificazione, sia del cambio di velocità che dei vari manovellismi, realizzata sia con oli ad alte prestazioni che con tipi di grasso dedicati. Inoltre, spesso gli snodi superiori sono dotati di cuscinetti e tenute speciali, adatti a supportare i carichi gravosi che si generano. Inoltre, poiché di tratta di lavorare il terreno sodo con organi lavoranti azionati grazie ad un movimento rotatorio che proviene esclusivamente dalla pdp, l’albero cardanico di collegamento deve necessariamente essere del tipo “heavy duty”, e corredato da un dispositivo di protezione dai sovraccarichi, tipicamente una frizione regolabile a dischi multipli.

Per resistere al meglio all’intensa usura, le vanghegge sono realizzate con acciai speciali ad alte prestazioni, e soggette ad opportuni trattamenti termici per aumentarne la durezza superficiale.

 

Tradizione

La vangatrice è un’attrezzatura che può senza dubbio vantare uno storico primato italiano di mercato.

Si tratta di costruttori che esportano la maggioranza delle macchine da loro prodotte in numerosi Paesi europei ed extraeuropei, abituati quindi a competere al meglio su mercati difficili, fornendo un prodotto che nello specifico non teme confronti.

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