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Tecnica

Ganci agricoli, una tecnologia in evoluzione

Seppur con qualche difficoltà prosegue la transizione dallo storico gancio "CUNA" al più moderno gancio "CE". In ogni caso, sono ora disponibili dispositivi che garantiscono un livello di sicurezza considerevolmente superiore, sia nella fase di trasferimento che in quella di accoppiamento

di Domenico Pessina
dicembre 2017 | Back

La modalità tradizionale (e storica) di accoppiamento tra il trattore e le attrezzature è senza dubbio quella trainata, dove la motrice è dotata di un gancio, detto appunto di traino. Nei paesi dove la meccanizzazione non è ancora particolarmente evoluta, si tratta dell’unica soluzione di abbinamento tra il trattore e la macchina operatrice. Peraltro, una valida alternativa (disponibile ormai da lungo tempo e presente su tutti i trattori moderni) riguarda l’accoppiamento portato, dove il tramite del collegamento è l’attacco a tre punti gestito dal sollevatore idraulico. I rimorchi agricoli, e tutte le macchine operatrici ad essi assimilati, si collegano quindi al gancio di traino con un timone, che nella versione mobile permette una determinata oscillazione nel piano verticale e termina con un “occhione”, ovvero un anello molto robusto nel quale mediante l’interposizione di un apposito perno si realizza l’aggancio.

 

L’omologazione

Poiché il citato collegamento tra il gancio e l’occhione tramite il perno risulta essere l’unico elemento di unione tra due mezzi che possono raggiungere entrambi masse di parecchie tonnellate, è del tutto evidente che la sicurezza operativa deve raggiungere i massimi livelli, considerando anche che la percorrenza di questi convogli non avviene solamente su vie asfaltate aperte al traffico, ma anche (e a volte soprattutto) su superfici particolarmente accidentate, come spesso sono le strade interpoderali e forestali. Pertanto, sia il gancio di traino che l’occhione terminale del timone sono rigorosamente normati per ciò che concerne le loro dimensioni, cui corrisponde una serie di precisi requisiti minimi da rispettare, verificati da organismi indipendenti accreditati, che sulla base di standard specifici eseguono delle severe prove di omologazione dei prototipi, cui deve seguire una produzione di serie identica al modello sottoposto a verifica. Con riferimento alla NC338-02, una norma della CUNA (la Commissione Tecnica di Unificazione dell’Autoveicolo), il Regolamento di Attuazione del Nuovo Codice della Strada prescrive l’obbligo dell’equipaggiamento del gancio (o dell’occhione) per quelle macchine agricole destinate ad un accoppiamento trainato. Queste ultime devono essere dotate di dispositivi classificati in categorie (identificate con una lettera, seguita talvolta da una cifra), sostanzialmente differenti in base alla massa massima rimorchiabile e al massimo carico verticale ammissibile sul gancio. Fin qui la normazione nazionale. La necessità della libera circolazione nell’Unione Europea ha però da tempo posto un problema di unificazione a livello europeo, con la conseguente necessità di introduzione e diffusione del cosiddetto “gancio CE”. A definire lo standard di quest’ultimo è stata deputata primariamente la Direttiva 89/173/CE, cui sono seguite altre Direttive di pari tema che adeguavano via via la materia al progresso tecnico. Sfortunatamente, la normativa comunitaria ha previsto delle tipologie di gancio significativamente diverse rispetto a quello definito dalla CUNA, costringendo pertanto i costruttori ad offrire a catalogo diversi linee di prodotto, richieste dai diversi mercati.

Per ottenere l’omologazione, i ganci (così come gli occhioni) sono in ogni caso sottoposti ad una serie di carichi orizzontali e verticali, di entità definita in base alle prestazioni dichiarate, tenuto conto di un opportuno margine di sicurezza. A riprova dell’idoneità del dispositivo, i ganci e gli occhioni riportano sulla loro struttura gli estremi della sigla di approvazione che, oltre a dati anagrafici di identificazione dell’omologazione, contengono simboli alfanumerici indicativi  delle prestazioni del dispositivo. Per un gancio, ad esempio, la sigla:

 

DGM GA xxxx 6 t V0,5

ha il significato seguente:

DGM = Direzione Generale della Motorizzazione

GA = Gancio Agricolo

xxxx = identificazione dell’omologazione

6 t = massa massima rimorchiabile: 6 tonnellate (ovvero 6.000 kg)

V 0,5 = carico Verticale massimo ammesso: 0,5 tonnellate (ovvero 500 kg)

 

Le tipologie e le regolazioni

E’ quindi importante conoscere le possibilità di accoppiamento di ogni trattore in funzione del gancio (o dei ganci) montati, e non eccedere, considerando anche che oltre ad uno sforzo orizzontale, naturale in caso di traino, alcuni tipi di gancio devono sopportare anche carichi verticali, dovuti al collegamento con rimorchi (e operatrici ad essi assimilate) che, per loro costruzione, “scaricano” parte del proprio peso sull’occhione e, quindi, sul gancio di traino. Ciò accade specialmente con rimorchi dotati di un unico asse o di più assi ravvicinati tra loro e collocati in posizione asimmetrica nella parte posteriore del pianale di carico (o del cassone).

A causa delle necessità di accoppiamento con un’ampia varietà di attrezzature, i ganci agricoli sono concepiti in maniera differente rispetto a quelli montati su altri veicoli industriali (come ad esempio gli autocarri), e pertanto richiedono il posizionamento a diverse altezze da terra, soprattutto per minimizzare il rischio di eccessivo alleggerimento dell’avantreno del trattore, con rischi di ridotta sensibilità nel direzionamento del veicolo o addirittura di capovolgimento per impennamento.

Pertanto, per lavorare in sicurezza è fondamentale mantenere una linea di tiro il più possibile orizzontale, ma soprattutto con il punto di aggancio nella posizione più bassa.

Diverse norme hanno poi definito quali devono essere le condizioni di equilibrio che garantiscono una sufficiente sicurezza nel traino delle attrezzature con il trattore. In pratica, il principio base consiste nel regolare l’altezza del gancio in modo che in qualsiasi condizione sia garantito almeno il 20% del peso del trattore sulle ruote dell’asse sterzante (ovvero quello anteriore), anche eventualmente con l’aggiunta di apposite zavorre anteriori a sbalzo.

Per soddisfare al meglio queste esigenze, quasi tutte le categorie codificate di ganci agricoli possono essere regolati in altezza, grazie al cosiddetto “castello portagancio” che viene di norma fissato tramite due o più robusti perni in diverse posizioni sul telaio di base, a sua volta solidale alla parte posteriore del trattore.

Fa eccezione il solo gancio di categoria A, che è in pratica una barra di traino solitamente incernierata nella parte ventrale del trattore, e normalmente sostenuta nella parte terminale grazie a due piastre forate, rispetto alle quali può essere bloccata in posizione disassata. In pratica, con questo gancio è possibile far avanzare l’operatrice lateralmente rispetto al trattore, evitando che i suoi pneumatici passino sulle tracce già prodotte dalle ruote (o dai cingoli) del trattore, in modo da ridurre l’intensità localizzata del compattamento del suolo agrario.

 

L’aspetto della sicurezza

Il componente più importante di tutto l’insieme è il castello portagancio, che è poi la parte sulla quale l’operatore interviene più spesso, sia per regolarne la posizione in verticale, sia soprattutto per agganciare o sganciare gli attrezzi collegati. Quest’ultima operazione, in verità alla pari con quella similare di fissaggio e stacco delle attrezzature portate dall’attacco a tre punti, è tuttora fonte di numerosi infortuni e oggetto pertanto di sviluppi per rendere (semi)automatica la sequenza di movimenti da effettuare, possibilmente senza la necessità di intervento di un addetto in prossimità del dispositivo.

Nel dettaglio, con il classico gancio CUNA il collegamento tra gancio di traino e occhione terminale del timone viene realizzato con un robusto perno, che deve essere collocato in sede, normalmente proprio da un operatore a terra che staziona in prossimità dei due mezzi. A causa di movimenti improvvisi, nella sua manovra di indietreggiamento il trattore potrebbe colpire l’unità a terra, costringendola contro l’attrezzatura. Per tale motivo, da diverso tempo sono stati introdotti sul mercato dispositivi di agevolazione di questa manovra, basati sulla movimentazione remota del perno, in modo da disimpegnare e successivamente impegnare l’occhione con leverismi azionabili dal posto di guida.

Parallelamente, sono state messe a punto alcune soluzioni per rendere più sicura e soprattutto meno faticosa la regolazione verticale del castello del gancio, tramite le cosiddette “slider”, ovvero slitte scorrevoli dotate di perni retraibili con meccanismi a molla (comandabili con leve o maniglie), che scorrendo verticalmente in due binari della struttura principale del gancio consentono un rapido e agevole adattamento dell’altezza della linea di tiro.

 

Il mercato

Per ciò che concerne i sistemi di traino, i costruttori italiani occupano un posto di rilievo assoluto, proponendo una gamma di validi prodotti, adatti sia alla realtà tipicamente italiana del gancio CUNA, sia a quella europea del gancio CE. Senza la pretesa di esaurire l’elenco, si possono citare CBM di Modena, V.Orlandi di Flero (BS), Aries di Montone (PG) e Malesani di San Bonifacio (VR).


Completamente automatici

Oltre a sistemi di comando remoto per l’agganciamento delle attrezzature trainate che prevedono comunque l’intervento diretto del conducente del trattore, sono state messe a punto di recente alcune soluzioni completamente automatiche che, con l’aiuto della sensoristica e dell’elettronica sono in grado di eseguire l’operazione a “colpo sicuro”, ovvero in modo efficiente e più rapido.

Ad esempio, l’irlandese Dromone ha messo a punto il “pick-up hitch”, un dispositivo basato su una barra estendibile e retraibile, incernierata sul fondo del trattore, che può essere inclinata meccanicamente o idraulicamente nel piano verticale, in modo da favorire l’azione di agganciamento del dispositivo collocato all’estremità del timone dell’operatrice trainata. Per accoppiarsi convenientemente con l’attrezzatura, la barra principale può ospitare diversi dispositivi terminali, quali la classica barra di traino, oppure ganci a sfera o a uncino.

L’operazione viene eseguita estendendo e abbassando la barra principale, indietreggiando con il trattore sino a far combaciare il dispositivo terminale con il corrispettivo dell’operatrice rimorchiata, e successivamente ripetere la sequenza in ordine inverso, che comunque prevede un blocco di sicurezza finale.

Per le attrezzature trainate dotate di organi lavoranti azionati meccanicamente, che quindi oltre all’agganciamento necessitano anche del collegamento con la presa di potenza del trattore attraverso l’albero cardanico, John Deere ha messo a punto l’Autoconnect, un dispositivo innovativo premiato all’ultima edizione del SIMA di Parigi. In pratica, tramite il solo posizionamento del trattore rispetto all’operatrice (assistito elettronicamente) l’intera fase di accoppiamento è gestita in automatico, con il notevole vantaggio che non solo il fissaggio del gancio, ma anche quello dell’albero cardanico non richiedono l’intervento dell’operatore a terra.



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