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Giardinaggio

Il verde urbano, una sfida ecologica

L'espansione delle aree urbane pone in primo piano il tema del verde pubblico, necessario per offrire alle popolazioni cittadine una buona qualità della vita. Tra i vari approcci alla progettazione e gestione delle aree verdi, va segnalato anche quello che privilegia lo sviluppo della vegetazione spontanea, proponendo criteri che possano modificare la fruizione degli spazi metropolitani in base alla forma che la vegetazione assume in modo naturale

di Pietro Piccarolo
ottobre - novembre 2018 | Back

Attendibili previsioni attestano che nel 2030 il 70% della popolazione mondiale vivrà in città. Una continua crescita di abitanti e, quindi, di bisogni. Tra questi, specie in una Società civile e avanzata, vi è anche quello di avere una buona qualità della vita, per la quale il verde urbano ha e avrà un ruolo sempre più importante anche in ragione del cambiamento climatico in atto. Occorre perciò superare la concezione del verde urbano di tipo meramente ornamentale e considerarne la valenza multifunzionale, nell’ambito più generale della politica integrata della sostenibilità urbana. In Italia non mancano esempi significativi, come quelli realizzati a Milano nell’area di Porta Nuova e nell’area di City Life. Aree in pieno centro urbano dove i frequentatori, insieme alla bellezza delle nuove costruzioni edilizie, possono percepire l’alto valore ambientale e naturalistico che si è venuto a creare. Porta Nuova rappresenta un progetto di riqualificazione urbana dell’area prospicente la stazione Garibaldi. Nuovi edifici residenziali e centri direzionali, che hanno cambiato lo skyline della zona, ma anche aree verdi, giardini, piste ciclabili e zone pedonalizzate. Rimarchevole la piazza dedicata a Gae Aulenti con i suoi grattacieli ma anche con vasche con lamine di acqua corrente e fontane circolari in grado di limitare significativamente le alte temperature estive. Di grande impatto il Bosco Verticale firmato Stefano Boeri: due grattacieli residenziali rivestiti da piante e arbusti di diverse specie. Anche City Life è frutto di un progetto di riqualificazione dell’area ex Fiera Campionaria, dove ora svettano tre grandi grattacieli, con uno shopping center, inseriti in un parco municipale con tanto verde e anche un orto urbano accessibile al pubblico.

 

Importanza della progettazione

La corretta gestione ecologica della manutenzione del verde, specie per le aree soggette a riqualificazione, richiede anzitutto una corretta fase di progettazione. Questa comporta l’effettuazione di un’analisi preliminare delle caratteristiche e potenzialità del sito, oltre alla valutazione delle essenze vegetali da inserire. La scelta va volta ad assecondare la natura del luogo per cui, oltre alle caratteristiche morfologiche, fisiologiche e fitosanitarie, si deve prendere in esame anche la capacità di adattamento alle condizioni climatiche, in quanto le temperature, il livello di piovosità, il clima umido o secco, sono fattori che condizionano il risultato dell’intervento. Importante è poi la capacità definita di fitness, cioè la capacità delle piante di fornire determinati benefici al sito in cui verranno messe a dimora. É poi necessario coinvolgere nella progettazione i soggetti portatori di interesse, cioè i cittadini, le associazioni e le imprese, al fine di acquisire le necessarie conoscenze sulle esigenze e sulle aspettative locali. Occorre avere ben presente che le scelte fatte nella fase di progettazione hanno ricadute sulle successive fasi di gestione e manutenzione per cui occorre sapere coniugare, a seconda delle situazioni, qualità, tutela ambientale, benessere sociale e economicità.

 

Gestione e mezzi ecologici

La gestione ecologica deve mirare, se non a eliminare, a minimizzare l’impiego dei prodotti chimici al fine di ridurre l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, limitare i consumi idrici anche attraverso il recupero delle acque piovane, migliorare la percezione di benessere dei fruitori e tutelare gli operatori del verde.

Così nella difesa delle piante dai parassiti e dalle infestanti, quando è possibile si ricorre alla lotta biologica, cioè all’impiego di patogeni predatori dei parassiti e delle infestanti.

Per la lotta alle infestanti, oltre alla difesa biologica il cui limite è dato dal fatto che occorre individuare un parassita per ogni malerba, esistono diverse alternative.

Un mezzo è rappresentato dalla pacciamatura che consiste nella copertura del suolo con materiale di origine sintetica o naturale. Con questa soluzione si limita il passaggio dell’aria e della luce per cui si inibisce la nascita delle erbe infestanti e si riduce il consumo idrico. L’impiego di un tessuto non tessuto in polietilene è efficace ma pone il problema del suo smaltimento. In alternativa si possono impiegare film plastici biodegradabili. Nella copertura con materiale naturale si può ricorrere alla paglia, a scaglie di legno di diverse essenze o anche a coperture vegetali. L’impiego come cover crop di alcune specie vegetali, come ad esempio il Trifolium repens, fornisce buoni risultati grazie alla competizione che queste piante esercitano sulle infestanti.

Un mezzo da attuare prima dell’impianto della coltura è quello della solarizzazione. Un telo in polietilene viene steso sul terreno per un periodo minimo di sette giorni. Il calore solare accumulato inibisce le infestanti ed elimina anche funghi e batteri nocivi presenti nel terreno. Occorre avere una buona insolazione ed elevate temperature dell’aria, in quanto il risultato è legato alle temperature che si raggiungono.

Sulle superfici strutturate, quali strade pavimentate o acciottolate, la lotta alle malerbe può essere fatta con mezzi meccanici. La soluzione più diffusa è quella di spazzole rotanti, con lamine in acciaio o polietilene, portate e azionate da motocoltivatori o da piccole trattrici.

Il pirodiserbo è un metodo termico che sfrutta l’effetto della fiamma diretta o del calore indotto. Si viene così a creare uno shock termico che causa la rottura delle membrane citoplasmatiche. Si deve intervenire nello stadio giovanile delle malerbe ed ha minore efficacia sulle graminacee. Possono essere impiegate attrezzature manuali portatili, oppure portate o trainate da trattrici. I bruciatori che producono la fiamma sono generalmente alimentati a gas propano. Poiché il GPL bruciando forma esclusivamente vapore d’acqua e anidride carbonica, se la combustione è corretta non si formano fumi. Il trattamento in area urbana, viene soprattutto attuato sui percorsi e sulle strade pavimentate con lastre o ciottoli.

Nelle suddette condizioni altri metodi termici per la lotta alle infestanti sono rappresentati: dal diserbo con acqua calda (95 °C – 120 °C) polverizzata direttamente sulle malerbe; dal diserbo con acqua calda e schiuma biodegradabile. La schiuma permette di trattenere il calore sul terreno e trasmetterlo all’apparato radicale rendendo così più efficace il trattamento. Un miscuglio che ha dato buoni risultati è quello ottenuto miscelando all’acqua bollente  un derivato dell’olio di colza che lascia sul terreno un residuo schiumoso biodegradabile.

In alternativa ai diserbanti chimici vi sono i bioerbicidi, cioè formulazioni a base di sostanze naturali in grado di agire per contatto in post emergenza su determinate infestanti. Nel trattamento con erbicidi e anche con bioerbicidi occorre evitare l’effetto deriva con l’impiego di apparecchiature appropriate dotate di getti orientabili e schermati.

Anche la difesa dai parassiti vegetali deve privilegiare soluzioni ecologiche e va orientata verso la lotta integrata, cioè l’integrazione tra mezzi agronomici, meccanici, biologici e chimici. Ai prodotti di sintesi quando è possibile è bene preferire quelli con principi attivi naturali. Come per il diserbo il trattamento deve essere mirato con l’impiego di ugelli orientabili e schermati.

Per limitare l’inquinamento acustico prodotto dai mezzi meccanici di manutenzione del verde, ci si deve orientare verso quelli con motorizzazione elettrica che stanno avendo una diffusione crescente.

 

Ecologia umanistica

Nel parlare della gestione e manutenzione ecologica del verde, non si può prescindere dalle teorie e dall’opera di Gilles Clément. Francese, agronomo, entomologo, professore, architetto del paesaggio e soprattutto giardiniere come lui ama definirsi. È noto a livello mondiale per le sue teorie basate sul rispetto della natura e, quindi, anche della vegetazione spontanea.

Clément è sostenitore di quello che ha definito come “terzo paesaggio”, che riguarda tutti gli spazi non antropizzati, trascurati o abbandonati dall’uomo, come i bordi stradali, le scarpate ferroviarie, le aree industriali dismesse, i luoghi marginali e così via. In questi spazi trova rifugio e prospera la vegetazione spontanea quale riserva della biodiversità e, come tale, da rispettare. Il giardino planetario, è un altro elemento focale delle sue teorie, secondo cui l’intero pianeta è un enorme area verde, un grande giardino, in cui gli uomini sono tutti giardinieri che hanno il compito di curarlo. Sulla stessa filosofia si basa la teoria del “giardino in movimento”, per cui i percorsi di strade e di sentieri nei giardini e nei parchi vanno modificati in funzione della crescita della vegetazione spontanea. Un esempio da lui realizzato è quello del Parc André Citroën a Parigi. Recentemente allo Zen di Palermo, con l’aiuto dei cittadini, ha recuperato un’area abbandonata per farne un’oasi urbana.

Secondo Gilles Clément occorre lasciare che la natura operi liberamente rispettando i suoi cicli anche nelle città metropolitane. Una teoria che va oltre la gestione differenziata delle aree urbane. 

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