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Tecnica

I sensori per la mungitura di precisione

I sensori implementati sugli impianti e sui robot di mungitura rappresentano un valido aiuto per una gestione moderna dell’azienda zootecnica. Tali sensori garantiscono non soltanto la sostenibilità economica ed ambientale, ma anche la sicurezza e la qualità delle lavorazioni in stalla e del prodotto finale

di Aldo Calcante
marzo - aprile 2024 | Back

La Zootecnia di Precisione (nota in inglese con l’acronimo “Precision Livestock Farming”, PLF) consiste nell’applicazione di tecnologie e metodologie ingegneristiche per monitorare, creare modelli e gestire la produzione, la riproduzione, il benessere e la salute dell’animale. Il suo presupposto è noto: le numerose e complesse necessità tecniche, economiche e normative che ruotano attorno alla produzione zootecnica, così come la costituzione di allevamenti di dimensioni sempre maggiori, hanno di fatto obbligato gli allevatori ad introdurre in azienda sistemi automatici per monitorare e gestire i principali processi produttivi. Lo scopo principale è quello di soddisfare sia gli interessi degli allevatori che le aspettative dei consumatori, al fine di immettere sul mercato prodotti di origine zootecnica ottenuti con metodologie a ridotto impatto ambientale e con elevati standard di salute e di benessere animale. Il tutto, a prezzi accessibili.

L’essenza della PLF è quindi consentire la gestione dell’allevamento mediante un sistema integrato di sensori e di software che permettano in automatico il monitoraggio di macchine e animali, nonché l’elaborazione dei dati raccolti e la loro successiva archiviazione in appositi sistemi informativi aziendali, con l’obiettivo di affinare la capacità decisionale dell’allevatore.

I dispositivi di PLF implementabili in un allevamento bovino da latte sono molteplici, ma in generale rientrano in 4 macro-categorie: a) sensori per la valutazione quali-quantitativa del latte prodotto; b) sensori e metodi per la verifica della sanità della mammella; c) dispositivi per il controllo della fertilità, della mobilità e, più in generale, della sanità della bovina; d) sistemi per il monitoraggio della qualità della razione alimentare e della sua efficienza.

Per ciò che concerne le prime due categorie, fino a pochi anni fa era il laboratorio chimico l’unica soluzione per ottenere informazioni relative alla qualità del latte e alla salute della mammella delle bovine: tale procedura era (ed è tuttora) complessa e poco pratica. Occorre infatti raccogliere i campioni presso gli allevamenti e trasportarli il più rapidamente possibile (e in condizioni ottimali di conservazione) alla sede di analisi, attendendo poi il responso. Tale procedura, di certo in grado di fornire risultati più che attendibili (il laboratorio può essere infatti considerato il “gold standard” per l’affidabilità dei risultati), pecca tuttavia di tempestività: un conto è attendere un’analisi qualitativa del latte in termini di componenti nutrizionali, un altro è una diagnosi di mastite, che richiede un trattamento sanitario il più precoce possibile.

I sensori per la misura della produzione di latte. Agli albori della mungitura meccanizzata, l’unico componente in grado di misurare la produzione individuale di ogni capo era il vaso misuratore, installato in corrispondenza di ogni posta di mungitura.

Nelle prime versioni, il contenitore era in vetro, dotato di una scala graduata che indicava il volume di latte prelevato nel corso della mungitura: l’allevatore prendeva poi nota manualmente della produzione individuale di ogni capo. Si trattava di un sistema di misura reso incerto dalla presenza di schiuma, che rendeva difficoltoso il corretto rilievo del livello di latte. Pertanto, le versioni successive hanno implementato sistemi automatici come la collocazione di celle di carico estensimetriche sotto il vaso, o misuratori di livello a galleggiante al suo interno, oppure ancora flussimetri a palette sui tubi che collegavano i vari vasi col lattodotto. Ad oggi, nelle sale e sui robot di mungitura si impiegano flussimetri in grado di rilevare in tempo reale sia il flusso di latte istantaneo che la produzione, addirittura per singolo quarto. Prima dell’avvento, a costi ragionevoli, dell’elettronica, nelle sale di mungitura i sistemi più diffusi erano i lattometri a porzioni costanti e a porzioni variabili. In entrambi i casi si tratta di strumenti elettro-meccanici che misurano o il numero di svuotamenti di apposite vaschette contenenti una massa o un volume noto di latte, oppure la quantità di latte che si accumula nella camera del sensore mediante l’impiego di galleggianti o di celle di carico. Lo stato dell’arte odierno dei flussimetri è rappresentato dai modelli a flusso continuo, nei quali il flusso di latte viene misurato mediante una matrice a infrarossi.

In pratica, il latte attraversa un breve condotto di sezione nota, preceduto da un piccolo sifone che ha il compito di interrompere il flusso del fluido inserendovi all’interno delle bolle d’aria (generando una lieve turbolenza detta “flusso a tappi”). Grazie alla presenza di queste bolle, la matrice di sensori all’infrarosso misura la velocità con cui il latte si muove all’interno del condotto. Il prodotto della velocità misurata per la sezione (nota) del condotto fornisce il flusso istantaneo del latte. A prescindere dal principio di funzionamento, tutti i sensori impiegati per la misura del flusso e della produzione di latte devono essere certificati dall’ICAR (International Committee for Animal Recording), un’organizzazione internazionale non governativa finalizzata a promuovere lo sviluppo e il miglioramento dell’identificazione degli animali, della registrazione delle prestazioni e della valutazione della produzione degli animali da allevamento.

I sensori per la misura della qualità del latte. È oggi possibile valutare la qualità del latte direttamente in azienda, tramite la tecnologia NIR. Accanto al lattometro, un sensore NIR analizza in tempo reale il latte di ogni animale ad ogni sessione di mungitura.

L’analisi si basa sulla spettroscopia nel vicino infrarosso: durante la mungitura, il latte è attraversato da un fascio luminoso e, in base alla rifrazione della luce, il sensore NIR determina su tutta la massa di latte munto la sua qualità in termini di grasso, proteine, lattosio e eventuale presenza di sangue, senza la necessità di prelevare campioni e utilizzare reagenti, e quindi senza dover scartare del prodotto a causa di pretrattamenti con prodotti chimici. Si tratta di una tecnologia rapida, non distruttiva e non invasiva, che restituisce risultati affidabili non solo riguardo alla qualità del latte, ma anche ad alcuni aspetti relativi alla salute della bovina (ad es. valori anomali del rapporto grasso/proteine possono indicare una possibile chetosi, la presenza di sangue nel latte può indicare una possibile mastite o un trauma a carico della mammella, ecc.). Si tratta in ogni caso di una tecnologia applicabile sia in sala di mungitura che nel robot; nel caso della sala la sua implementazione è più onerosa, dato che occorre installare un sensore NIR per ogni posta, mentre nel caso del robot è sufficiente un analizzatore per unità di mungitura.

I sensori e i metodi per la verifica della sanità della mammella. Ad oggi sono numerosi i sistemi per l’individuazione precoce delle patologie della mammella, la più importante delle quali è senza dubbio la mastite. Uno dei metodi disponibili si basa sulla misura della conducibilità elettrica (CE) del latte. Oltre all’aumento delle cellule somatiche, la mastite comporta anche un aumento della CE del latte munto dal quarto affetto dall’infezione, perché varia la sua concentrazione ionica; in particolare, rispetto ad un latte sano si ha un aumento di sodio e cloro e una diminuzione di potassio. Il metodo è relativamente semplice, ma non è completamente affidabile, dato che la conducibilità elettrica del latte può essere influenzata da fattori esogeni quali la temperatura, lo stadio di lattazione, la concentrazione di grasso, l’intervallo di mungitura e la razza. In ogni caso, tale misura comporta interessanti potenzialità in termini predittivi e diagnostici, dato che tale parametro può essere misurato in modo automatico e continuo durante la mungitura, permettendo così un monitoraggio costante dello stato sanitario della bovina durante l’intera lattazione. Un’altra tipologia di sensore, spesso presente nei robot, si basa sulla conta delle cellule somatiche in un campione di latte. è un sistema piuttosto complesso, in cui un campione di latte viene prelevato nel corso della mungitura e miscelato con alcuni reagenti, che colorano il nucleo delle cellule somatiche. Questo mix viene quindi inserito nello strumento di misura, in cui le cellule somatiche vengono contate mediante un microscopio elettronico a fluorescenza, restituendo all’allevatore il loro valore.

Un ulteriore metodo, sempre implementabile soprattutto nei robot, prevede un’analisi della viscosità del latte, che in presenza di mastite tende a coagulare. Si tratta peraltro di un principio già ampiamente sfruttato dai mungitori per la diagnosi della malattia. Tecnologicamente meno complesso rispetto al precedente, questo sistema si basa sulla misura della viscosità di un determinato volume di latte miscelato con un reagente. Il valore rilevato viene correlato al numero delle cellule somatiche presenti, espresso in cellule/ml di latte.

La frequenza di campionamento in entrambe le soluzioni illustrate varia in base allo stato di salute della bovina. Ciò permette di effettuare analisi solo quando sono ritenute necessarie, e quindi risparmiare sui costi del reagente.

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