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Tecnica

La raccolta meccanica, fra tradizione e innovazione

L'olivicoltura rappresenta uno dei settori tradizionali dell'agricoltura italiana, capace di esprimere una produzione di altissimo livello. La maggiore concorrenza da parte di altri Paesi produttori spinge il sistema italiano ad acquisire tecnologie più moderne, in grado di ottimizzare la raccolta senza danneggiare le piante. Numerose innovazioni tecnologiche sono state sviluppate per venire incontro alle più diverse esigenze produttive

di Giuseppe Zimbalatti, Bruno Bernardi, Sergio Castro-Garcia
ottobre 2017 | Back

In olivicoltura, la raccolta delle drupe risulta essere la fase più impegnativa dal punto di vista economico-organizzativo, per via dell’elevata richiesta di manodopera, del ristretto periodo utile per la sua esecuzione (soprattutto se l’obiettivo è ottenere oli di alta qualità), e delle spesso ridotte dimensioni aziendali, che influiscono sulla produttività di lavoro dei cantieri impiegati.La razionale meccanizzazione di tale fase può consentire l’abbassamento dei costi di produzione, soprattutto in impianti olivicoli tradizionali o in quelli di piccole dimensioni, che caratterizzano una considerevole parte dell’olivicoltura dei Paesi del Bacino del Mediterraneo. Impianti tradizionali che sono spesso gestiti secondo vecchie consuetudini come, ad esempio, con forme di allevamento che partono da una impostazione a vaso a tre o a quattro branche principali, che a causa (in alcune realtà produttive) della cadenza anche decennale degli interventi di potatura, tendono ad assumere in molti casi la “forma libera” esaltando altresì l’alternanza produttiva. Una olivicoltura questa, da cui deriva un’alta percentuale di olio lampante, che dovrebbe invece tendere sempre più all’innalzamento della qualità, anche attraverso l’impiego di adeguate tecniche di raccolta dalla pianta.

Ma anche gli impianti più moderni, che contano oltre 300 piante/ha, risentono a volte di un livello di meccanizzazione non adeguato alle potenzialità esprimibili dall’impianto stesso, in virtù delle difficoltà di investimento, da parte soprattutto dei piccoli produttori, ad acquisire le più diffuse tecnologie.

Nell’attuale contesto olivicolo internazionale, che vede alcuni Paesi incrementare le proprie produzioni, anche al di fuori del bacino del Mediterraneo, ed attuare aggressive politiche di mercato, quello del perseguimento di una maggiore competitività diventa un obiettivo prioritario. L’innovazione tecnologica deve essere uno degli obiettivi da perseguire, e in questo diventa centrale il tema dell’efficacia delle risorse impiegate e della riduzione dei costi di produzione. Su tali presupposti si basa il nuovo modello denominato superintensivo, caratterizzato da un’elevata densità d’impianto (fino a 2.000 ed oltre piante/ha) e il cui vantaggio principale consiste nell’elevata efficienza della raccolta meccanica, realizzata in continuo mediante l’impiego di macchine scavallatrici, utilizzate da tempo e con eccellenti risultati per i lavori nei vigneti, equipaggiate con speciali moduli operativi al fine di renderle adatte anche alla raccolta delle olive. Tale sistema, basato sul presupposto che solo una meccanizzazione integrale della raccolta può garantire la massima efficienza economica nella coltivazione dell’olivo, associata alle tecniche di controllo della crescita vegetale e della produzione, cerca di rispondere quindi alla necessità di sostenibilità economica del settore. Il cantiere di lavoro con l’impiego di queste macchine è costituito infatti da due operai, di cui uno alla guida della scavallatrice e l’altro addetto al rimorchio entro il quale viene scaricato il prodotto raccolto. Ciò consente un sensibile abbattimento delle spese sostenute per la raccolta, nel pieno rispetto del prodotto.

Ma se tale modello rappresenta oggi una visione “spinta” del concetto di meccanizzazione, ciò non toglie che anche le “classiche” macchine per la raccolta, che trovano la massima espressione negli scuotitori, stanno attraversando oggi una nuova fase di fermento. Attenzione crescente, ad esempio, viene data ai materiali di serraggio delle pinze della testata.Accanto ai classici materiali termoindurenti pieni o forati, annoveriamo soluzioni alternative da parte delle case costruttrici, come il loro riempimento con aria compressa o il rivestimento con materiali compositi. Tra le sperimentazioni in corso da parte del mondo accademico portiamo ad esempio come, nell’ambito del progetto “Mecaolivar” realizzato dall’Università di Cordoba (Spagna), sia stata realizzata una testata con regolazione della frequenza di vibrazione controllata elettronicamente e materiale di aggancio ripieno di olio.

In linea generale, testate con due pinze di serraggio si dimostrano più flessibili, in quanto possono utilizzarsi su tronchi di dimensioni diverse, ma limitano la trasmissione della vibrazione ai due punti di contatto. Tre pinze, trasmettono meglio la vibrazione alla pianta, riducendo il rischio di danno alla corteccia; tuttavia, questo diventa più vincolante per le dimensioni del tronco.

Oggi l’offerta delle case produttrici sul mercato degli scuotitori è molto ampia, dalle semoventi a quelle ad ombrello rovescio, che trova ragion d’essere nelle molteplici tipologie di impianti olivicoli esistenti. La grande diffusione che queste macchine hanno è consequenziale alle alte produttività conseguibili dal loro impiego, derivante anche della loro elevata manovrabilità ed affidabilità. La scelta tra una macchina semovente o accoppiata alla trattrice dipende dalla capacità di investimento iniziale ed ai relativi costi di ammortamento. La scelta se optare per macchine di piccole o grandi dimensioni dipende innanzitutto dalla dimensione delle piante su cui effettuare la raccolta. Solitamente la potenza disponibile è un elemento importante nel determinarne l’efficienza di lavoro, e sono consigliate le macchine dai 70 kW in su.

Una delle esigenze più sentite resta quella di riuscire a garantire il reciproco adattamento tra la macchina e la pianta, in modo tale che quest’ultima possa recepire adeguatamente le vibrazioni imposte dallo scuotitore nell’intento di massimizzare la resa di distacco dei frutti e minimizzare i danni al tronco. Una buona macchina deve garantire che almeno l’80% delle drupe possa essere raccolto. Se la raccolta viene effettuata presto, al fine di aumentare la qualità del prodotto finale, sono richieste vibrazioni più elevate e masse più grandi, in grado di generare accelerazioni superiori a 200 m/s2. Fissato il tempo di scuotitura ideale, sono da preferire ripetizioni di breve durata rispetto ad un singolo moto vibrazionale: due vibrazioni corte sono consigliabili rispetto ad una singola della medesima durata. I danni al tronco, ricordiamo infine, non sono causati dal modello di macchina impiegata, ma da un uso scorretto della stessa: come il ricorso ad un conducente poco esperto, che determini una vibrazione di durata eccessiva o un errato aggancio al tronco, o l’eccessivo consumo dei materiali impiegati. Inoltre, una cattiva gestione dell’impianto può svolgere un ruolo di primo piano: ad esempio il rilascio di polloni che rendono poco efficiente la presa, così come un potatura non adeguata, o peggio, non effettuata.

Laddove si abbandonino i sistemi di raccolta da terra, e la bassa qualità degli oli che da questa derivano, in favore di quella dalla pianta, soprattutto di medio-piccole dimensioni, soluzioni interessanti risultano gli agevolato riportati dagli operatori, soprattutto pneumatici, che si presentano sotto molteplici tipologie, dai pettini ai bacchiatori. Negli ultimi anni, tuttavia, l’innovazione maggiore sta riguardando lo sviluppo di macchine semoventi in grado di operare sulla chioma e non sul tronco, soprattutto in impianti tradizionali, nell’ottica di una loro conversione a finalità sempre più produttive. Sempre nel progetto “Mecaolivar”, diversi prototipi sono stati realizzati con il fine di garantire un incremento dell’efficienza di raccolta, resa difficile da piante e chiome di grandi dimensioni, difficilmente gestibili da basso.

Emerge quindi da questa breve disamina come, accanto alla voglia di implementare le macchine adatte ad una olivicoltura di tipo moderno, per migliorarne sempre più le prestazioni si affianchila volontà di innovare anche i sistemi di raccolta negli impianti di tipo tradizionale, per tendere ad una qualità sempre crescente. Questo perché, in fondo, l’olivicoltura è, e resta, un settore dall’attrattività immutata, se non crescente.

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