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Tecnica

Sedili intelligenti, un supporto per loperatore agromeccanico

Dalle arcaiche molle a “U” ai più evoluti dispositivi di regolazione automatica dell’assetto, della rigidezza e della risposta dinamica della sospensione: questo il percorso tecnologico di un componente che ha assunto nel tempo un’importanza sempre maggiore

di Domenico Pessina e Lavinia Eleonora Galli
novembre 2019 | Back

La valutazione del rischio da vibrazioni meccaniche sull’uomo si basa sulla considerazione che il corpo umano può essere modellizzato come un sistema combinato di masse, molle e smorzatori. Ognuna di queste componenti riveste un ruolo e/o una funzione ben precisi: negli ultimi decenni sono stati messi a punto diversi modelli che ben rappresentano le caratteristiche vibrazionali dei diversi organi, distretti e parti del corpo umano.

La misurazione e la quantificazione del livello vibrazionale non è semplice, dato che l’essere umano è sensibile in toto, anche se in diversa misura, alle sollecitazioni meccaniche. A tale fine è importante tener conto di quattro parametri. Intensità di vibrazione: sebbene possa essere misurata anche in termini di spostamento o di velocità, il parametro più frequentemente adottato per la quantificazione delle vibrazioni è l’accelerazione, anche perché i sensori di gran lunga più diffusi sono gli accelerometri, e perché le normative stabiliscono valori limite in m/s², ovvero proprio l’unità di misura dell’accelerazione; asse di percezione: le vibrazioni si trasmettono con modalità molto varie, ma per la definizione della loro pericolosità è necessario stabilire degli assi di riferimento, che per convenzione sono quelli verticale (z), longitudinale (x) e trasversale (y). Dal punto di vista ergonomico, le vibrazioni più dannose sono quelle nell’asse verticale, perché sollecitano nello specifico la colonna vertebrale; frequenza: ci sono alcuni intervalli di frequenza ai quali il corpo umano (nei suoi diversi organi e parti) è maggiormente sensibile, e ciò influisce grandemente sul disturbo o danno da vibrazioni. Gli standard tengono adeguatamente conto di ciò “pesando”, ovvero correggendo, i valori strumentali (che sono rilevati in modo lineare) in modo da restituire valori che siano il più possibile rappresentativi del reale impatto a livello ergonomico; tempo di esposizione: come è facilmente intuibile, si tratta di un aspetto molto importante in sé; tuttavia, incide anche la continuità di esposizione, così come la presenza di picchi vibrazionali nella sollecitazione meccanica. Anche eventuali tempi di recupero o riposo tendono a modificare il disturbo vibrazionale, ma quest’ultimo dettaglio è purtroppo raramente considerato dalle normative.

Nell’ambito lavorativo, generalmente si distinguono due modalità di valutazione delle vibrazioni, in relazione al cosiddetto “corpo intero” e all’insieme “mano-braccio”.

In agricoltura, il primo campo di indagine è di interesse per le macchine semoventi (per la presenza di una postazione di lavoro, sostanzialmente rappresentata dal sedile di guida), mentre il secondo riguarda l’uso delle attrezzature a conduzione manuale.

Pertanto, se si restringe (ma non si esaurisce) l’indagine ai trattori, è evidente che le caratteristiche tecniche e le prestazioni dei sedili installati risultano essere fondamentali per minimizzare l’esposizione a vibrazioni per ciò che concerne il corpo intero. In tal caso, si usano accelerometri triassiali, incorporati in un “cuscino” che viene collocato sulla seduta del sedile.

Le lavorazioni più critiche dal punto di vista vibrazionale sono quelle del terreno (più o meno profonde) e i trasporti, a velocità sostenute e/o su terreni sconnessi. Nel primo caso, l’input vibrazionale è dovuto alle sconnessioni del profilo del suolo e dalle reazioni dell’attrezzatura collegata al trattore, mentre nel secondo è l’elevata velocità il fattore principale di disturbo, cui vanno poi aggiunte le sollecitazioni provocate dalle variazioni del moto, ovvero accelerazioni, frenate, ecc.

Sui trattori, oltre all’azione degli pneumatici, non c’è dubbio che il dispositivo praticamente da sempre presente per diminuire la trasmissione delle vibrazioni a bassa frequenza (quelle più dannose per l’uomo) è il sedile dotato di un meccanismo di sospensione, che di solito evidenzia la sua efficacia soprattutto nella direzione verticale, quindi a beneficio della colonna vertebrale.

 

Le sospensioni dei sedili

Diverse, e per certi versi storiche, sono le sospensioni che sono state messe a punto. Sospensione con molla a U: si tratta di un elementare tipo di sospensione, decisamente economico, costituito da barre di lamiera metallica di elevato spessore (8-12 mm) piegate e sagomate a forma di U, fissate sotto la seduta; in tal modo, si sfrutta l’elasticità della piastra di acciaio sagomata in tal modo, finalizzata per smorzare gli scossoni prodotti durante la marcia su superfici sconnesse, più che attenuare le vibrazioni a bassa frequenza. Per i suoi grossi limiti intrinseci, si tratta di una soluzione tecnica praticamente abbandonata; sospensione meccanica: si articola sulla combinazione di una molla in acciaio (di solito elicoidale) con uno smorzatore, idraulico e/o pneumatico. Per la sua economicità, è una tipologia adottata su trattori di fascia medio-bassa, che comunque prevede la regolazione manuale della rigidezza dello smorzatore in funzione del peso del conducente. La struttura meccanica di supporto della seduta e dello schienale è a parallelogramma o a quadrilatero articolato, in grado di variare entro una determinata corsa l’escursione verticale del sedile; sospensione idraulica: sia la funzione elastica (della molla) che quella dello smorzatore sono operate per via idraulica. Nel dettaglio, lo smorzatore è costituito da un cilindro ermetico che contiene un fluido (spesso olio) che sfrutta la sua limitata comprimibilità per limitare le oscillazioni dovute alle sollecitazioni meccaniche; sospensione pneumatica: è la tipologia che incontra oggi i maggiori favori, specie sui modelli di sedile di gamma medio-alta. La struttura portante è spesso a parallelogramma articolato, mentre la funzione molla-smorzatore è svolta da un cilindro in neoprene, che tramite un piccolo compressore alimentato dal circuito elettrico della macchina (di solito a 12 V in corrente continua) viene gonfiato ad una pressione variabile tale da garantire la più corretta rigidezza in relazione al peso del conducente.

L’evoluzione più recente della sospensione del sedile ha visto un’implementazione della soluzione pneumatica. In pratica, invece che aria in pressione, il cilindro in gomma contiene un fluido reologico, all’interno del quale sono diffuse particelle ferromagnetiche. In pratica, facendo variare elettricamente il campo magnetico in cui sono immerse le particelle, è possibile variare il loro allineamento, e con esso la densità del fluido reologico del cilindro di sospensione. Ciò ne modifica in continuo la rigidezza e quindi, pilotando opportunamente il segnale in funzione del peso del conducente e delle sollecitazioni meccaniche, è possibile agire in controfase, smorzando efficacemente le vibrazioni.


I limiti di esposizione vibrazionale

Gli standard ISO 2631 (corpo intero) e 5349 (mano braccio) per la misurazione e la valutazione dell’effetto delle vibrazioni meccaniche definiscono dei profili-soglia in termini di accelerazione, in funzione della frequenza, che sostanzialmente è ricondotto agli intervalli delle frequenze di risonanza delle principali parti, organi e distretti del corpo umano.

Ciò è ampiamente giustificato se si tiene conto che la frequenza di risonanza rappresenta la condizione nella quale un corpo evidenzia la massima sensibilità alla sollecitazione meccanica (ovvero la vibrazione), e quindi dal punto di vista ergonomico il massimo disturbo o addirittura danno. è quindi importante limitare al minimo tale condizione anche nell’ambito lavorativo, ed è a questo obiettivo a cui mirano gli standard ISO.

Peraltro, il tempo di esposizione è una variabile fondamentale per la valutazione dell’impatto vibrazionale sull’organismo umano. In tale contesto, il riferimento sono le classiche 8 ore lavorative, ma in alcuni ambiti professionali (e anche in agricoltura) si verificano alcune situazioni per le quali l’attività viene svolta ben oltre tale durata, e soprattutto i livelli di esposizione sono in assoluto molto alti.

In tema, la Direttiva 2002/44 CE ha il merito di prevedere una routine di calcolo che riassume in un unico valore i limiti di esposizione, e lo relaziona ad una serie di misure ed interventi che devono essere attivati (generalmente dal datore di lavoro) per ridurre l’esposizione al rischio vibrazionale, sia per ciò che concerne il corpo intero che l’insieme mano-braccio.


Regolazione automatica (e memorizzabile) della rigidezza della sospensione in base al peso del conducente

La sospensione del sedile può garantire la migliore prestazione solo se la sua rigidezza è correttamente regolata in base al peso del conducente. Tale operazione è spesso completamente ignorata dagli operatori, che in tal modo non possono usufruire appieno del potenziale beneficio apportato. La regolazione viene effettuata tramite un apposito comando, di solito manopole, leve o pulsanti, che precaricano la molla che definisce la rigidezza del sedile, adattandola al peso del conducente sulla base di una scala di taratura. I più evoluti modelli dotati di sospensione pneu­matica sono dotati di sensori dedicati, che trasmettono all’immancabile centralina un segnale proporzionale alla massa rilevata, in base alla quale viene attivato il compressore che gonfia il cilindro in neoprene alla pressione corrispondente. La tedesca Grammer AG propone da qualche tempo il modello Maximo Evolution, che si differenzia in 3 versioni, denominate “G” (General), “A” (Automatic) ed “E” (Electric), caratterizzati da un crescente livello di automazione. Nel dettaglio, la versione “G” ha la regolazione manuale dell’altezza della seduta sedile tal quale (ovvero non caricato), realizzabile in un intervallo di ± 50 mm rispetto alla posizione intermedia e, analogamente, taratura manuale della rigidezza della sospensione. La versione “A” è implementata con l’automatismo della rigidezza, mentre quella “E” aggiunge invece anche la memorizzazione della posizione e della rigidezza. L’automazione della rigidezza è un valore aggiunto importante, che risolve le difficoltà (e la negligenza) degli operatori che non effettuano scupolosamente tale regolazione manuale, e che in tal modo permette loro di sfruttare in toto i benefici apportati in termini di comfort.


Prove di efficacia delle sospensioni dei sedili

La progettazione di un sedile sospeso si avvale oggi dei più moderni supporti informatici, anche sotto il profilo della simulazione prestazionale. Tuttavia, per la sua messa a punto diversi costruttori continuano a preferire i test meccanici reali, effettuati in laboratorio e/o in campo.

Nel primo caso, il sedile in prova viene montato su banchi vibranti che, oltre a poter simulare le sollecitazioni inerenti le reali situazioni di campo, sono in grado (anche grazie a test complementari) di compiere numerosi controlli della qualità dei materiali, dell’affidabilità e della durata del prodotto. Ad esempio, per garantire il massimo comfort, il cuscino del sedile viene mappato in termini di pressione, che deve essere conforme ai modelli anatomici di riferimento. Nel dettaglio, i materiali di costruzione delle imbottiture (solitamente schiume conformate per favorire la ventilazione interna) vengono verificati anche in termini di durata nel tempo; viceversa, i vari rivestimenti sono assoggettati a test di abrasione accelerata.

Oltre a protocolli di prova specifici per vere e proprie prove in campo aperto, una valida soluzione (complementare, più che alternativa) è rappresentata dai test effettuati sulle cosiddette “piste a risalti”, ovvero percorsi normalizzati in base alla norma ISO 5008, grazie ai quali è possibile verificare l’efficienza della sospensione del sedile in condizioni molto simili a quelle reali (simulando il transito in campo e su una strada interpoderale), ma tenendo conto anche di tutte le componenti del trattore che concorrono alla riduzione della trasmissione delle vibrazioni, ovvero le eventuali sospensioni della cabina e dell’asse anteriore e ovviamente degli pneumatici.

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