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Tecnica

Gli erpici, una famiglia numerosa

Con organi lavoranti folli o mossi tramite la presa di potenza del trattore, gli erpici hanno la funzione di amminutare il terreno grossolanamente lavorato, per prepararlo al meglio in vista della successiva semina. Per un risultato sempre ottimale, sono molte e differenziate le tipologie disponibili. Tra gli elementi suscettibili di ulteriore sviluppo va citata la qualità dei materiali, dalla quale dipende l'efficienza ma soprattutto la

di Davide Facchinetti
marzo - aprile 2017 | Back

Una delle sfide più impegnative per le moderne imprese agricole è quella di massimizzare l’efficienza (e quindi i margini di guadagno) nonostante il continuo aumento dei costi di produzione, la volatilità dei prezzi di commercializzazione, le perduranti difficoltà ambientali e le incertezze climatiche.

Tale sfida può essere vinta utilizzando in maniera oculata i principali mezzi della gestione agronomica (sementi, fertilizzanti, prodotti fitosanitari ecc.) e al contempo adottando le migliori tecniche agronomiche, a partire dalla preparazione del terreno.

Nell’ambito della tradizionale tecnica della lavorazione in due tempi, all’aratura fanno seguito una o più lavorazioni complementari, atte a preparare un letto di semina ben affinato; in tal caso, è imprescindibile l’impiego degli erpici, ovvero una “famiglia” molto variegata, composta da una moltitudine di macchinari tra loro anche molto differenti, per i quali però l’unica caratteristica comune è la finalità del lavoro svolto. Ogni erpice è infatti adatto a determinati tipi di terreno e non ad altri: le varie tipologie si distinguono nettamente nella loro struttura, che si traduce in richieste differenziate sia in termini energetici che di capacità di sollevamento della motrice.

 

Erpici ad organi folli

In generale, con i cosiddetti erpici “rotanti”, ovvero con organi lavoranti mossi dalla presa di potenza del trattore, per completare la lavorazione è spesso sufficiente un solo passaggio eseguito a velocità moderata; non è invece così con gli erpici ad organi folli, con i quali bisogna lavorare su terreno piuttosto asciutto e a velocità sostenuta, quasi sempre in più passaggi successivi.

In ogni caso, non c’è dubbio che la conformazione, il numero e le modalità di intervento sul terreno degli organi lavoranti costituiscono il più importante criterio di distinzione.

A partire dall’ormai obsoleto erpice a maglie (oggi sostanzialmente impiegato solamente per… abbellire i muri delle cascine) la prima evoluzione di questa attrezzatura è l’attuale erpice strigliatore, dotato di un numero variabile di griglie metalliche snodate, sulle quali vengono fissati una serie di denti d’acciaio, più o meno flessibili. Sono indicati per arieggiare il cotico erboso, rompendo la crosta superficiale, ma anche per estirpare le erbe infestanti nelle prime fasi di crescita. I denti, diametro 6-8 mm, molto fitti, sono lunghi mediamente 35-40 cm e sono montati sfalsati tra loro su telaietti a griglia di supporto. Su alcuni modelli indicati per interventi in post emergenza la posizione dei denti può essere adattata a diverse larghezze di lavoro.

Sulla medesima falsariga, ma in uno step successivo, si trova l’erpice a denti rigidi, sia in versione portata che trainata, basato su un telaio rigido (più raramente snodato), che supporta una serie di denti disposti su più ranghi, di sezione tonda o quadrata e profilature di varia tipologia (denti diritti, a coltello o ricurvi verso la direzione di avanzamento). I denti sono di norma equidistanti tra loro, e lavorano a profondità di 10-15 cm. L’azione sul terreno è poco energica, interessa solo un ridotto strato superficiale e non effettua alcun ribaltamento della terra smossa. Se provvisti di denti di grandi dimensioni che terminano inferiormente con punte ad ancora, diritte o di altra conformazione fanno evolvere quest’ultima tipologia nell’erpice estirpatore, maggiormente adatto ad operare in presenza di abbondanti residui colturali.

Viceversa, sull’erpice a denti elastici, gli organi lavoranti sono caratterizzati da opportune curvature che assicurano un “effetto molla” che favorisce l’azione dirompente delle zolle. I denti possono essere a semplice o a doppia curvatura e a spirale (in quest’ultimo caso detti anche “canadesi”), la cui principale differenza consiste nella propensione a far risalire più o meno in superficie le zolle grossolane. Ad ogni modo, anche gli erpici a denti elastici lavorano sino a 10-15 cm di profondità, con un grado di amminutamento del terreno analogo a quello delle tipologie già illustrate, ma con un dispendio energetico inferiore.

Più recente è invece l’apparizione degli erpici a dischi, dotati di organi lavoranti che vengono messi in movimento per reazione con il terreno sul quale vanno ad agire. Si tratta di calotte sferiche o tronco-coniche con bordi sottili, di norma collegati ad un telaio portato o trainato dal trattore. Poiché i dischi sono inclinati rispetto al senso di avanzamento, la loro rotazione taglia, solleva, rimescola e sminuzza il terreno. Gli organi lavoranti, spesso ordinati in più ranghi sfalsati, agiscono fino a 15-20 cm di profondità.

La combinazione alternata di denti rigidi con punte ad ancora e dischi definisce l’erpice a dischi combinato con estirpatore, un’attrezzatura in grado di effettuare una lavorazione a due strati: i denti dissodano il terreno senza rivoltarlo fino a  di profondità, mentre i dischi lo rovesciano nei primi 5-10 cm.

 

Erpici azionati dalla pdp del trattore

Negli erpici a denti oscillanti, alcuni cinematismi ad eccentrico fanno oscillare trasversalmente rispetto alla direzione di avanzamento gli organi lavoranti; questi, disposti in più ranghi, si muovono in opposizione di fase rispetto a quelli adiacenti. Rispetto a quelli folli, in questo caso il livello di amminutamento che si ottiene (nei primi 10-12 cm) è senza dubbio più elevato, ma a prezzo  di un assorbimento di energia considerevolmente più alto.

Gli erpici rotanti differiscono dai precedenti per il moto degli organi lavoranti, che è di tipo rotatorio.  I denti possono assumere varia forma e dimensione, e lavorano tra 5 e 30 cm. Questa è certamente la categoria di erpici più energivora, ma al contempo è quella con la quale si ottiene il più elevato livello di amminutamento del terreno.

 

I rulli

Quasi tutti gli erpici possono essere completati posteriormente con rulli di diversa foggia, che effettuano un arieggiamento, un ulteriore sminuzzamento e un pareggiamento superficiale del suolo. Sono di solito movimentati per trascinamento sul terreno e sono talvolta sfruttati anche per regolare la profondità di lavoro. In funzione delle caratteristiche del terreno e del suo stato superficiale, possono essere proficuamente impiegati rulli a gabbia, a spuntoni, packer o a spirale.

In particolare, quello a gabbia lavora bene in terreni poco umidi, al contrario di quello a spuntoni che è indicato per suoli bagnati, in quanto è caratterizzato da un ottimo drenaggio. Per aumentarne l’efficacia, il rullo a spuntoni può essere corredato da una barra con raschietti che stacca la terra che eventualmente dovesse aderirvi. Il rullo packer  è invece “universale”, ovvero adatto ad ogni tipo di terreno; ulteriore sua peculiarità è quella di compattare i terreni molto leggeri: questi ultimi parimenti si avvalgono dell’azione del rullo a spirale, quando non è necessario effettuare un compattamento superficiale.

I materiali per l’affidabilità e la durata

La sfida principale per i costruttori è relativa alla durata degli erpici, specie per ciò che concerne gli organi lavoranti quando devono operare in terreni ricchi di silice. Si pensi che se realizzati in acciaio comune i denti diventano inutilizzabili anche solo dopo poche decine di ore di funzionamento.

Diviene quindi imprescindibile fare ricorso ad acciai di altissima qualità, con elevata durezza superficiale; indicate allo scopo sono leghe contenenti piccole percentuali di cromo, molibdeno, cobalto, nichel, vanadio e carburi di titanio.

Il tutto deve essere completato con trattamenti termici di autoindurimento, in grado di far resistere i pezzi agli urti continui cui sono sottoposti.

In tal modo, si ottengono risultati estremamente lusinghieri, con una durata 8-10 volte superiore rispetto all’impiego di un acciaio di media qualità, come ad esempio il tipo Fe430.

Inoltre, la maggior durata del profilo dei taglienti permette di lavorare il terreno con una drastica riduzione dei consumi energetici.

Sebbene i leader mondiali in termini di unità prodotte siano alcune aziende del Nord Europa, nel nostro Paese opera un notevole numero di costruttori di erpici, che comprende sia aziende strutturate che piccole realtà artigianali; queste ultime ben si prestano se necessario a realizzare il prodotto “su misura” per soddisfare ogni singola esigenza.

Nell’ambito nazionale, ci sono aziende che esportano in modo competitivo anche più del 90% della loro produzione, grazie alla combinazione vincente di una manodopera dal costo ragionevole (rispetto agli standard nord europei) e soprattutto al livello eccelso della qualità e dell’efficienza di lavoro svolto.

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