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Enabling, un modello per lo sviluppo sostenibile

Per fronteggiare la crisi ambientale, economica e sociale, la Commissione Europea ha lanciato il Green Deal, un programma ambizioso di sviluppo sostenibile. In Europa il settore industriale, nonostante i primi passi verso l’economia circolare, continua a dipendere eccessivamente da materie prime non rinnovabili e ad emettere il 20% dei gas a effetto serra. La transizione verso una consistente decarbonizzazione dell’economia necessita di misure concrete e di strumenti adeguati; il Progetto Enabling coordinato da FederUnacoma e Itabia costituisce una interessante esperienza pilota

di Matteo Monni
marzo 2020 | Back

La Commissione Europea, con la Comunicazione del dicembre scorso, ha illustrato il Green Deal per l’Unione europea e i suoi cittadini. Un documento di orientamento strategico con cui si delineano le linee di sviluppo da seguire per fronteggiare i problemi legati al clima, all’ambiente e alla giustizia sociale. Nelle 26 pagine del documento si inquadrano i principi guida che ispireranno le politiche future dell’Unione Europea per una decarbonizzazione dell’economia in chiave dinamica, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva. Con questi presupposti si dovranno attivare un gran numero di misure in modo che nel 2050 non si genereranno emissioni nette di gas a effetto serra e la crescita economica sarà associata da un uso più razionale delle risorse.

Tra i tanti temi trattati, il Green Deal sottolinea la necessità di “mobilitare l’industria” per una transizione dei sistemi produttivi dall’approccio lineare del passato ad uno moderno e “circolare”. Secondo la Commissione una trasformazione di questa portata, del settore industriale e di tutte le catene del valore associate, richiederà almeno 25 anni (un’intera generazione). Quindi, per conseguire la neutralità climatica nel 2050, le decisioni e le azioni conseguenti dovranno essere immediate, entro i prossimi cinque anni.

Nonostante gli allarmi lanciati a livello mondiale, negli ultimi 50 anni, l’estrazione di materiali è triplicata ed è in continua crescita, depauperando le risorse e incrinando gli equilibri naturali. Circa la metà delle emissioni totali di gas a effetto serra, oltre al 90% della perdita di biodiversità e dello stress idrico, sono determinati da un uso tutt’altro che razionale delle – sempre più limitate – materie prime. L’industria europea, benché abbia iniziato la transizione, contribuisce ancora al 20% delle emissioni di gas a effetto serra dell’UE. Essa è ancora troppo dipendente dal flusso di nuovi materiali non rinnovabili, trasformati in merci e, infine, smaltiti come rifiuti. Ad oggi solo il 12% dei materiali utilizzati proviene dal recupero di scarti e sottoprodotti.

In considerazione di quanto detto, si capisce il valore del Progetto Enabling “Enhance New Approaches in Biobased Local Innovation Networks for Growth”, coordinato da FederUnacoma e Itabia a cui partecipano 16 partner in rappresentanza di 13 Paesi diversi.

Il Progetto, sviluppato nell’ambito del programma H2020 (CSA, Coordination Support Action), ha lo scopo di stimolare il mercato dei bioprodotti ottenuti da risorse rinnovabili agevolando il contatto tra il settore agricolo (produttore di biomasse) e quello industriale (trasformatore).

Nei primi due anni di attività sono state realizzate specifiche azioni volte a facilitare lo sviluppo della bioeconomia puntando alla valorizzazione di materie prime di origine biologica – residuali o appositamente coltivate – da destinare a diversi settori come la chimica verde, il tessile, l’automotive, la nutraceutica, la bioedilizia, ecc.

In estrema sintesi le attività sono finalizzate a: stimare il potenziale nazionale e locale dei residui di biomassa da allocare all’industria dei prodotti a base biologica (BBP); identificare le parti interessate – nel mondo agricolo e industriale – per attivare le filiere di approvvigionamento nel settore dei BBP; creare reti tra aziende, amministrazioni, enti di ricerca; selezionare le migliori pratiche aziendali e distrettuali nell’ambito dei BBP; trasferire know-how tecnologico e normativo a società potenzialmente interessate; organizzare attività di divulgazione.

In merito alla stima del potenziale di biomasse residuali disponibili nei 13 Paesi coinvolti, primo step del progetto, sono state considerate un gran numero di tipologie di risorse derivanti dal settore agricolo, agroindustriale e forestale. Oltre agli aspetti quantitativi, per ciascuna di queste biomasse è stata fornita la caratterizzazione chimico-fisica indicandone le componenti e i possibili impieghi industriali. Nel complesso la disponibilità teorica di tali risorse si aggira intorno a 347 milioni di tonnellate annue, un vero e proprio giacimento di molecole sintetizzate dalla natura dalle innumerevoli applicazioni industriali.   

In Italia le biomasse stimate sono solo il 7% del valore complessivo, ma questo è dovuto al fatto che non sono state considerate (a differenza di altri Paesi) quelle di origine forestale. L’attenzione è stata volutamente limitata ai residui di colture agricole erbacee (27 tipologie) e arboree (23 tipologie), oltre a quelle derivanti dal settore della trasformazione industriale di frutta e ortaggi (olio, vino, conserve, succhi, ecc.). Nell’insieme il nostro Paese dispone di un potenziale teorico annuo di circa 25 milioni di tonnellate di biomasse, che da scarti possono divenire preziose materie prime per la biobased industry. Per la valorizzazione di tutte queste risorse, oltre alla creazione di filiere locali, è importante il ricorso ad una moderna meccanizzazione per rendere efficiente il loro trasferimento dal territorio agli impianti di trasformazione. I dati nazionali, che nella tabella sono aggregati su tre macro aree, sono stati calcolati con un dettaglio a livello provinciale al fine di fornire informazioni utili alla nascita di filiere in ambito locale.   

Oltre alle stime di massima su tipologia e quantità di materie prime reperibili sul territorio, Enabling fornisce anche una serie di strumenti per agevolare il concretizzarsi di iniziative di carattere imprenditoriale.

Con le attività di coaching, fruibili tramite il sito Web (www.Enabling-project.com), si offre un supporto operativo, sia alle imprese produttrici di biomassa, sia all’industria BBP. I soggetti interessati possono chiedere informazioni sulle opportunità di mercato, l’innovazione e le tecnologie, i documenti scientifici, le leggi UE e nazionali e molto altro. Inoltre, per orientare le imprese nelle loro scelte, si è provveduto a realizzare una consistente raccolta di pubblicazioni inerenti la bioeconomia circolare. Nel complesso questa biblioteca, accessibile dal sito del progetto, si compone di circa 180 testi che trattano il settore dal punto di vista tecnico, scientifico, normativo e strategico. 

Un ulteriore servizio attivato da Enabling è la piattaforma BiomassTrade, il luogo virtuale (fruibile online) dove i produttori di biomassa e le imprese interessate alla loro trasformazione possono entrare in contatto e stabilire degli accordi di fornitura privatamente. La piattaforma BiomassTrade, senza alcun onere di intermediazione o responsabilità per Enabling, consente agli utenti interessati di cercare od offrire biomasse residuali, prodotti a base biologica e servizi nei diversi settori della bioeconomia. La piattaforma opera a livello UE, ma mira a collegare le parti interessate per favorire lo scambio di beni e servizi a livello locale in un’ottica di filiera corta.

Altra attività molto importante nel progetto, è l’individuazione e la divulgazione delle buone pratiche della biobased industry, per facilitare la replicabilità di iniziative ad alto grado di sostenibilità (ambientale, economica e sociale). In tale ottica il progetto prevede l’elaborazione di 130 schede descrittive di casi di studio virtuosi (20 per l’Italia), e la realizzazione di 5 brevi documentari che descrivano filiere produttive della bioeconomia con un forte legame tra agricoltura e industria. Ad oggi i partner del progetto hanno già selezionato quasi 100 buone pratiche. Queste, di volta in volta, vengono caricate su un’apposita sezione del sito web, “The Best Practices Atlas”, dove ciascuna di esse viene illustrata e geolocalizzata. Infine, per fornire modelli di riferimento a cui ispirarsi, FederUnacoma e Itabia hanno da poco realizzato tre dei cinque video previsti dal progetto (vedi box a pag. 18), i restanti sono in via di perfezionamento.

Tutte queste attività, più altre ancora in corso d’opera, verranno mostrate e dibattute in occasione della conferenza finale del Progetto, che si terrà a Bologna nell’ambito della Fiera EIMA International 2020. 


 

I video del Progetto Enabling

La divulgazione del progetto ha previsto la produzione di brevi documentari che presentano esperienze vincenti in tema di sostenibilità


Video 1 - Azienda agricola di Gaetano Spitale (Italia)

Azienda agricola innovativa; filiera del fico d’india; biomasse residuali agricole (cladodi); bioeconomia; risparmio di acqua; energia rinnovabile; ricerca scientifica.

Il video dimostra come l’agricoltura tradizionale possa trovare importanti sbocchi economici non solo nel settore alimentare, ma anche in quello dell’industria dei bioprodotti. A tal fine è stato intervistato un agricoltore, titolare di una’azienda agricola in Sicilia, che coltiva fichi d’india. Da diversi anni Gaetano Spitale vende grandi quantità di potature delle piante (i cladodi) ad aziende farmaceutiche in Germania e Austria. Oggi fornisce tali biomasse anche ad una bioraffineria recentemente attivata in Sicilia. è interessante vedere come l’approccio di Spitale alla bioeconomia sia associato ad una serie di innovazioni tecniche e colturali che generano vantaggi economici ed ambientali sul territorio locale. A tal fine questo intraprendente agricoltore collabora da tempo con tecnologi e ricercatori di ottimo livello. 

Video 2 - Azienda BIONAP (Italia)

Biomasse agricole; biodiversità; innovazione tecnologica; chimica verde; internazionalizzazione del mercato.

Il video descrive un’azienda industriale modello nata dall’intuizione di uno scienziato, Francesco Bonina, esperto in tecnologie farmaceutiche. Bonina ha saputo mettere a frutto le sue conoscenze per estrarre da piante mediterranee e dai sottoprodotti agroindustriali (circa 500.000 t/anno) molecole con cui produrre formulati (100.000 t/anno) utili all’industria della farmaceutica, nutraceutica e cosmesi. In circa 20 anni di attività la Bionap è molto cresciuta, diventando una solida impresa con più di 40 dipendenti, un notevole fatturato e produzioni di qualità che esporta in tutto il mondo.

Bionap ha creato una forte sinergia tra il mondo agricolo e quello industriale attraverso una politica aziendale attenta alla sostenibilità ambientale. Per questo Bionap investe molte risorse economiche in attività di ricerca e comunicazione.          


Video 3 - AB Group (Italia)

Valorizzazione residui agricoli; biogas rinnovabile; biofertilizzante (digestato); economia circolare.

Il video riguarda un sistema tecnologico per la produzione di biogas e digestato attraverso il processo di digestione anaerobica di matrici organiche di origine agricola ed agroindustriali. Il biogas alimenta un generatore da 600 kW che produce energia elettrica (immessa in rete) e termica (ceduta alle vicine serre). Il digestato viene ceduto alle aziende agricole del territorio che lo spargono nei loro campi per restituire sostanza organica al suolo. Si tratta di un perfetto esempio di economia circolare con ricadute positive sull’economia e ambiente.   

Video

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