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Meccanizzazione in Australia, un settore in espansione

La dodicesima economia mondiale continua a crescere, e lo fa anche nel segno dell’agricoltura e della meccanizzazione d’avanguardia. Le previsioni indicano che nei prossimi cinque anni il settore dovrebbe crescere del 7,3% l’anno fino a raggiungere un valore di 4,5 miliardi di dollari australiani

di Federico Valentini
marzo - aprile 2024 | Back

Perdersi in Australia dà un delizioso senso di sicurezza». Il più grande viaggiatore del ‘900, Bruce Chatwin, parlava così di un Paese che vale un continente con i suoi 7,6 milioni di km2 (circa 26 volte l’Italia) ma che ospita poco più di 26 milioni di abitanti, decisamente meno della metà della popolazione italiana. Un posto lontano, complesso e con una natura aggressiva ma anche in sviluppo e fortemente aperto al mercato mondiale. Non a caso l’Australia è la dodicesima economia del pianeta con un PIL di 1.600 miliardi di dollari e con una crescita che il Fondo monetario internazionale ha fissato all’1,6% nel 2023 e stima all’1,7% nel 2024. Non i livelli indiani e cinesi, ma pur sempre valori più che doppi di quelli stimati nel Vecchio Continente. Il quadro macroeconomico è complessivamente stabile: preoccupano l’inflazione in crescita, gli aumenti dei mezzi di produzione e quelli del costo del lavoro, ma i volti degli operatori economici, imprenditori agricoli compresi, sono improntati al sorriso. Grazie anche alla forte predisposizione all’export e a un dollaro australiano che ha dimenticato da tempo le fasi volatili e rimane una leva per la competitività delle imprese sui mercati.

Australia, un’agricoltura iper-estensiva. In questo scenario il ruolo dell’agricoltura rimane di rilievo. Alcuni numeri, ricavati dall’Australian Agricultural Machinery Market Report 2023, realizzato da FederUnacoma in collaborazione con KG2 e l’Agenzia ICE, forniscono un quadro dettagliato dell’universo di Canberra. L’agricoltura australiana nel 2022-2023 valeva circa 92 miliardi di dollari australiani (al cambio attuale indicativamente 60 miliardi di euro) realizzati da poco meno di 90 mila imprese agricole su 360 milioni di ettari. E qui emerge un dato ‘hors categorie’: la superficie media è superiore ai 4 mila ettari. Il settore agricolo rappresenta l'11,6% delle esportazioni di beni e servizi, il 2,4% del Pil e occupa il 2,5% della forza lavoro. Esclusa la produzione forestale, le attività agricole occupano il 55% della superficie australiana. Già da questi numeri appare evidente la caratteristica iper-estensiva del settore. In gran parte impegnato a soddisfare i bisogni alimentari degli oltre 24 milioni di capi di bestiame ai quali si aggiungono 68 milioni di ovini. E così ci troviamo di fronte a quasi 25 milioni di ettari a seminativo, in cui fanno la parte del leone i 13 milioni di ettari a grano e i 5 milioni di ettari a orzo, con il contorno di oltre 3 milioni di ettari a colza e quasi 1,2 milioni di ettari a fieno e insilati. L’imprinting rimane evidente. Ma va rimarcata la tendenza al cambiamento del peso dei diversi settori: crescono prodotti orticoli, semi oleosi e leguminose, arretrano i settori tradizionali come quelli della lana e del latte.

Aziende sempre più grandi. Un’evoluzione, questa, che ha interessato anche le aziende agricole, il cui numero si è fortemente ridotto negli ultimi decenni in parallelo al progressivo aumento delle dimensioni medie. A farne le spese sono stati i piccoli agricoltori, non in grado di sopportare gli effetti di un cambiamento climatico che in Australia pare aver giocato d’anticipo. Temperature estreme e precipitazioni invernali ridotte al lumicino hanno messo a dura prova le performance agricole, tanto che il Report, ricordando anche il sensibile aumento dei costi di produzione, evidenzia una contrazione dei profitti agricoli del 23% nel periodo 2001-2020. Decremento che ha avuto come conseguenza l’ampliamento delle superfici e del volume d’affari delle singole imprese agricole: la grande dimensione è diventata la prima e probabilmente l’unica risposta alla riduzione dei margini. Peraltro, dopo due anni record in cui si è raggiunta la sopraccitata quota di 92 miliardi di dollari australiani, il 2023, caratterizzato da una siccità cronica e invasiva, ha registrato una contrazione del 14% fermando il valore aggiunto attorno agli 80 miliardi di dollari e allontanandosi sensibilmente dall’obiettivo dichiarato del governo: 100 miliardi di dollari entro il 2030.

Una congiuntura complessa. E così, a fronte di fondamentali di lungo periodo tutti in terreno positivo, la congiuntura a breve relativa alle previsioni 2023-2024 vede una sequenza di segni meno, spesso a due cifre. La produzione di frumento dovrebbe diminuire del 36% e arrivare a 25,4 milioni di tonnellate, del 4% inferiore alla media decennale. Calo non compensato dai prezzi, in diminuzione tendenziale del 7%. Sulla stessa lunghezza d’onda l’orzo, con una produzione in contrazione del 26% a 10,5 milioni di tonnellate e prezzi in calo del 10%. Ancora più evidente è la contrazione della colza, con la produzione giù del 38% a 5,2 milioni di tonnellate, mentre la diminuzione produttiva è un po’ meno marcata per il cotone (-8%). Per converso alcuni settori continuano la propria fase espansiva. È il caso dell’orticoltura che, quasi indifferente al problema siccità, aggiunge un miliardo al valore della produzione e tocca il nuovo record storico di 18 miliardi di dollari australiani. Visi sereni anche fra i produttori di zucchero (di canna) che, forti del consolidamento al rialzo del prezzo mondiale, migliorano di 300 milioni di dollari il valore aggiunto del comparto.

Il sostegno statale. Sono diversi i programmi statali a sostegno del settore agricolo. Il più consistente (660 milioni di dollari australiani finalizzati al raggiungimento dei 100 miliardi di produzione agricola entro sei anni) è Ag2030 e prevede una serie di iniziative a sostegno di commercio ed esportazioni agricole con un impatto anche sulla meccanizzazione, grazie a finanziamenti diretti per l’acquisto di attrezzature e fondi destinati a favorire l’accesso ai mercati. Altri 150 milioni di dollari arrivano dall’iniziativa AgResults, destinata prioritariamente ai piccoli e medi agricoltori. Oltre all’introduzione di cultivar più performanti, AgResults sostiene iniziative finalizzate alla riduzione delle emissioni di gas e, soprattutto, promuove l’adozione di tecnologie di meccanizzazione innovative in grado di migliorare efficienza e redditività delle piccole imprese agricole. Nel bilancio statale 2023-2024 sono stati poi destinati 1,5 miliardi di dollari per una serie di iniziative finalizzate a limitare l’impatto del clima sul sistema economico. Di questi, 302 milioni arriveranno al settore agricolo per pratiche sostenibili e rispettose dell’ambiente.

E la meccanizzazione agricola? Grazie anche al programma Temporary Full Expensing (TFE), conclusosi nel 2023, che prevedeva rilevanti incentivi fiscali sull’acquisto di mezzi di produzione, nel 2022 il mercato dei trattori australiano ha toccato il proprio acme con 17.700 unità vendute, due miliardi di dollari di volume d’affari e una crescita del 33% sulla media quinquennale (nel 2019 arrivarono sul mercato poco più di 11 mila trattori). Dopo il picco del 2022, con tutte le classi di potenza in sensibile crescita, il 2023 ha registrato una fisiologica frenata, con un calo più marcato nella classe di potenza compresa fra i 40 e i 100 Cv (-19%).

Meccanizzazione agricola in espansione. Ma, come si diceva, i fondamentali sono buoni e l’ottimismo regna nelle previsioni dei costruttori di macchine agricole e degli operatori del comparto. Il settore dovrebbe infatti registrare una crescita rilevante passando da un giro d’affari di 3,15 miliardi di dollari (2023) ai 4,48 miliardi di dollari entro il 2028, con un tasso di crescita annuo composto del 7,3%. Prospettive positive sulle quali incidono anche i grandi competitor mondiali. Non è un dettaglio che il mercato trattori sia per 1,4 miliardi di dollari d’importazione. Segmento in cui gli Stati Uniti fanno la parte del leone con una quota di mercato pari al 33% (470 milioni di dollari). Seguono con un valore di 246 milioni la Germania (quota del 18%) e, a distanza, Francia (8%), Giappone (7%), Regno Unito (7%), Italia (6%). Peraltro il made in Italy fa registrare un forte tasso di crescita: nel 2020 il valore delle esportazioni di trattori italiani in Australia era di circa 45 milioni, a fine 2022 sfiorava gli 80 milioni di dollari. E c’è anche una classifica in cui l’Italia è al vertice: quella relativa alle macchine e alle attrezzature per la preparazione del suolo. Le importazioni australiane dal nostro Paese sono quasi triplicate nell’ultimo triennio passando da 9 a 25 milioni di dollari australiani, cosa che fa detenere alle imprese costruttrici italiane una quota del 30%. Quasi tutti i medi e grandi player mondiali del settore agromeccanico hanno centri di distribuzione e filiali in Australia, praticamente nessuno ha stabilimenti di produzione (Mahindra ha una factory per l’assemblaggio). Considerando la vivace ma frammentata presenza di costruttori locali le opportunità di crescita per l’export sul mercato appaiono interessanti. Perché l’Australia rimane lontana, ma diventa sempre più attraente.

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