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Biomasse

Utilizzo agronomico delle ceneri da bioamssa

La valorizzazione delle ceneri da biomassa suscita un interesse crescente sia in Italia sia in altri Paesi dell'Unione Europea, giacchè questi residui – che a norma dovrebbero essere condotti in discarica – possono essere opportunamente trattati e utilizzati per le esigenze agronomiche

di Giovanni Mastrolonardo e Carla Nati
ottobre - novembre 2014 | Back

L’Italia si è posta l’obiettivo del raggiungimento del 17% di produzione di energia da fonti rinnovabili entro il 2020, e le biomasse hanno un ruolo fondamentale nel conseguimento di questo traguardo. L’importanza di questa risorsa energetica diventa sempre maggiore anche grazie alla diffusione di piccole caldaie e stufe che spesso vengono utilizzate all’interno delle stesse aziende agricole che producono le biomasse da bosco, colture dedicate e residui agricoli. Le ceneri che derivano dalla combustione delle biomasse sono considerate un rifiuto e come tali andrebbero condotte in discarica, rappresentando un problema e un costo netto non indifferente. Pertanto, sia in Italia che in molti altri paesi d’Europa, si avverte un forte interesse per la valorizzazione agronomica delle ceneri, visto che il loro spandimento in campo consentirebbe di restituire al suolo gli elementi minerali sottratti dalle colture agricole. Dal punto di vista agronomico, infatti, le ceneri possono essere considerate: un concime, apportando al suolo agrario elementi nutritivi utili all’accrescimento delle piante, come potassio (K), fosforo (P), magnesio (Mg), e calcio (Ca), riducendo l’utilizzo di concimi artificiali; un correttivo, innalzando la reazione del suolo (pH), in ragione della presenza di cationi basici sotto forma di ossidi, idrossidi e carbonati.

 

Definizione e composizione delle ceneri

Quantità e composizione della cenere, definita come il residuo solido della combustione, cambiano soprattutto in base alla tipologia della biomassa bruciata e alla temperatura di combustione. I maggiori elementi presenti nelle ceneri sono: calcio (Ca), potassio (K), magnesio (Mg), silicio (Si), alluminio (Al), ferro (Fe) e fosforo (P), mentre carbonio (C) e azoto (N) sono quasi totalmente assenti perché volatilizzano durante la combustione.

Per quanto riguarda il contenuto di inquinanti, le ceneri contengono alcuni elementi considerati pericolosi per l’uomo e l’ambiente, come metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e clorobenzeni. Quindi, sebbene in genere la concentrazione di questi inquinanti sia molto contenuta, l’impiego della cenere dovrebbe essere effettuato in dosi opportune.

 

Effetti delle ceneri sul suolo e sulle piante

L’effetto principale delle ceneri sul suolo è la correzione del pH verso valori più basici. Alcuni studi riportano che tale correzione, per dosi di ceneri intorno a 5 tonnellate ad ettaro, possa portare a innalzamenti del pH di 1,4 – 2,0 unità per qualche anno. Come concime invece, bisogna tener presente che la solubilità dei diversi minerali contenuti nella cenere varia in maniera considerevole nel terreno. Il potassio, ad esempio, viene rapidamente disciolto in acqua e deve essere prontamente utilizzato dalle piante, pena la sua perdita dal suolo. Calcio e magnesio hanno una solubilità intermedia, mentre il fosforo è il minerale meno solubile. La disponibilità di questi elementi, quindi, influenza le modalità e la scelta dei tempi di un’eventuale fertilizzazione con le ceneri. Sulle coltivazioni gli effetti positivi dell’uso della cenere possono essere registrati sia in termini di crescita che di aumento della produttività di frutti. La maggior produzione è dovuta soprattutto all’effetto diretto del maggior apporto di fosforo, calcio, magnesio e potassio; tuttavia, l’elemento più importante e limitante in termini di crescita delle piante, l’azoto, è praticamente assente nelle ceneri che quindi non possono assolutamente sostituirsi alle concimazioni azotate. 

 

Pretrattamento delle ceneri e loro spargimento in campo

Essendo la cenere un materiale polverulento, il suo utilizzo può presentare alcune criticità. Innanzitutto la cenere reagisce spontaneamente con l’anidride carbonica e l’umidità durante lo stoccaggio, cambiando le proprie caratteristiche chimico-fisiche. La scelta ottimale consisterebbe nel compattare ed agglomerare le ceneri in pastiglie o bricchette, magari granulandole usando come legante solo acqua, opzione più economica anche se meno efficace rispetto ad altre. Il pretrattamento della cenere comporta ovviamente un costo aggiuntivo, perché prevede la realizzazione di infrastrutture e l’acquisto di macchinari adeguati. Pertanto, il pretrattamento può ipotizzarsi nel caso di grossi impianti a biomasse con ingente produzione di ceneri. Nel caso di auto-utilizzo in azienda, converrà semplicemente stoccare la cenere il più breve tempo possibile in sacchi sigillati e decidere il miglior metodo per la sua distribuzione in campo.

Le operazioni di distribuzione della cenere possono essere svolte con le modalità normalmente usate per la fertilizzazione dei campi, utilizzando macchinari già disponibili in azienda, come gli spandiconcime agricoli. Nel caso di ceneri tal quali, per evitare perdite dovute all’azione del vento, una buona soluzione può essere quella di miscelarle ai liquami e spargerle con un carrobotte. È sempre consigliabile la pronta lavorazione del terreno ad una profondità di almeno 15 cm, per incorporare le ceneri nel suolo, evitando che queste possano disperdersi per opera dei venti e che formino carbonati insolubili per reazione con acqua e aria. Si sottolinea che l’impiego delle ceneri ricalca in tutto e per tutto l’utilizzo di fertilizzanti chimici granulari e di altri ammendanti quali i liquami; di conseguenza si può far riferimento sempre e comunque alle tecniche di buona pratica agricola, ai disciplinari per le produzioni agricole, alle indicazioni dei costruttori dei mezzi di spandimento e alla legislazione in materia.

La quantità di ceneri da distribuire andrebbe calcolata in base al fabbisogno delle colture rispetto ai principali elementi nutritivi che queste apportano (Ca2+, Mg2+, K+, PO43-), quindi, idealmente, in misura pari a quella che la coltivazione asporterà al netto delle perdite. Quantità massime di 5-8 t/ha per anno sono generalmente riconosciute non arrecare alcun pregiudizio al suolo e all’ambiente. Se invece l’obiettivo fosse quello di diminuire l’acidità del suolo, le quantità da spargere andrebbero riferite al contenuto di ossido di calcio (CaO) delle ceneri, con lo stesso criterio con il quale in agronomia si utilizza la calce viva.     

 

Integrazione della cenere con letame e compost

La cenere si presta particolarmente bene ad essere additivata al letame e al compost alle dosi indicative di 3-4 kg/m3 di materiale. Essa infatti assorbe umidità e favorisce quindi l’arieggiamento della biomassa in fermentazione. Inoltre i microrganismi che si sviluppano nel letame liberano acidità che può venire neutralizzata dall’alcalinità della cenere. I minerali contenuti nella cenere sono utilizzati dai microrganismi per la formazione di sostanze organiche che possono poi essere rilasciate nel terreno più facilmente e con migliore gradualità. Di conseguenza la cenere migliora sia la fermentazione del letame e del compost che la disponibilità degli elementi contenuti nella cenere stessa, formando quindi un fertilizzante di qualità superiore.

 

Le ceneri da biomassa per la legislazione Italiana

Le ceneri derivanti da processi di combustione della biomassa sono classificate come “rifiuti speciali non pericolosi” ai sensi del D.lgs. 152/2006 (parte IV). Tale norma stabilisce diverse possibilità di recupero delle “ceneri dalla combustione di biomasse ed affini” con procedure semplificate che riguardano in particolare la produzione di conglomerati cementizi o la produzione di compost e fertilizzanti. Lo spandimento diretto, invece, non è previsto dalla normativa. Le ceneri si configurano comunque come rifiuti e distribuirle sul terreno significherebbe smaltire illegalmente un rifiuto. È quindi necessario qualificare le ceneri come “sottoprodotto”, aprendo così nuove possibilità per un loro impiego. È l’art.184-bis, introdotto dal D.Lgs. 205/2010 che recepisce la direttiva 2008/98/CE che indica le diverse condizioni che devono essere rispettate per configurare un materiale come sottoprodotto. Si fa presente che ad oggi non esiste una regolamentazione che riguardi la composizione chimica delle ceneri, né si fa alcun cenno alla presenza di elementi metallici o altri inquinanti. Un’ultima osservazione riguarda il regolamento CE 2092/1991, che ammette l’uso in agricoltura biologica della “cenere di legna” come fertilizzante, ponendo il solo limite che derivi da “legname non trattato chimicamente dopo l’abbattimento”.

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