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Tecnica

La sicurezza per i conducenti di trattori agricoli

Da più di 50 anni, i ROPS (Roll-Over Protective Structure) proteggono gli operatori in caso di ribaltamento dei trattori. La loro integrazione in cabine chiuse, climatizzate, insonorizzate e isolate da vibrazioni e contaminazione da prodotti fitosanitari aumenta significativamente il benessere alla guida del mezzo

di Lavinia Eleonora Galli
ottobre - novembre 2022 | Back

Il settore agricolo contende da sempre a quello edilizio il triste primato degli incidenti mortali sul lavoro. La principale causa di decesso è il ribaltamento del trattore. Stime non ufficiali, ma ampiamente e ripetutamente comprovate, riportano in Italia 110-140 eventi fatali l’anno.

Le principali cause di ribaltamento sono relative all’architettura del trattore (baricentro elevato, sviluppo di coppie molto alte), alle caratteristiche operative (accoppiamento con carichi gravosi a sbalzo, anteriormente e/o posteriormente) e alle caratteristiche del terreno (pendenze accentuate, superficie irregolare, buche, cunette, dislivelli, ecc). Tutte queste variabili, da aggiungersi ovviamente a manovre errate e/o pericolose, determinano una perdita della stabilità del mezzo, con conseguente rovesciamento. A causa del tipico “fattore di forma” della combinazione trattore+attrezzatura, la frequenza statistica degli incidenti vede una netta predominanza del ribaltamento laterale (75%), seguito dall’impennamento (20%) e dal poco probabile capovolgimento anteriore (5%). In realtà, la gran parte degli incidenti avviene con una combinazione di queste dinamiche.

 

Le strutture di protezione (ROPS)

Il problema è ben noto da ormai più di 60 anni. Per limitare le conseguenze (purtroppo spesso letali) sui conducenti dei trattori, sono stati messe a punto nel tempo diverse soluzioni. Dopo alcuni tentativi di prevenzione di tipo attivo, si è passati ad una più efficace protezione passiva, ovvero l’installazione dispositivi che non prevengono l’accadimento dell’incidente, ma evitano o limitano i danni a carico all’operatore.

In tal senso, si è diffuso a livello mondiale il montaggio di strutture di protezione, ovvero robuste “gabbie” denominate ROPS (Roll-Over Protective Structure) che, abbinate alla presenza (e al diligente uso) di opportune cinture di sicurezza di tipo addominale, garantiscono il mantenimento di un determinato volume di sicurezza intorno al posto di guida in cui l’operatore possa permanere in caso di ribaltamento, scongiurando gravi lesioni. Tali strutture assumono differenti conformazioni, a partire da un semplice telaio di profilati tubolari sagomati e saldati fino ad una completa cabina chiusa, climatizzata, insonorizzata e protetta anche contro le vibrazioni e la penetrazione di sostanze chimiche nocive.

Più in dettaglio, le strutture più semplici sono rappresentate da telai a due montanti fissi o abbattibili installati anteriormente o posteriormente al posto di guida e telai a 4 montanti, con o senza piattaforma sospesa. Le cabine sono maggiormente diffuse sui modelli di potenza medio-alta, poiché il relativo onere economico aggiuntivo rispetto al semplice telaio è maggiormente assorbibile nel costo globale della macchina.

 

L’omologazione obbligatoria

Dovendo garantire un determinato livello di resistenza meccanica, e quindi di sicurezza in caso di ribaltamento, le strutture ROPS devono essere provate e pertanto omologate in accordo con quanto definito da normative dedicate. Le procedure di prova sono dinamiche e statiche. Entrambe si ispirano al principio della simulazione, ovvero riprodurre le sollecitazioni a cui il ROPS è sottoposto in caso di ribaltamento.

Le prove dinamiche consistono in una serie di urti e di compressioni; in particolare, per simulare il ribaltamento, gli urti sono inferti al ROPS montato sul trattore completo. Il trattore è ancorato al terreno, mentre una massa di forma cubica animata di moto pendolare colpisce la struttura di protezione nei punti che, in caso di ribaltamento, verrebbero a contatto con il terreno. L’altezza di caduta del pendolo (e quindi l’energia sviluppata) è funzione della massa del trattore, quindi della severità dell’impatto con il terreno in caso di ribaltamento. Si tratta di una procedura che simula fedelmente ciò che avviene durante l’incidente, ma che nella sua applicazione da parte di laboratori diversi è stata nel tempo soggetta a significative approssimazioni, che hanno dato origine ad esiti non sempre sovrapponibili.

In alternativa si è affermata più di recente la procedura statica, nella quale gli urti inferti dal pendolo sono sostituiti con spinte progressive, eseguite ad esempio tramite cilindri idraulici. Pur essendo una soluzione che risulta essere meno similare a ciò che succede nella realtà, è senza dubbio maggiormente riproducibile, per cui è garanzia di equità dell’esito di prove equivalenti eseguite in tempi diversi da laboratori differenti.

 

Le normative dedicate

Diversi enti e istituzioni sovranazionali (UE, ISO, OCSE, ecc.) hanno emanato nei decenni una serie di standard dedicati alle prove ROPS (e FOPS). Quelli che hanno visto la maggior diffusione sono  i codici prodotti da uno specifico Gruppo di Lavoro permanente dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economici) (https://www.oecd.org/agriculture/tractors/codes). Nel dettaglio, le normative dedicate ai ROPS da installare su diverse categorie di trattori agricoli e forestali sono il Codice 4 per i modelli da campo aperto, i Codici 6 e 7 per i trattori a carreggiata stretta, il Codice 8 per modelli cingolati e il Codice 9 per i sollevatori telescopici. Il Codice 10 è relativo alla prova dei FOPS.

 

Manutenzione e sviluppi futuri

Gli standard omologativi relativi ai ROPS riguardano gli esemplari nuovi immessi sul mercato e la dotazione di strutture di protezione su trattori usati.

D’altro canto, è importante puntualizzare che l’obbligo del montaggio sui trattori da campo aperto in Italia risale all’1.1.1974, per cui senza dubbio è operativo un significativo numero di macchine  con strutture di protezione che ormai hanno 30 e anche 40 anni e più di esercizio.

Le cabine e i telai sono realizzati con piastre e profilati tubolari in acciaio saldati e imbullonati, trattati poi con vernici resistenti alla ruggine. A causa però dell’ambiente agricolo, molto aggressivo sia per fattori meteorici che per le particolarità di alcuni mezzi di produzione agricola (tra cui i concimi organici e inorganici e i prodotti fitosanitari), per questo materiale la corrosione rappresenta un’insidia costante e talvolta grave.

Le vecchie strutture di protezione accusano quindi zone importanti dove l’integrità non può più essere quella originale, fattore quindi che ne riduce la resistenza globale. E’ necessario pertanto sostituire prontamente l’elemento danneggiato con uno identico, per ripristinare l’originaria robustezza. Un ulteriore fattore che potrebbe compromettere l’integrità dei ROPS riguarda urti o lacerazioni accidentali di elementi strutturali, tutt’altro che improbabili per un uso prolungato negli anni in condizioni difficili quali sono quelle del campo.


Esperienze di protezione attiva contro il ribaltamento

Il problema del ribaltamento del trattore agricolo è noto sin dagli anni ’50 del secolo scorso, quando furono attuati i primi tentativi per arginare il verificarsi del fenomeno, con la messa a punto di dispositivi atti ad avvisare il conducente dell’instaurarsi di condizioni di incipiente ribaltamento.

Alcune di queste soluzioni hanno previsto l’installazione di un inclinometro, tramite il quale inviare segnali luminosi e/o sonori (similmente agli attuali sensori di parcheggio delle automobili) per avvisare l’operatore del raggiungimento di pendenze potenzialmente pericolose. In altri casi era prevista l’interruzione della mandata di gasolio con il conseguente arresto del veicolo o ancora la fuoriuscita di un puntone laterale per garantire un punto di appoggio o di ancoraggio per bloccare il ribaltamento del mezzo.

Un’ulteriore modalità di tipo tecnico per mantenere la stabilità del mezzo, tuttora applicata (ad esempio alle vendemmiatrici), fu l’introduzione degli assali autolivellanti: ma per l’evoluzione tecnica dell’epoca tale innovazione di tipo meccanico fu considerata poco o per nulla applicabile, anche per gli eccessivi costi. Per svariati motivi, tra cui insufficiente


affidabilità, complicazioni di montaggio e gravoso onere economico, tutte queste soluzioni furono presto abbandonate.


Le prove FOPS

Per alcune particolari lavorazioni agricole (ma anche forestali), le prove di omologazione ROPS non sono sufficienti a garantire un adeguato livello di sicurezza dell’operatore, per esempio rispetto alla movimentazione di carichi sospesi tramite il caricatore frontale del trattore oppure alle operazioni di esbosco. In tali casi, il rischio di caduta di oggetti dall’alto è infatti tutt’altro che trascurabile.

Pertanto, oltre alla protezione in caso di ribaltamento, le strutture installate sul posto di guida devono garantire un’opportuna sicurezza anche nella parte superiore, tipicamente il tetto. Si tratta quindi di omologare telai e cabine anche secondo le prove FOPS (Falling Object Protective Structure). Sempre in una logica di simulazione, queste prove prevedono la caduta da un’altezza predefinita di un dispositivo di acciaio di massa nota, per verificare la resistenza della parte sommitale della struttura. In relazione all’entità del rischio per la quale bisogna omologare il FOPS, le normative dedicate stabiliscono oggetti rispettivamente di 45 oppure 225 kg circa di massa, con altezze di caduta variabili tra 3 e 5 m circa.


Le strutture di protezione per trattori usati

Il montaggio di una struttura di protezione omologata sui trattori agricoli è un obbligo di legge, che è entratori in vigore su tutte le categorie dalla metà degli anni ’80 del secolo scorso.

Nel 1996, l’allora ISPESL (poi confluito in INAIL) ha prodotto opportune linee guida per costruire e montare dei ROPS semplificati (telai a due o a 4 montanti) sui cosiddetti “trattori usati” (https://www.inail.it/cs/internet/comunicazione/pubblicazioni/catalogo-generale/linstallazione-dei-dispositivi-di-protezione.html).

Si tratta di indicazioni molto dettagliate per fabbricare e applicare queste strutture di protezione, la cui robustezza è stata accuratamente commisurata alla categoria e alla classe di massa dei mezzi alle quali sono destinate.

Si cerca in tal modo di adeguare al livello di sicurezza di quelle di nuova produzione le macchine obsolete, che comunque sono tuttora pienamente operative.



Le cabine aftermarket

Tra le diverse categorie di trattori agricoli, quella dei modelli a carreggiata stretta è senza dubbio la più problematica per ciò che concerne il montaggio di un ROPS, sia per la carenza di spazio fisico su macchine così compatte, sia perché questi modelli sono spesso destinati a lavorare su superfici declivi.

Per rispettare l’obbligo di legge, risulta più semplice (ed economico) installare un semplice roll-bar, e dotare successivamente il mezzo di una cabina aggiuntiva, di sola protezione meteorologica. In caso di ribaltamento, però, questo manufatto non è progettato per resistere alle sollecitazioni che si sviluppano in tale frangente, e rompendosi potrebbe essa stessa costituire serio pericolo (anche mortale) per l’incolumità del conducente.

Per tale motivo, allo scopo di rimediare anche a questo rischio potenziale, qualche anno fa con il coordinamento di INAIL e con il supporto della CUNA (Commissione tecnica di UNificazione nell’Autoveicolo) è stato affrontato il problema, allo scopo di proporre soluzioni per poter conferire anche a queste cabine un adeguato livello di sicurezza, comparabile con quello del ROPS già presente.


Le cabine categoria 4

Alcune cabine di trattore (ma anche di operatrici semoventi, quali ad esempio alcuni modelli di irroratrici e di vendemmiatrici-portattrezzi) sono appositamente equipaggiate per un’efficace protezione degli operatori nell’esecuzione di trattamenti fitosanitari, costituendo in tal modo un valido DPI in sostituzione di scomode maschere o caschi ventilati. L’effettiva protezione delle cabine così predisposte (cosiddette in “categoria 4”) è certificata con il soddisfacimento di requisiti previsti da normative dedicate, che prescrivono la garanzia del mantenimento di una sufficiente sovrapressione interna (minimo 20 mm di acqua) e la dotazione di uno o più filtri a carboni attivi, per un’adeguata filtrazione di tipo chimico, per adsorbimento, delle sostanze nocive. Una questione ancora non completamente risolta riguarda la durata di funzionamento di tali filtri, che dipende da parecchi fattori, tra cui la tossicità dei principi attivi impiegati nei trattamenti e la loro concentrazione nella miscela preparata. In linea generale, i produttori dei filtri a carboni attivi dichiarano una “durata” di qualche centinaio di ore d’uso, ma un’ulteriore (notevole) incognita sulla loro efficienza riguarda la diligenza con la quale gli utenti provvedono alla sostituzione. Qualche miglioramento è stato acquisito di recente, grazie alla gestione “intelligente” dei filtri, che tiene traccia degli intervalli di manutenzione e del loro livello di esaurimento.




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