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Tecnica

L'attacco a 3 punti, un tramite meccanico indispensabile

Sia posteriore che anteriore, è l’elemento fondamentale per realizzare l’accoppiamento portato tra il trattore e l’operatrice. Numerosi ausili di tipo idraulico, e accessori dedicati, permettono di rendere la sua gestione più sicura e meno faticosa per gli operatori, soprattutto nelle fasi di accoppiamento e separazione delle due unità

di Domenico Pessina
marzo - aprile 2023 | Back

L'estrema versatilità del trattore agricolo si esprime non solo nelle varie possibilità di trasmissione della potenza alle macchine operatrici, ma anche nelle diverse modalità con cui si effettua il loro collegamento. Infatti, oltre al classico traino, reso possibile da un gancio che si accoppia ad un occhione solidale ad un timone, e al fissaggio rigido con piastre, staffe e bulloni, le attrezzature possono essere abbinate alla motrice mediante un attacco a 3 punti, gestito dal sollevatore idraulico. Oltreché di montaggio generalizzato nella parte posteriore del trattore, l’attacco a 3 punti è sempre più spesso replicato sull’avantreno, a rendere possibile il montaggio contestuale di due operatrici (e quindi spesso l’esecuzione di lavorazioni combinate), oppure in alternativa di una zavorra monolitica anteriore.

 

I principali elementi

Di base, l’attacco a 3 punti è costituito da una coppia di bracci (o stegoli) inferiori, da un terzo punto (o puntone) superiore, e da un insieme di tiranti e catene registrabili, per la movimentazione tramite il sollevatore idraulico e per la limitazione dell’oscillazione laterale.

I bracci inferiori sono massicce barre in acciaio a sezione rettangolare, incernierate ad un’estremità alla struttura del trattore per permetterne una conveniente rotazione entro l’arco operativo previsto, mentre il terzo punto è un robusto tirante anch’esso incernierato al corpo trattore, costituito da due viti a filettatura opposta (una destra e una sinistra) con occhiello ad una delle estremità, che si avvitano all’estremità opposta in un manicotto centrale femmina. In tal modo, ruotando il manicotto in un senso o in quello opposto, è possibile allungare o accorciare entro un determinato intervallo il terzo punto, in modo da regolare convenientemente l’assetto verticale dell’attrezzatura collegata.

Le estremità dei bracci inferiori e del terzo punto definiscono quindi il cosiddetto “triangolo di attacco”, che logicamente deve coincidere (a meno di una determinata tolleranza) con i perni dell’analogo telaio triangolare di collegamento della macchina operatrice. È quindi molto importante che i 3 punti di attacco siano geometricamente definiti con precisione, in modo che si possa realizzare un corretto accoppiamento; nello specifico, sono importanti la dimensione della base del triangolo (isoscele) e la sua altezza che, unitamente ad altre dimensioni, sono standardizzate a livello normativo in “categorie”.

Per i trattori agricoli sono state stabilite 4 categorie, definite con i numeri 1, 2, 3 e 4, di dimensioni progressivamente crescenti. Di particolare interesse per i modelli dedicati alle coltivazioni specializzate (frutteti, vigneti, giardinaggio, manutenzione del verde, ecc.) è poi la sottocategoria 1N, che è tipica dei trattori cosiddetti “a carreggiata stretta”. Più in dettaglio, se per le categorie tradizionali i bracci inferiori sono sostanzialmente rettilinei e leggermente divergenti, per questa sottocategoria assumono una conformazione a S, in modo da poter combinare la larghezza standard alle rotule con la ridotta distanza degli attacchi incernierati al trattore.

 

Il supporto dell’idraulica

Pur essendo gestito idraulicamente dal sollevatore, l’attacco a 3 punti tradizionale è un dispositivo esclusivamente meccanico, dove l’escursione delle varie regolazioni è effettuata tramite robuste barre maschio e manicotti femmina, entrambi filettati. In alternativa a questa soluzione, da tempo queste movimentazioni possono essere eseguite per mezzo di cilindri idraulici, a partire proprio dalla funzione di sollevamento.

Infatti, un’alternativa moderna al classico attacco a 3 punti con tiranti meccanici movimentato con due bracci leva superiori sui quali agisce l’unico cilindro interno riguarda la sostituzione di quest’ultimo con uno (cioè su un solo lato) oppure con due cilindri idraulici esterni, che operano in contrasto ai bracci superiori, in questo caso fissi.

Terzo punto idraulico con ammortizzatore integrato

Il terzo punto idraulico fa ormai parte della dotazione di qualsiasi trattore di recente produzione, costituendo un valido aiuto all’operatore, perché lo dispensa da un’incombenza noiosa e gravosa, e talvolta anche pericolosa.

Walterscheid ha messo a punto di recente un terzo punto idraulico con ammortizzatore integrato, in grado di migliorare la gestione dell’attrezzo nell’accoppiamento portato e di rendere più sicura (e confortevole) la conduzione del trattore, perché grazie all’accumulatore ad azoto i picchi istantanei di carico trasmessi dall’operatrice al trattore vengono efficacemente ridotti, specie nelle lavorazioni di campo e nei trasferimenti su superfici sconnesse. È installata una valvola di non ritorno (protetta dalla sporcizia mediante un grano a vite) che, oltre a permettere la ricarica dell’azoto, può servire anche per regolare la pressione di lavoro, e quindi la rigidezza dell’ammortizzatore. Il pistone che agisce nel cilindro è in alluminio, per diminuire il peso globale del dispositivo, riducendo al contempo l’attrito e pertanto il surriscaldamento della struttura.

Questo terzo punto dispone anche della funzionalità flottante, per cui in pratica il telaio triangolare di attacco dell’attrezzo agisce passivamente alla stregua di un gancio di traino, e il terzo punto si allunga e si accorcia seguendo fedelmente le variazioni relative di assetto tra il trattore e l’operatrice, quando si trovano a lavorare su terreni accidentati. Si tratta di un’opzione che si rivela particolarmente utile in aratura e nello sfalcio del foraggio.

 

Stabilizzatore idraulico dell’attacco a 3 punti

Le oscillazioni laterali dell’attrezzo collegato all’attacco a 3 punti del trattore devono essere attentamente controllate, per evitare pericolose collisioni e strisciamenti tra i bracci inferiori e gli adiacenti fianchi interni degli pneumatici. La versione idraulica dello stabilizzatore assicura una transizione attiva tra le posizioni flottante e rigida, indipendentemente dalla lunghezza del braccio di sollevamento o dalla quota da terra dell’attrezzatura. È anche possibile impostare un limitatore di corsa quando è necessario passare dalla Cat. 2 alla 3 per ciò che concerne la geometria dell’attacco a 3 punti.

 

Modalità di attacco delle attrezzature

La routine di attacco e di stacco delle operatrici portate prevede di norma la collaborazione di due addetti: il primo è alla guida del trattore, mentre il secondo è a terra, per infilare i 3 perni di fissaggio, con le relative spine di sicurezza, quando il conducente ha fatto indietreggiare la motrice sino a far combaciare i punti di attacco.

Non è difficile immaginare che la sequenza descritta è piuttosto pericolosa per l’operatore a terra, che deve stazionare tra il trattore e l’attrezzatura; se il conducente non riesce a dosare sapientemente la minima velocità in retromarcia del trattore, sono possibili incidenti, anche gravi, dovuti a schiacciamento tra le due macchine del soggetto a terra. Ovvio, quindi, che da tempo ci si sia impegnati a rendere possibile l’esecuzione a distanza delle fasi di aggancio/sgancio, ovvero prevedendo l’intervento del solo conducente, evitando così la presenza dell’unità a terra.

Normalmente, i perni del triangolo di attacco dell’attrezzatura si infilano in rotule alloggiate nella parte terminale dei bracci inferiori e del terzo punto. Le rotule possono ruotare entro angoli limitati, in modo da favorire l’accoppiamento con i perni. In alternativa, le rotule possono essere abbinate a robusti ganci in acciaio stampato ad alta resistenza (per assorbire forze di trazione, di compressione e laterali elevate) dotati di cricchetto comandabile a distanza per mezzo di cavi, gestiti dal conducente seduto al posto di guida. La meccanica interna, protetta da urti e da residui, garantisce una chiusura di sicurezza, completata da guide di centraggio, e dalla funzione kick-down (blocco in apertura).


L’attacco anteriore

Si tratta di un accessorio sempre più spesso richiesto per migliorare la versatilità del trattore, perché rende possibile l’esecuzione di lavorazioni combinate, spesso in abbinamento con una presa di potenza e/o una o più prese idrauliche, oppure il montaggio di una zavorra monolitica.

Per ridurre gli ingombri globali del trattore, sovente i bracci inferiori di questo attacco a 3 punti sono costituiti ognuno da due sezioni, dove quella esterna è ripiegabile all’indietro di almeno 90°, quando il sollevatore non è in uso.

Analogamente, anche il terzo punto è facilmente asportabile.

Il sollevatore idraulico che gestisce questo tipo di attacco ha però di solito un minor numero di alternative di funzionamento rispetto a quello posteriore, potendo essere gestito solamente in modalità a posizione controllata e flottante.


 

Gli estensimetri sull’attacco a 3 punti

Per il controllo dello sforzo, il sollevatore elettronico che ormai è montato sulla quasi totalità dei nuovi modelli di trattore si avvale di sensori, generalmente di tipo estensimetrico, che sono intimamente incollati (per mezzo di speciali colle epossidiche) alla superficie di determinati componenti dell’attacco a 3 punti, di solito i bracci inferiori oppure i loro perni di incernieramento al corpo trattore, ma talvolta anche l’analogo perno del terzo punto.

Per effetto della sollecitazione dinamica, sostanzialmente sforzi di tensione o di taglio, a cui sono sottoposti tali elementi, si generano delle microscopiche deformazioni (dell’ordine di qualche millesimo di millimetro), che però generano un corrispondente stress degli estensimetri ad essi solidali.

Come suggerisce il nome, gli estensimetri sono sfruttati per misurare delle deformazioni (o anche, analogamente, delle compressioni): se opportunamente alimentati elettricamente, il loro valore aggiunto è quello di poter trasformare in modo proporzionale queste (micro) sollecitazioni in altrettante piccole variazioni di corrente elettrica, in termini di tensione o di intensità, in modo tale che sia facile correlare queste variazioni di segnale elettrico alle corrispondenti variazioni di forza, da parte della centralina elettronica.

Il principio di funzionamento dell’estensimetro si basa sulla variazione del suo valore resistivo degli estensimetri per effetto della sollecitazione meccanica. Per amplificare convenientemente questa minima variazione, l’estensimetro è composto da una pista che si sviluppa con un elevato numero di spire su una superficie molto ridotta. Ovviamente, la base di supporto dell’estensimetro (ovvero un sottile supporto plastico) e il legante adesivo devono collaborare con la massima fedeltà nella trasmissione della (micro)deformazione, dovendo anche contestualmente assicurare un congruo isolamento elettrico tra la pista e la superficie metallica di riferimento.

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