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Ambiente

Energia verde, gli obiettivi per il 2030

La Commissione europea è in prima linea nel contrastare i cambiamenti climatici. Una nuova Direttiva impone agli Stati membri di elaborare specifici Piani Nazionali Integrati per l’Energia e il Clima al 2030. L’intenzione è quella di azzerare le emissioni climalteranti del vecchio Continente entro 30 anni, trainando lo sviluppo sostenibile a livello globale. L’Italia, con il suo Piano, si impegna a contribuire in modo consistente

di Matteo Monni
gennaio - febbraio 2020 | Back

Appare opportuno che su questo numero di Mondo Macchina, il primo di un nuovo anno e decennio, si faccia il punto sul tema molto discusso dello sviluppo sostenibile. Per tanto tempo il 2020 ha rappresentato la data di riferimento per il raggiungimento di importanti traguardi, imprescindibili per la tutela del nostro Pianeta. O, per essere più chiari, per evitare che gli impatti ambientali delle attività antropiche peggiorino la qualità della vita – se non la sopravvivenza – dell’uomo stesso.

Non a caso, in ambito scientifico, l’attuale epoca geologica viene chiamata antropocene. Proprio per la provata correlazione tra lo sviluppo della nostra specie e una buona parte delle pericolose modifiche territoriali e climatiche in atto. Vista la situazione, per evitare il peggio, occorre agire in fretta e non certo in tempi geologici!

In Europa, sul fronte delle fonti energetiche rinnovabili (FER) e dell’efficienza energetica, il numero 20 ha un’aura magica per la tripletta di obiettivi ad esso associati. Entro il 2020, infatti, ci eravamo impegnati a raggiungere il target fatidico del 20% di riduzione delle emissioni climalteranti, di risparmio energetico e di utilizzo delle FER.

In ambito nazionale possiamo ritenerci parzialmente soddisfatti, visto che abbiamo addirittura superato l’obiettivo della percentuale di rinnovabili sui consumi finali lordi di energia (per l’Italia 17%) con due anni di anticipo. Secondo i dati consolidati, già nel 2018, il contributo delle FER ha superato nel nostro Paese il 18%. In tale percorso, non proprio lineare, la bioenergia svetta su tutte le altre fonti attestandosi da sola su circa 11 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio), il 50% di tutta l’energia verde. Questo primato negli anni a venire si manterrà su scala globale (vedi box).

Meno soddisfacenti sono risultate le misure volte a contenere i livelli di emissioni dei gas ad effetto serra e a limitare i consumi energetici. In realtà questi ultimi sono calati negli ultimi anni, ma più per effetto della crisi economica che per politiche di contrasto alla crisi ambientale.

Ad ogni modo i citati obiettivi, pur sembrando a loro tempo ambiziosi, andranno in futuro ulteriormente potenziati, sia per essere stati in parte disattesi, sia perché sovrastimati. Per questo motivo l’Unione Europea, con la Direttiva 2001/2018 dell’11 dicembre 2018, ha fissato per il 2030 nuovi target di riduzione dei GHG (Greenhouse Gases) e per il contributo delle FER ai consumi energetici. In tale ottica i GHG caleranno del 40%, rispetto ai livelli del 1990, rendendo vincolanti gli impegni presi con l’Accordo di Parigi del 2015. Invece le FER saliranno al 32%, a livello europeo, con possibile revisione al rialzo a fine 2023. Infine, l’obiettivo specifico per le FER nel settore dei trasporti viene portato (dal 10% per il 2020) al 14% (con possibile riduzione se si impiegano meno biocarburanti da prodotti agricoli), stabilendo anche un obiettivo minimo per i biocarburanti avanzati (dallo 0,22% nel 2022 al 3,5% nel 2030). I biocarburanti prodotti da colture alimentari potranno coprire al massimo il 7% dei consumi, con riduzione progressiva dal 2024 fino a zero nel 2030 per quelli ad elevato ILUC. A partire dal 2021 viene stabilito un “tetto” massimo dell’1,7% ai biocarburanti prodotti da oli esausti.

Inoltre, con un apposito atto (Regolamento 1999/2018 UE dell’11 dicembre 2018) si stabilisce che entro il 31 dicembre 2019 e, dal 1° gennaio 2029, ogni dieci anni gli stati membri dovranno predisporre un Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) con l’indicazione di traiettorie, strategie e strumenti per raggiungere gli obiettivi europei di politica energetica e climatica.

Nel rispetto delle disposizioni di Bruxelles il Ministero dello Sviluppo Economico italiano ha già inviato (8 gennaio) alla Commissione europea una proposta di Piano nazionale, strutturato secondo cinque dimensioni: decarbonizzazione, efficienza energetica, sicurezza energetica, mercato interno dell’energia, ricerca, innovazione e competitività. Gli obiettivi che ci siamo posti con tale strumento sono consistenti e, in estrema sintesi, puntano ad assicurare: una percentuale di produzione di energia da FER nei Consumi Finali Lordi di energia pari al 30%, in linea con gli obiettivi previsti per il nostro Paese dalla UE, con la previsione nel 2030 di un consumo finale lordo di energia di 111 Mtep, di cui circa 33 Mtep da fonti rinnovabili; una quota di energia da FER nei Consumi Finali Lordi di energia nei trasporti del 21,6% (con 6 milioni di veicoli elettrici) a fronte del 14% previsto dalla UE; una riduzione dei consumi di energia primaria rispetto allo scenario PRIMES 2007 del 43% a fronte di un obiettivo UE del 32,5%; la riduzione dei GHG vs 2005 per tutti i settori non ETS (civile, industria non energivora, agricoltura, trasporti terrestri) del 33%, obiettivo superiore del 3% rispetto a quello previsto da Bruxelles. Possiamo quindi affermare che, in ambito nazionale ed europeo, ci stiamo attrezzando per contrastare le cause e contenere gli effetti dei cambiamenti climatici.

In tale ottica, un primo segnale positivo viene dalla Banca Europea per gli investimenti (BEI), che recentemente ha lanciato una nuova politica per favorire investimenti utili all’ambiente. Il board dell’istituto ha deciso che entro due anni bloccherà i finanziamenti al “fossile”, orientandoli alle “rinnovabili”. A tal fine, entro il 2030, metterà in campo risorse in grado di sostenere investimenti pari a 1 trilione (mille miliardi) di euro. La Commissione europea ha votato a favore dei “prestiti energetici” della BEI, confermando l’interesse della neo presidente Ursula Von der Leyen a lanciare il “Green Deal for Europe” tra le prime azioni del suo mandato. Si configura, dunque, come una priorità strategica che l’Europa diventi il primo continente al mondo neutrale dal punto di vista dell’impatto climatico entro il 2050. Contemporaneamente l’UE porterà avanti negoziati internazionali per far sì che anche le altre importanti economie del mondo si battano per mitigare i cambiamenti climatici.

Un’impresa, questa, che non si profila semplice, a giudicare dagli esiti deludenti della COP 25 di Madrid, dove su scala globale la politica ancora stenta a prendere una posizione netta e in linea con gli accordi della COP 21 di Parigi. A questo punto, speriamo che le incertezze dei governi di tutto il mondo, recepiscano le richieste di tanti giovani che si stanno mobilitando e delle imprese pronte a scommettere su rinnovabili ed economia circolare. Staremo a vedere.


Biomasse e bioenergia: prospettive di sviluppo

L’International Energy Agency parla testualmente della bioenergia come di un gigante nel campo delle rinnovabili, per le sue molteplici applicazioni, che – oltre alla produzione di elettricità – interessano l’energia termica e i biocarburanti per i trasporti.

Secondo le proiezioni IEA sembrerebbe che, a livello globale, assisteremo ad un sensibile incremento delle FER (circa 250 Mtep), che incideranno sui consumi complessivi di energia per il 12% entro il 2023 (per raggiungere il 18% nel 2040). In tale incremento la bioenergia giocherà un ruolo di importanza primaria fornendo un contributo di 76 Mtep, pari al 30% rispetto a tutte le rinnovabili. Per far sì che tale trend sia effettivamente rispettato si fa riferimento esplicito ad una moderna espressione della bioenergia che – facendo tesoro delle esperienze maturate – porti avanti unicamente dei modelli pienamente sostenibili per la valorizzazione delle biomasse. Questi dovranno essere caratterizzati da tecnologie mature ed efficienti e da filiere di approvvigionamento ben integrate al territorio. Ponendo al centro dell’attenzione la biomassa – risorsa rinnovabile, ma non inesauribile – la bioenergia sarà veramente moderna quando troverà un giusto equilibrio con altri ambiti produttivi che attingono alla stessa materia prima. Stiamo parlando di settori di grande importanza che, oltre a quello alimentare, interessano l’ampia sfera della bioeconomia, come la chimica verde, la bioedilizia, la nutraceutica, la cosmesi e via dicendo.

Con un simile approccio il gigante della moderna bioenergia assumerà delle dimensioni ancora più imponenti e non potrà sfuggire ad una visione strategica di sviluppo, che – superando la sfera dell’energia – approderà nel più vasto contesto dell’economia circolare. Preso atto delle dimensioni del fenomeno, non si potrà più parlare di un gigante nascosto (hidden giant) ma di un gigante dormiente che sarà bene destare chiarendo bene le regole affinché questo avvenga in accordo con le migliori pratiche disponibili.

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