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Revisione e patentino per un politica della sicurezza

La sicurezza nei campi, così come in tutti gli altri ambienti di lavoro, deve essere una priorità. Ad oggi si contano ancora troppe vittime, le cosiddette morti bianche, in attività legate all'utilizzo di trattori e di altre macchine agricole. L'Inail ne fornisce una fotografia dettagliata. La revisione obbligatoria delle macchine agricole e l'abilitazione professionale degli operatori sono passaggi fondamentali di una politica della sicurezza

di Paolino Buttaci e Domenico Papaleo
Luglio - Agosto - Settembre 2015 | Back

La cultura della sicurezza è uno degli indicatori dell’evoluzione civile di una società. Essa si realizza su due piani diversi, ma inscindibili. Da una parte un sistema di norme volte a garantire le migliori condizioni di sicurezza negli ambienti di vita e di lavoro, dall’altra la crescita di una mentalità diffusa, di una attitudine a considerare la sicurezza un aspetto essenziale della vita quotidiana, di una preoccupazione per la qualità della propria vita e di quella degli altri.

In ordine a tutto questo l’Italia può ritenersi un Paese evoluto? L’entrata in vigore del Decreto Legislativo n.81 del 9 aprile 2008 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro ha indiscutibilmente apportato dei significativi cambiamenti rispetto al passato. Da allora, tra una proroga ed un’altra, il tema permane nell’agenda politica con misure e sviluppi che non sembrano rispondere alle esigenze del Paese. Le cronache nazionali, infatti, continuano a riportare numerosi casi di morti bianche. Le definiscono così le morti sul lavoro, perché il termine “bianche” lascia filtrare l’idea che non vi siano responsabilità, rimanda ad un concetto di tragica fatalità che può meritare un trafiletto dell’edizione on-line del quotidiano locale o magari nemmeno quello. Si muore per incuria, per disattenzione, per un eccesso di fiducia nelle proprie abilità e nella propria esperienza; si muore perché non sono state rispettate “le regole”, perché si è preferito manomettere o addirittura mettere da parte il dispositivo che, altrimenti utilizzato, avrebbe potuto salvare la propria vita.

Il fenomeno delle morti bianche non fa distinzioni: edilizia, industria, terziario, artigianato ed altri pagano un pesante conto in vite umane. Il settore agricolo non ne è esente, forse fa meno rumore degli altri, eppure i dati parlano chiaramente: muore una persona ogni due giorni in incidenti avvenuti nei campi.

Dall’ultimo rapporto fornito dall’Asap (Associazione Sostenitori ed Amici della Polizia Stradale) emergono dati allarmanti riguardo agli incidenti che coinvolgono mezzi agricoli. Il mese di maggio, quest’anno, si rivela drammatico per gli incidenti nei campi con trattori agricoli. Nei primi 15 giorni del mese, l’Osservatorio il Centauro-Asaps ha registrato 29 episodi che hanno causato 20 morti di cui 17 fra i conducenti di macchine agricole (si pensi che sull’intera rete autostradale le vittime sono state 8). Come dire che nei campi in primavera si muore più del doppio che in autostrada.

E ancora, sfogliando il Report annuale del 2014 dell’Osservatorio sugli infortuni nel settore agro-forestale,  il dato che di primo acchito colpisce è costituito dai 427 infortuni complessivi registratisi nel settore, dei quali 189 mortali.

L’Osservatorio sugli infortuni in ambito agro-forestale, costituito presso la VIII Unità Funzionale del Dipartimento Tecnologia di Sicurezza Inail, cura la rilevazione e l’elaborazione delle informazioni relative agli infortuni che avvengono a tutti i lavoratori del settore, compresi quelli per i quali non ricorre la tutela assicurativa dell’Inail, ovvero gli operatori non professionalmente addetti e gli hobby farmers.

Dall’analisi dei dati si evidenzia che il trattore agricolo e forestale è implicato da solo in più della metà dei casi (57% del totale) di incidenti nel settore. Andando a considerare la tipologia dell’evento infortunistico è bene sottolineare che nel 77% dei casi è la voce ribaltamento/rovesciamento la causa degli stessi incidenti.

I trattori rappresentano le macchine più vicine ai bisogni degli agricoltori, sono le più versatili, le più utilizzate e non sorprende il fatto che siano le principali macchine ad essere coinvolte negli infortuni. A sorprendere è invece il numero e la gravità degli incidenti. Oggi i trattori sono dotati di dispositivo di protezione del posto guida in caso di ribaltamento (ROPS) e di una cintura di sicurezza idonea a trattenere il conducente all’interno della protezione offerta dallo stesso dispositivo. Il problema riguarda i trattori più datati i quali sono sprovvisti di dispositivi di sicurezza in quanto la normativa vigente all’epoca non lo prevedeva.

Scorrendo i dati dell’Osservatorio sugli infortuni nel settore agro-forestale del 2014, le altre tipologie di macchine più frequentemente coinvolte negli eventi registrati sono i motocoltivatori/motozzappatrici (10% del totale) e le motoseghe (9% del totale). Da evidenziare poi gli infortuni che coinvolgono l’albero cardanico, il 66% dei quali presenta risvolti fatali per gli operatori (Tab.1).

Un ulteriore dato al quale guardare con attenzione riguarda le informazioni relative alla fascia d’età degli infortunati: una quota considerevole di casi (67% del totale) coinvolge soggetti aventi un’età pari o superiore ai cinquant’anni (Tab.2). È risaputo che il comparto agricolo si caratterizza per l’elevata età media degli operatori, ma gli elementi che spiegano questo dato sono da cercare non certo nelle capacità degli operatori ma nell’approccio che questi spesso hanno con il mezzo meccanico: gli agricoltori in età avanzata infatti, forti della propria esperienza e di una ostentata sicurezza, commettono errori che una corretta formazione potrebbe evitare.

Il quadro che emerge dallo scorrere di questi dati è abbastanza sconfortante, specie se si guarda al numero delle vittime. Lo “svecchiamento” o l’adeguamento del parco macchine nazionale e una corretta formazione e informazione degli utilizzatori delle macchine agricole sembra rappresentare l’unica strada per arginare il fenomeno delle morti bianche in agricoltura. Gli strumenti con i quali intervenire sono stati individuati: revisione obbligatoria delle macchine agricole e abilitazione professionale degli operatori (il cosiddetto “patentino”).

 

Revisione macchine agricole

La revisione delle macchine agricole sembra rappresentare ad oggi lo strumento più immediato e con i maggiori risvolti positivi, in previsione futura, per porre un limite al numero delle morti bianche in agricoltura. Dai dati discussi finora appare evidente come il trattore, molto più delle altre macchine agricole, rappresenti il mezzo maggiormente implicato negli infortuni letali. Sulla base dei dati forniti dell’Ufficio Statistico di FederUnacoma, condivisi anche con Inail, emerge che il parco trattori a livello nazionale supera le 1.600.000 unità, con una età media di circa 20 anni. L’obsolescenza dei trattori italiani si palesa come una delle maggiori cause degli incidenti e dei loro risvolti. Si tratta di macchine con una tecnologia ormai superata, le quali non presentano gli accorgimenti che nel corso degli anni e nell’evoluzione della progettazione meccanica hanno migliorato le caratteristiche tecniche e funzionali delle stesse. L’usura legata all’età ne compromette le prestazioni. Si è fatto riferimento ai dispositivi che in caso di ribaltamento del trattore proteggono l’utilizzatore: il ROPS e la cintura di sicurezza sono oggi previsti in sede di progettazione ed omologazione, ma non lo erano sino ad un decennio fa. La manomissione o addirittura la rimozione di detti accorgimenti tecnici di sicurezza, da parte degli agricoltori, dimostra purtroppo una scarsa consapevolezza della loro importanza.

Gli infortuni complessivi determinati dal trattore rilevati dall’Inail nel 2014 sono stati 239, di questi 121 mortali. Il solo ribaltamento/rovesciamento ha causato ben 100 morti: assenza, manomissione, mancato utilizzo di ROPS (vedi ROPS abbattibili) e mancanza di cinture di sicurezza si rivelano dunque la principale causa di morte (Tab.3).

Partendo dal trend di questi dati, i quali si discostano di poche unità di anno in anno, e dalle cause che li determinano, FederUnacoma ha aderito ai numerosi tavoli tecnici indetti dall’Inail aventi come obiettivo quello di stilare delle Linee Guida per fornire agli utilizzatori uno strumento utile su come adeguare le proprie macchine agricole. Prima dell’emanazione delle Linee Guida Inail per l’adeguamento dei trattori (anno 2009), su 1.600.000 unità di trattori circa, 700.000 risultavano sprovviste di ROPS, mentre 1.200.000 di cinture di sicurezza; grazie all’attività di adeguamento che ha fatto seguito all’applicazione delle Linee Guida Inail, 80.000 trattori sono stati dotati di strutture di protezione in caso di capovolgimento.

Numeri che fanno capire più di tante parole come ancora si sia ben lontani da un adeguamento complessivo del parco trattori nazionale alle norme di sicurezza minime.

Per ovviare a tutto ciò si potrebbe pensare ad un generale svecchiamento del parco trattori nazionale attraverso una serie di incentivi che puntino alla rottamazione delle macchine ormai obsolete, da sostituire con trattori tecnologicamente avanzati, dotati di tutte le misure di sicurezza nonché ergonomicamente meglio rispondenti alle esigenze del lavoro che gli agricoltori sono chiamati a svolgere.

Ma, da un lato la difficoltà da parte della politica di riuscire a reperire le considerevoli somme di denaro da investire in un progetto di questa portata, dall’altro i possibili tempi di attuazione (si consideri che il numero di trattori italiani venduti in un anno si attesta intorno alle 18.000 unità, per cui i tempi di “sostituzione” si protrarrebbero per circa trent’anni) fanno escludere, almeno nell’immediato, questa soluzione.

La revisione delle macchine agricole consentirebbe, invece, di disporre di uno strumento immediato ed efficace per accertare effettivamente la presenza di requisiti di sicurezza previsti per legge e costituirebbe dunque un’alternativa accettabile per consentire il raggiungimento di un obiettivo tanto importante.

La politica sembra aver compreso la strategica attività preventiva che lo strumento della revisione potrebbe rappresentare per ovviare al fenomeno delle morti bianche in agricoltura, e da alcuni anni sta portando avanti un iter legislativo al fine di renderla obbligatoria: era il dicembre 2012 quando nell’ambito del “Decreto Crescita” venne modificato l’art. 111 del Codice della Strada, introducendo l’attuazione della revisione sulle macchine agricole a partire dal primo gennaio 2014. Da allora diverse proroghe hanno fatto slittare di semestre in semestre la sua attuazione fino alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale (n. 149, 30/06/2015) del Decreto attuativo “Revisione macchine agricole” il quale fissa i tempi e le modalità di realizzazione della stessa.

Il provvedimento prevede che i trattori agricoli siano sottoposti a revisione dal 1° gennaio 2016 (Tab.4), mentre le macchine agricole operatrici semoventi a due o più assi immatricolate (vendemmiatrici, mietitrebbiatrici etc.) ed i rimorchi agricoli immatricolati siano sottoposti a revisione dal 1° gennaio 2018.

Il decreto stabilisce inoltre che la revisione dovrà essere effettuata ogni cinque anni.

L’abilitazione professionale degli operatori

per la conduzione di alcune tipologie di macchine

(il cosiddetto “Patentino”)

L’attenzione alla sicurezza in ambito agricolo non si esaurisce con l’adeguamento strutturale delle macchine per mezzo dell’installazione di determinati dispositivi; spesso gli infortuni sono causati da ragioni strettamente riconducibili alla mancata preparazione dell’operatore nell’affrontare le situazioni di pericolo.

L’incidente è per sua stessa definizione un accadimento imprevisto che procura un danno per cui, quando si verifica, poco o nulla si può fare per porvi rimedio. Ci si può adoperare invece per eludere la sua imprevedibilità, a partire da una corretta formazione ed informazione degli addetti ai lavori. Ma se attraverso lo strumento della revisione si possono “obbligare” i possessori di macchine agricole ad adeguare le stesse ai requisiti di sicurezza, molto più arduo risulta “infondere” una cultura della sicurezza nella quotidianità degli operatori, i quali spesso sottovalutano la pericolosità delle azioni che compiono e della macchina che si trovano a manovrare e di contro ripongono troppa fiducia – come detto – nelle proprie capacità, nei propri tempi di reazione e nella propria esperienza.

La carenza di formazione specifica degli operatori addetti all’uso delle macchine rappresenta dunque l’altra importante causa, assieme alla mancanza di dispositivi di protezione, degli infortuni in agricoltura.

È il caso ad esempio dei numerosi incidenti dovuti al ribaltamento dei trattori la cui causa è spesso rappresentata da manovre sbagliate eseguite dal conducente su tratti in pendenza. In altri casi, gli eventi infortunistici sono imputabili ad un mancato riconoscimento da parte dell’operatore della situazione di pericolo, causato ad esempio dalla rimozione di determinate protezioni su organi in movimento (è il caso degli incidenti che avvengono sugli alberi cardanici), oppure dall’abbandono della postazione di lavoro con macchina in moto.

Manovrare un trattore in campo, nell’esecuzione di determinate pratiche colturali, comporta situazioni di rischio nettamente superiori a quelle che possono verificarsi su strada: ad oggi per manovrare un trattore occorre la patente di guida di tipo B, la quale, come risaputo, non fornisce alcun rudimento teorico né tantomeno pratico sulla conduzione di queste macchine. Appare evidente la necessità di istituire dei percorsi formativi atti ad istruire l’operatore, sia esso un neofita o un conducente con esperienza (tant’è che gli infortuni mortali con il trattore coinvolgono operatori dai 50 anni in su nel 93% dei casi),  sul corretto utilizzo della macchina e sulle conseguenze di una errata manovra.

Così come per la revisione anche l’istituzione del “patentino”, la cui importanza è riconosciuta da tutti, ha subito un articolato iter legislativo: nel marzo 2013 l’Accordo tra Governo e Regioni (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 60 del 12 marzo 2012) ha istituito la specifica abilitazione per gli utilizzatori dei mezzi meccanici siano essi lavoratori autonomi o dipendenti, in linea con quanto sancito dal Testo Unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro (art. 73 comma 4 e 5 D.Lgs 81/08).

Una prima proroga nel 2013 e una successiva nel 2014 hanno fatto slittare la data di entrata in vigore al 1° gennaio 2016 (Tab.5). Da questa data per i lavoratori è previsto il possesso di un attestato di abilitazione, ottenibile attraverso la frequentazione di un “corso di formazione” tecnico-pratico completo e una prova di verifica finale. Il conseguimento della regolare patente di guida, rilasciata ai sensi del D.Lgs 30 aprile 1992 (Codice della Strada), non assolve il lavoratore dall’obbligo di conseguire lo specifico patentino, in quanto, mentre la patente di guida riguarda aspetti legati alla circolazione stradale, il patentino si riferisce alle norme specifiche e ai corretti comportamenti nella conduzione dei mezzi meccanici nel luogo di lavoro. I mezzi meccanici per il cui utilizzo è previsto il patentino sono i trattori agricoli e forestali gommati e cingolati (compresi trattori con pianale di carico), i sollevatori telescopici, i carri raccolta frutta e alcune tipologie di macchine movimento terra, in particolare escavatori idraulici e a fune, pale caricatrici frontali, terne, autoribaltabili a cingoli e pompe per calcestruzzo. 

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