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Agricoltura indiana, un potenziale da valorizzare

La rassegna internazionale di EIMA Agrimach è l'occasione per valutare lo stato dell'agricoltura indiana e i suoi progressi. In base ai dati elaborati dal Ministero dell'Agricoltura, nel periodo compreso tra l'anno fiscale 2005-2006 e quello 2015-2016 la produzione è cresciuta in modo considerevole per tutte le principali tipologie di prodotto, grazie all'introduzione di tecniche agronomiche e di tecnologie meccaniche innovative. L'ottimizzazione dei fattori produttivi si impone come elemento fondamentale per compensare i rischi legati all'andamento climatico e al regime delle precipitazioni, che nel grande Paese asiatico restano una variabile molto influente

di Davide Gallarate
dicembre 2017 | Back

Eima Agrimach, il grande evento per la meccanizzazione agricola, organizzato a New Delhi da FederUnacoma e FICCI – Federation of Indian Chambers of Commerce and Industry, che celebra la sua quinta edizione dal 7 al 9 dicembre, rappresenta da anni l’occasione per fare il punto sullo stato dell’agricoltura indiana. Negli ultimi dieci anni, l’India ha compiuto notevoli passi avanti nel miglioramento della produzione sia in termini quantitativi che qualitativi, nonostante l’agricoltura sia ancora fortemente legata a fattori imprevedibili quali le precipitazioni collegate ai monsoni. Utilizzando i dati diffusi dal Ministero indiano dell’Agricoltura, è possibile avere un riscontro preciso su questo sviluppo, a partire dalla comparazione degli anni fiscali 2005–2006 e 2015–2016 (in India, come noto, tutti i dati vengono forniti prendendo a riferimento il Fiscal Year, che va dal 1° aprile al 31 marzo). Uno dei prodotti cardine dell’agricoltura indiana è il riso, la cui produzione – per la quale l’India è seconda solo alla Cina a livello mondiale – è cresciuta nel decennio in esame di oltre 13 punti percentuali, da 91,79 a 104,32 milioni di tonnellate, pressoché a parità di superficie coltivata. Tale dato è coerente con l’incremento della resa per ettaro, passata da 2,10 a 2,40 tonnellate, ma ampiamente migliorabile, se si considera che, ad esempio, la resa del riso coltivato in Cina è superiore alle 6 tonnellate per ettaro. La produzione di grano, per il quale l’India detiene il secondo posto nella classifica mondiale dei Paesi produttori, è passata da 69,35 a 93,50 milioni di tonnellate, con un aumento del 34,8%. Analizzando la resa, si apprezza un incremento del 18% dalle 2,62 tonnellate per ettaro del 2005–2006 alle 3,10 registrate nell’ultimo anno fiscale, valore che, per quanto ancora lontano dalle 8 tonnellate raggiunte in Nuova Zelanda (Paese con la più alta resa nella coltivazione di grano), testimonia un miglioramento delle pratiche colturali. Guardando all’ortofrutticoltura, i numeri sono impressionanti: la produzione di frutta è passata da 58,74 a 91,44 milioni di tonnellate (+56%), mentre quella di verdure da 109,05 a 166,61 (+53%), con rese per ettaro che hanno raggiunto rispettivamente 1,42 e 17,39 tonnellate. Negli anni, i diversi governi succedutisi alla guida del Paese hanno sempre sottolineato la necessità di una Second Green Revolution, rifacendosi ai progressi compiuti negli anni ’60 e ’70, che portarono l’India all’autosufficienza nell’approvvigionamento alimentare, ma, nonostante il raggiungimento di traguardi importanti, sono ancora molte le sfide che l’agricoltura indiana dovrà affrontare nei prossimi anni per sfruttare appieno il proprio potenziale in campo agricolo. La prima è quella legata ad una maggiore meccanizzazione: l’utilizzo di macchine ed attrezzature agricole nelle diverse operazioni colturali è attualmente stimato al 40 – 45% del potenziale e la disponibilità di potenza per ettaro è in media pari a poco più di 2 kW. Un incremento di tali valori, ottenibile solo tramite un maggior impiego delle più avanzate tecnologie, è condizione fondamentale perché, sia dal punto di vista della quantità che della qualità, l’India possa sopperire ai bisogni alimentari di una popolazione di oltre 1,2 miliardi di persone, che cresce and un ritmo prossimo al 2% annuo. Vi è poi la necessità di una minore dipendenza dalle precipitazioni atmosferiche: nel decennio preso in esame le precipitazioni legate al monsone di sud ovest, che avvengono tra giugno e settembre e sono fondamentali per l’agricoltura, hanno avuto un andamento molto variabile. Un dato che può far riflettere sull’importanza del monsone è quello relativo all’anno 2013, in cui precipitazioni pari al 106% del livello normale hanno consentito di raggiungere nell’anno fiscale 2013-2014 il record nella produzione sia di riso (106,65 milioni di tonnellate) che di grano (95,85 milioni di tonnellate). Un excursus sullo stato dell’agricoltura indiana non può tuttavia prescindere da una considerazione legata all’estensione territoriale dell’India ed alle sue peculiarità socio-economiche: tra le diverse aree geografiche del Paese esistono forti disparità in termini di sviluppo dell’agricoltura. Accanto a zone dove il comparto primario può definirsi sviluppato, quali ad esempio gli Stati di Punjab ed Haryana, nel nord ovest dell’India (che non a caso sono tra quelli dove la meccanizzazione agricola è più radicata), sussistono infatti realtà, si pensi agli Stati orientali di Bihar, Jharkhand e Chhattisgarh, dove ancora la produttività agricola è da considerarsi insufficiente, come insufficiente è il livello di penetrazione delle tecnologie agricole. Lo Stato del Madhya Pradesh, localizzato nel centro del Paese e dal forte potenziale agricolo, rappresenta un esempio virtuoso: tramite un programma denominato Yantradoot, il Governo locale ha infatti cominciato a dimostrare l’utilizzo delle migliori tecnologie in campo agricolo in diversi villaggi. Than Singh Yadav, un agricoltore del villaggio di Sasunpura, non lontano dalla capitale Bhopal, ha implementato le diverse tecniche e tecnologie dimostrate ed ha visto la resa dei suoi campi di grano passare da 20 a 32 quintali per ettaro. La sua è solo una delle tante storie di successo balzate agli onori della cronaca, che testimoniano come la meccanizzazione agricola sia la risposta giusta alla sfida della Second Green Revolution.

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