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Bioenergia

Biogas e biometano, le nuove frontiere dell'innovazione

In relazione alla necessità crescente di energia da fonti rinnovabili, la produzione di biogas dalla digestione anaerobica di nuovi materiali di scarto offre vantaggi significativi. L’impiego delle matrici organiche ricche di cellulosa, emicellulosa e lignina oggi non utilizzabili. Le linee di ricerca per ottenere biocarburanti sostenibili da biomasse legnose recuperate dai nostri campi

di Matteo Monni
marzo - aprile 2021 | Back

Per affrontare la grande complessità della situazione attuale, caratterizzata dalla miscela esplosiva di una triplice crisi – sanitaria, ambientale ed economica – occorre agire in modo sistemico, rapidamente e su più fronti con la consapevolezza che non si risolve nessun problema tralasciando la soluzione degli altri. Con questa visione nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) italiano sono state stanziate risorse economiche di un’entità che non ha precedenti nella storia. Infatti, il nostro Piano assorbirà circa il 28% dei fondi assegnati all’intera Europa per il periodo 2021-2027: 209 miliardi di euro di cui 1/3 (ben 69) andranno alla “Missione 2 – Rivoluzione verde e transizione ecologica” che si articola nelle seguenti quattro “Componenti”: I. Agricoltura sostenibile ed economia circolare (Euro 5,2 miliardi + 300 milioni ReactEu); II. Energia rinnovabile, idrogeno e mobilità sostenibile (euro 17,5 mld + 680 mln ReactEu); III. Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici (euro 30,4 mld + 320 mln ReactEu); IV. Tutela del territorio e della risorsa idrica (euro 14,3 mld + 200 ml ReactEu).

Su tali ambiti occorre stimolare un ampio coinvolgimento della società e anche il settore della meccanizzazione agricola è chiamato a fornire contributi concreti per il raggiungimento degli obiettivi fissati. 

Dalla pandemia abbiamo imparato che il benessere delle persone e quello dell’ambiente vanno di pari passo e per la ripresa dal Covid-19 tra i temi centrali troviamo l’economia circolare, l’agricoltura e l’energia in chiave sostenibile. Tutti elementi che rientrano pianamente nei modelli agricoli di filiera del biogas-biometano. Tali modelli, in Italia molto diffusi ed evoluti, hanno fino ad oggi valorizzato biomasse (residuali o coltivate ad hoc) fermentescibili quindi degradabili nel processo naturale di digestione anaerobica da parte di specifici consorzi batterici.

In futuro, per ampliare ulteriormente la produttività di questa tecnologia, uno degli aspetti da considerare è il completo sfruttamento del potenziale metanigeno (BMT) delle diverse matrici organiche. Infatti, non tutta la sostanza organica presente può essere digerita tal quale dai microrganismi responsabili della produzione del biogas. Ad esempio, composti come la cellulosa, l’emicellulosa e soprattutto la lignina sono difficilmente degradabili. A tal fine sono pertanto necessari pretrattamenti con cui aumentare la solubilità dei solidi organici, accelerare e migliorare il tasso di biodegradazione. Queste tecniche possono essere di diverso tipo: fisico-meccaniche, termiche, chimiche, biologico-enzimatiche e il ruolo della ricerca par l’innovazione tecnologica si conferma indispensabile per affrontare le sfide del futuro. Oggi l’ENEA, nel Centro Ricerche della Casaccia dispone di un sistema che genera campi elettrici pulsati ad alta tensione e bassa intensità di corrente (denominato commercialmente BioCrack), che apre dei varchi nella membrana cellulare. Tale sistema, in collaborazione con il  Dipartimento di ingegneria civile industriale dell’Università di Roma La Sapienza  (dr. Danilo Morriello) è stato integrato ad un piccolo impianto pilota di digestione anaerobica (1 m3 di volume) per il pretrattamento delle biomasse ad alto contenuto di componenti lignocellulosiche con cui viene alimentato. Per la sperimentazione sono state scelte come matrici di lavoro, un insilato di mais dal contenuto in cellulosa ed emicellulosa piuttosto consistente e una miscela di prodotti vegetali con presenza di cellulosa ed emicellulosa molto più bassa. Entrambi costituivano la miscela di alimentazione di un impianto industriale di produzione di biogas. Dall’analisi dei dati ottenuti sperimentalmente dai BMP, è emerso che questo sistema di pretrattamento produce gli effetti attesi sulle matrici con un alto contenuto cellulosico. Infatti, il BioCrack danneggia soprattutto la struttura tridimensionale della cellulosa ed emicellulosa, riducendo la reticolazione delle catene polisaccaridi (“cristallinità”). Questo, in estrema sintesi, aumentando la superficie disponibile per l’azione dei microrganismi, incrementa la solubilità della materia organica e anche il potenziale metanigeno delle biomasse lignocellulosiche. Mentre invece l’effetto del BioCrack su matrici a basso contenuto lignocellulosico è nullo se non addirittura controproducente.

Oltre a questo pretrattamento di carattere chimico-fisico è possibile ricorrere a processi biochimici molto frequenti in natura. Infatti, i mammiferi erbivori e numerosi insetti xilofagi non producono enzimi capaci di degradare la cellulosa del materiale vegetale ingerito e a tal fine sviluppano simbiosi con pool di microrganismi presenti nel loro tratto intestinale. All’interno di questo consorzio giocano un ruolo fondamentale i funghi anaerobi ruminali (ARF). Una caratteristica di questi microrganismi è che sono tra i più attivi degradatori di materiale cellulosico e producono una gran quantità di enzimi e di complessi enzimatici capaci di intaccare la parete cellulare vegetale e le fibre vegetali ingerite dall’animale ospite. Poiché la degradazione del materiale lignocellulosico è attualmente ritenuto il principale collo di bottiglia nel processo di digestione anaerobica, grandi sviluppi sono attesi dallo studio di tali organismi. Con l’utilizzo degli ARF si apre, dunque, la possibilità di effettuare dei co-trattamenti “in situ” tramite il potenziamento di tale comunità nei digestori anaerobici. Secondo studi condotti dall’Università della Tuscia e dall’ENEA l’utilizzo di un inoculo integrato di ARF (Neocallimastix sp. e Orpinomyces sp.) e di un consorzio selezionato di altri microrganismi idrogeno-produttori, ha consentito di ottenere rilevanti incrementi della produzione di biogas anche da chitina e paglia di grano.

Per una possibile applicazione industriale di ceppi fungini ruminali in grado di migliorare i processi di produzione di biogas, dopo aver testato la capacità di crescere in piccoli bioreattori da banco, si sta passando a successivi step di scale-up industriale fino al ricorso di tali inoculi per l’utilizzo su scala reale. Su quest’ultimo fronte i risultati di processo sono incoraggianti, aspetto non scontato vista la difficoltà di alcuni microrganismi della comunità fungina di crescere e svilupparsi su terreni di coltura di grandi volumi.

La sfida sul fronte delle biomasse lignocellulosiche per la digestione anaerobica si gioca anche sul campo della meccanizzazione agricola. Da questa, infatti, dipende la capacità di contenere il costo dell’approvvigionamento della materia prima, dalla raccolta alla sua trasformazione, trasporto e stoccaggio. Infine, visto che dalla digestione di questa risorsa rinnovabile si può ottenere anche il biometano, sarebbe un importante segnale di transizione ecologica poter alimentare con questo biocarburante i motori delle macchine agricole impiegate nei nostri campi. Una svolta non indifferente nella sfera della bioeconomia circolare. 

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