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Tecnica

Attrezzature innovative per l'olivicoltura

La coltivazione dell’olivo riveste in Italia un ruolo di grande importanza sia per le quantità prodotte sia per la qualità della produzione. La ricerca di soluzioni che ottimizzino le lavorazioni ha portato alla creazione di impianti superintensivi che presentano, in luogo delle tradizionali piante singole, delle pareti produttive, dove le operazioni colturali risultano interamente meccanizzate

di Simone Pascuzzi
giugno 2020 | Back

L’olivicoltura riveste notevole importanza nel settore agroalimentare a livello nazionale e internazionale. Va ricordato infatti che nel bacino del mediterraneo, in cui la produzione di olive corrisponde ad oltre i tre quarti di quella mondiale, l’Italia è con Spagna, Tunisia e Grecia uno dei big player sulla scena. In ambito italiano, nel 2019 è stata stimata una superficie totale olivicola di 1.162.483 ha e una produzione complessiva di olive raccolte di circa 25.786 t (Fonte Istat, 2019). Emerge da questi dati il ruolo fondamentale della Puglia nel panorama italiano, in quanto contribuisce nella misura del 33,6% alla formazione del valore della produzione olivicola italiana. Peraltro, con 381.100 ettari coltivati ad olivo, pari a circa il 33% del totale nazionale, la Puglia è la prima regione in termini di superficie dedicata a questa coltura (Figura 1).

I sistemi di coltivazione dell’olivo maggiormente diffusi in Italia sono di tipo tradizionale o a bassa densità (<200 alberi/ha) anche se a partire dagli anni sessanta del secolo scorso, con l’introduzione della raccolta meccanica dall’albero e la conversione in irriguo, si sono espansi i sistemi intensivi o specializzati o a media densità (250-500 alberi/ha). Questi sistemi intensivi hanno in qualche modo sopperito alla generale richiesta di riduzione dei costi di gestione degli oliveti, anche se le operazioni di potatura richiedono un’esecuzione manuale e la raccolta meccanica avviene a pianta singola. Questi limiti sono superati con i moderni sistemi ad alta densità o superintensivi (>1000 alberi/ha), che dal concetto di albero singolo transitano a quello di parete produttiva continua (vedi foto). Tali impianti sono idonei alla potatura meccanica e all’impiego di macchine da raccolta scavallatrici, a maggiore produttività del lavoro, efficienza e multifunzionalità. In realtà, la disposizione delle piante nell’olivicoltura ad alta densità consente una meccanizzazione integrale delle operazioni colturali, con una ricaduta positiva sui costi di produzione delle olive raccolte e sulla loro qualità.

Gli oliveti superintensivi si prestano anche all’utilizzo di attrezzature che sono da considerarsi innovative per il comparto. Già dalla fase di progettazione dell’impianto, ad esempio, codici CAD che utilizzano informazioni georeferenziate delle micro variazioni geo-pedo-climatiche, potrebbero consentire uno studio preventivo, anche con simulazioni numeriche, della struttura definitiva dell’impianto.

La successiva messa a dimora delle piantine auto-radicate di olivo viene già effettuata con trapiantatrici meccaniche dotate di sistema laser che, ottimizzando la posa rispetto alla gestione manuale, permette un corretto allineamento del dispositivo di trapianto sulla fila, con un errore contenuto entro i 3 centimetri. In funzione del modello, queste macchine operano il trapianto su una fila o su due file contemporaneamente. I limiti di tale tecnologia sono riconducibili essenzialmente ai vincoli di visibilità fra l’emettitore e il ricevitore, ai terreni che devono essere regolari dal punto di vista orografico e agli elevati tempi morti dati dalle fasi di ri-posizionamento all’inizio del filare. Le trapiantatrici che impiegano sistemi di posizionamento globale RTK-DGPS rappresenterebbero una valida innovazione, in quanto sono in grado di automatizzare integralmente le fasi di posa, con una precisione di ± 1 cm.

La potatura, insieme alla raccolta, costituisce l’operazione che incide maggiormente sulla redditività e sulla qualità della produzione. Essa è essenziale per la gestione dell’intero sistema colturale ad alta densità, perché da un lato consente la formazione del filare continuo mantenendolo nei limiti dimensionali imposti dalla macchina raccoglitrice utilizzata e, dall’altro, garantisce la stabilità produttiva di 7-10 t di olive/ha il più a lungo possibile. La potatura meccanica dell’uliveto ad alta densità è legata a due esigenze contrastanti: il rispetto della ramificazione produttiva e, nello stesso tempo, il restringimento delle dimensioni trasversali della chioma (larghezza e altezza) entro limiti compatibili con le sezioni dei tunnel di raccolta, variabili nelle diverse macchine raccoglitrici e, per ciascuna di queste, con le regolazioni effettuate. La potatura è generalmente condotta attraverso l’esecuzione di tre operazioni meccanizzate (topping, hedging e spollonatura), integrate o meno da un’operazione manuale di diradamento. Le operatrici impiegate per questi interventi sono derivate dalle potatrici a dischi dentati impiegate da tempo in frutticoltura e olivicoltura tradizionale. In pratica, si utilizzano potatrici meccaniche articolate a dischi rotanti o a barra di taglio, accoppiate anteriormente a trattrici. Esse sono infatti munite di uno o due bracci provvisti ciascuno di una serie di dischi o di barra a taglio bilama che, agendo nell’interfilare, effettuano un efficace e preciso lavoro di hedging e topping (vedi foto).

Innovazioni nell’ambito della potatura si otterrebbero facendo uso anche per questa operazione di strumentazioni di precisione, in grado di geo-referenziare le quantità di biomassa potata. A questo riguardo, prove sperimentali si sono svolte con droni muniti di sensori, per il rilevamento di immagini multi-spettrali, la cui successiva elaborazione con algoritmi appositamente realizzati, ha condotto alla redazione di mappe sulla quantità di biomassa e sulla forma della vegetazione (Figura 2).

La gestione dei fertilizzanti con tecnologie «a rateo variabile» (VRT) sarebbe una novità per gli oliveti superintensivi, rilasciando una portata di concime proporzionale all’avanzamento e all’area omogenea. Come è noto, le macchine spandiconcime a rateo hanno il sistema di dosaggio usualmente formato da 3 elementi principali: un ricevitore GPS, una centralina elettronica con terminale video, sulla quale è memorizzata una mappa di prescrizione, e dei dispositivi per il controllo degli organi di distribuzione. Altre macchine utilizzano, invece, il protocollo di comunicazione ISOBus collegato al computer di bordo del trattore, sensori di velocità e di portata del concime e attuatori con elettrovalvola proporzionale.

Le macchine ad aeroconvezione sono usualmente utilizzate per irrorare le miscele di agrofarmaci, trasportate e orientate da una corrente d’aria generata da ventilatori assiali, centrifughi o tangenziali. Gli orientamenti costruttivi innovativi mirano alla realizzazione di soluzioni tecnologiche in grado di massimizzare la quantità di miscela che raggiunge il bersaglio, riducendo al contempo le perdite per deriva. Gli ugelli antideriva ne sono un esempio, in quanto producono gocce contenenti bolle d’aria che frantumandosi a contatto con la superficie fogliare aumentano la superficie coperta; mentre le irroratrici a carica elettrostatica facilitano il deposito del prodotto sulla vegetazione, riducendo la deriva, in seguito a cariche elettriche opposte che si generano tra bersaglio e goccioline di miscela. Molteplici novità, inoltre, prevedono la disposizione degli ugelli in prossimità della vegetazione, in modo da contenere al minimo la frazione di goccioline che va oltre la parete fogliare o la presenza di convogliatori che orientino il getto d’aria in prossimità della vegetazione. Negli oliveti superintensivi sarebbe peraltro auspicabile l’utilizzo di irroratrici che dirigano i flussi d’aria orizzontalmente, verso la parete fogliare del filare; sarebbe per altro verso desiderabile un maggior utilizzo di irroratrici a recupero o a tunnel. Come è noto, queste macchine “coprendo” l’intera parete fogliare, intercettano e riciclano la frazione di goccioline che non si deposita sulla vegetazione. Le due pareti contrapposte, infatti, recuperano la miscela in eccesso (superiore al 50% rispetto alla irrorata) che, dopo adeguato filtraggio, viene inviata nuovamente al serbatoio principale per essere riutilizzata. Nel comparto delle irroratrici vengono sempre più utilizzati dispositivi elettronici e sensori, per una regolazione automatizzata delle portate erogate. Ad esempio, in alcune tipologie di irroratrici, sensori a ultrasuoni rilevano la presenza e la densità della vegetazione e appositi attuatori provvedono quindi a chiudere o parzializzare l’erogazione della miscela. In altre macchine viene utilizzato un GPS e quindi, senza intervento dell’operatore, vengono attivati o disattivati gli ugelli in funzione della posizione in campo dell’irroratrice. Il passo è breve con questi dispositivi per realizzare mappe di trattamento. La raccolta è indiscutibilmente l’operazione che incide maggiormente sul costo complessivo della coltura e, in funzione delle modalità con cui viene effettuata, può compromettere la qualità del prodotto. Negli oliveti superintensivi la raccolta è effettuata “in continuo” con un cantiere composto da due operatori, utilizzando macchine raccoglitrici scavallanti semoventi o trainate. Queste consentono un notevole innalzamento della produttività oraria del lavoro pari a 1800-3000 kg per operaio e la forma di allevamento consente di raccogliere un ettaro in 2 ore.

Queste raccoglitrici dispongono di un sistema di livellamento idraulico per l’impiego su terreni scoscesi e sono multifunzionali, ovvero è possibile collegare moduli per meccanizzare altre operazioni colturali, risparmiando notevolmente anche per questi lavori: lavorazioni del terreno, potatura, diserbo meccanico, trattamenti antiparassitari, concimazione.

Un’innovazione particolarmente utile nella fase di pre-raccolta è oggetto di un progetto attualmente in esecuzione presso il Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali dell’Università di Bari Aldo Moro. Esso consiste nella messa a punto di un software per il riconoscimento del colore delle olive sulla base di dati rilevati da sensori ottici; questi sensori, montati su appositi robot o su trattore, rileverebbero immagini durante il transito di questi mezzi negli interfilari dell’oliveto. La loro successiva elaborazione con il software realizzato consentirebbe la realizzazione di mappe georeferenziate sul grado di maturazione delle olive, utili per una successiva fase di raccolta differenziata.

In conclusione, l’utilizzo nei sistemi olivicoli superintensivi di attrezzature con tecnologie innovative renderebbe maggiormente soddisfacente il livello di meccanizzazione con ricadute ampiamente positive sulla sostenibilità di questa moderna intensificazione colturale.

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