
Motocoltivatori e motozappe: verso la transizione elettrica
L’elettrificazione sta trovando crescente applicazione anche nelle macchine semoventi di piccola taglia, quali motozappe e motocoltivatori. Nonostante l’attuale limitata disponibilità commerciale di modelli alimentati a batteria, si tratta di mezzi che potrebbero validamente avvantaggiarsi di questa nuova modalità di azionamento
I simboli iconici della meccanizzazione agricola moderna sono spesso identificati nei trattori e nei macchinari da raccolta imponenti, potenti e molto prestazionali. In realtà, un ruolo essenziale nel lavoro agricolo quotidiano, nelle aziende di estensione limitata e in quelle hobbistiche, specie dove i terreni sono impervi o le pendenze sono importanti, è svolto da mezzi molto più compatti e maneggevoli, come le motozappe e, soprattutto, i motocoltivatori.
La base della piccola meccanizzazione. Il motocoltivatore è una macchina semovente a due ruote, gestita tramite due stegole o manubri impugnati da un operatore al seguito. è equipaggiata con un motore endotermico (alimentato tradizionalmente a benzina o a gasolio, in quest’ultimo caso nei modelli di maggior potenza), che trasmette il moto agli organi di propulsione per l’avanzamento, e contestualmente ad una presa di potenza che rende possibile l’azionamento di svariati attrezzi, come ad esempio zappatrici, aratri, piccoli rimorchi, pompe, falciatrici, lame o turbine sgombraneve, ecc. Si tratta di solito di un mezzo di massa contenuta, indicativamente tra 70 e 150 kg, che comunque assicura una buona stabilità e valida trazione anche su terreni notevolmente declivi. Il suo impiego tipico va dall’orticoltura e la floricoltura professionale, alla manutenzione del verde pubblico, fino alle lavorazioni in vigneti e frutteti di piccole dimensioni.
La motozappa rappresenta una valida alternativa sostanzialmente per la sola lavorazione del terreno, primaria e secondaria. Si gestisce sempre con conducente al seguito, ma non è dotata di ruote motrici e nemmeno della presa di potenza; la sua massa varia generalmente tra 30 e 70 kg. Il motore, anche in questo caso convenzionalmente di tipo endotermico a benzina di potenza molto bassa, aziona in modo diretto gli organi lavoranti (le zappette), che sono fissate su un rotore di larghezza limitata.
La transizione elettrica. Spinta dalla necessità di soluzioni a “emissioni zero”, dalla disponibilità di motori elettrici più efficienti e affidabili e soprattutto dall’aumento della cosiddetta “densità di energia” delle batterie (ovvero maggior capacità di carica in volumi e pesi sempre più ridotti) e dalla loro gestione elettronica, l’elettrificazione delle macchine agricole ha vissuto negli ultimi anni, e ancora più nel periodo presente, una progressiva diffusione. Di conseguenza (in un futuro più o meno prossimo …), si prevede che ciò possa comportare l’abbandono dei combustibili fossili, ma anche di quelli provenienti da fonti rinnovabili, quale fonte energetica per l’azionamento delle macchine tramite il tradizionale motore a combustione interna. In particolare, la meccanizzazione agricola “leggera” sta particolarmente beneficiando di questa transizione, soprattutto per le limitate potenze richieste, che comportano l’adozione di pacchi batteria di dimensioni e pesi ragionevoli. Inoltre, la disponibilità di coppie elevate e costanti per un ampio intervallo del regime di funzionamento, che tipicamente caratterizza il motore elettrico, va a favore di una proficua applicazione proprio sui motocoltivatori e sulle motozappe, specie quando impegnati nelle lavorazioni del terreno. Inoltre, a differenza del motore endotermico, quello elettrico mantiene la medesima efficienza indipendentemente dal carico, con risposte immediate alle variazioni di quest’ultimo. Non sono poi da sottovalutare gli enormi miglioramenti per il comfort e la salute dell’operatore, per i livelli di rumore e vibrazioni drasticamente ridotti e per la totale assenza di emissioni gassose inquinanti, a tutto vantaggio anche della sostenibilità ambientale e soprattutto di un proficuo impiego negli apprestamenti protetti, ovvero serre e tunnel.
Le batterie agli ioni di litio oggi disponibili e installate su motocoltivatori e motozappe garantiscono una ragionevole autonomia, fino a 3-4 ore di lavoro continuo, per ingombri e pesi assolutamente compatibili con un’ottimale operatività dei vari modelli. L’allestimento è modulare, in modo da permettere una sostituzione rapida. Si può quindi lavorare con un primo pacco batterie, mentre un secondo a disposizione si ricarica, senza tempi morti, prelevando energia dalla rete elettrica o, meglio ancora, tramite sistemi fotovoltaici aziendali, grazie anche a caricabatterie performanti, dotati di appositi circuiti di gestione termica del processo. D’altra parte, va tenuto presente che, al contrario di quanto avviene nell’ambito automotive, sui motocoltivatori e sulle motozappe (come del resto anche sui trattori), entro certi limiti il gravare del peso sulle ruote motrici migliora la capacità di tiro, una caratteristica importante per alcune lavorazioni eseguite con questi mezzi.
La situazione di mercato. Al contrario dei trattori, in gran parte di piccola potenza, dove si registra un’offerta decisamente crescente, al momento la presenza sul mercato di motocoltivatori e motozappe elettrici alimentati a batteria non risulta essere particolarmente ricca. Se per le motozappe si tratta spesso di modelli in gran parte tipicamente hobbystici o poco più, per i motocoltivatori la disponibilità è molto scarsa.
Senza dubbio, è una dinamica strana, dato che i pacchi batteria (rigorosamente agli ioni di Litio) di capacità adeguata per assicurare un’autonomia sufficiente per lunghi periodi di lavoro hanno raggiunto dimensioni e pesi assolutamente compatibili con queste macchine. Tra l’altro, si tratta nella maggior parte dei casi di batterie a bassa tensione, 36 o 48 V, ovvero valori che non pongono problemi di eventuale elettrocuzione a carico dell’operatore.
In questo panorama non particolarmente vivace, si distingue la BCS di Abbiategrasso (MI), che in occasione dell’ultima edizione di EIMA International ha presentato un modello di motocoltivatore full electric, denominato e-780, che è stato insignito del riconoscimento come Novità Tecnica. La macchina adotta una configurazione originale, con due motori elettrici, il primo da 1,5 kW dedicato alla trazione e l’altro da 3 kW per l’azionamento delle attrezzature accoppiate tramite la presa di potenza, per una potenza complessiva installata di 4,5 kW. Rispetto all’adozione di un unico propulsore che sopperisce a tutte le richieste, questa scelta progettuale è vantaggiosa, poiché in tal modo è possibile rispondere adeguatamente alle necessità di un’utilizzazione senza penalizzare l’altra, tra l’altro con l’erogazione massima della coppia motrice a bassi regimi e per un ampio intervallo della velocità di rotazione dei due motori elettrici. L’e-780 di BCS ha un’autonomia variabile tra 1,5 e 4 ore circa, in funzione dell’impegno della lavorazione; il pacco batterie si ricarica in poco meno di 2 ore. Analogamente al suo “gemello” equipaggiato con motore endotermico, anche questo motocoltivatore di BCS ha una trasmissione a variazione continua, per velocità di avanzamento tra 0 e 5 km/h.
Costruito in Olanda, ma commercializzato dall’inglese Kersten, è disponibile sul mercato il Matador 2.0, un motocoltivatore elettrico alimentato a batterie agli ioni di Litio a 48 V e una capacità di carica tra 60 e 200 Ah, per una potenza erogabile tra 5 e ben 22 kW, in funzione della configurazione. Si tratta di una macchina di una certa stazza, dato che la sola motrice ha una massa di 240 kg circa. La velocità massima è di 6 km/h, mentre la presa di potenza per l’azionamento delle attrezzature ha regime variabile tra 0 e 1.000 giri/min, controllato elettronicamente. In funzione della capacità del pacco batterie il tempo di ricarica varia tra 1 e 10 ore. Sono abbinabili numerose operatrici: spazzatrici, lame o turbine spartineve, falciatrici, spandiconcime ecc. Oltre ad un’ampia serie di pneumatici, da trazione con costole oppure scolpiti da prato, sia a sezione stretta che larga, interessante è la possibilità di montare ruote in gomma antiforatura, costituite da un nastro battistrada scolpito collegato tramite una serie di “raggi” (sempre in gomma) ad un anello interno che è calettato sul cerchione.
Viceversa, la scelta per ciò che concerne le motozappe elettriche è molto più ampia, anche se la gran parte dei modelli sono prettamente hobbystici, ovvero equipaggiati con motori di piccola potenza e battery pack standardizzati (spesso a 36 V) che possono essere utilizzati anche su altri attrezzi elettrificati. Di conseguenza, la capacità di lavoro, sia in termini di larghezza che di profondità è piuttosto limitata. I modelli (semi) professionali sono molto meno numerosi: Ryobi ad esempio propone il modello RY36CVXA-0, con una larghezza di lavoro fino a 40 cm e una profondità massima (dichiarata) di 20 cm. è possibile impiegare batterie sino ad una capacità di 12 Ah, con un’autonomia che il produttore afferma essere sufficiente per lavorare 300 m². Anche la tedesca Heinhell offre diversi modelli di motozappa elettrica, sempre alimentate con battery pack agli ioni di Litio a 36 V di tensione. Il modello GP-CR 36/45 è dotato di 24 zappette disposte su 6 ranghi, ha larghezza di lavoro di 45 cm e può lavorare – secondo il produttore – sino a 20 cm di profondità.
Motori elettrici vs endotermici per le piccole macchine agricole: efficienza e prestazioni migliori
Dal punto di vista costruttivo, i motori elettrici sono decisamente più semplici di quelli endotermici: a parità di potenza erogata, sono meno ingombranti, più leggeri e richiedono quindi una manutenzione semplificata, limitandosi sostanzialmente alla verifica dell’integrità dei cablaggi e alla pulizia periodica del sistema di raffreddamento. A tale proposito, le moderne soluzioni prevedono un circuito dedicato a liquido per la dissipazione del calore, che consente una corretta gestione termica del propulsore anche durante le giornate calde e/o in ambienti polverosi, ovvero condizioni che si verificano di frequente nell’ambito agricolo. La protezione fino al livello IP68 garantisce una perfetta tenuta contro polvere e immersione prolungata in acqua o fango.
Per ciò che concerne l’aspetto prestazionale, il motore elettrico si rivela vincente rispetto a quello endotermico per diversi aspetti.
Efficienza energetica: l’elettrico può raggiungere anche il 95%, mentre nelle condizioni d’uso reali i motori a combustione interna mediamente si fermano al 30%.
Erogazione coppia motrice e potenza: i motori elettrici erogano una coppia elevata per un ampio intervallo del regime di rotazione, migliorando tra l’altro la rapidità di risposta alle variazioni di carico, specie per ciò che concerne i picchi di assorbimento di potenza.
Emissioni di gas inquinanti: nonostante i recenti eclatanti progressi, il motore endotermico (specie se diesel) produce tuttora diverse sostanze gassose inquinanti, come particolato, NOx, monossido di carbonio, idrocarburi incombusti e soprattutto CO2. I motori elettrici, invece, non generano emissioni dirette durante il funzionamento.
Manutenzione: grazie alla minore complessità costruttiva, all'assenza di processi di combustione (che causano stress ai materiali) e ad un minor numero di parti meccaniche in movimento (con i vantaggi relativi ad una lubrificazione meno complessa), i motori elettrici richiedono interventi di manutenzione più semplici e maggiormente distanziati nel tempo.
La coppia e la potenza dei motori elettrici
Nei motori a combustione interna, la potenza massima è tipicamente erogata ad alti regimi, mentre la coppia massima è sviluppata ad una velocità di rotazione molto più bassa. Infatti, la differenza in termini di numero di giri tra il regime di potenza massima e quello di coppia massima viene detta “elasticità”. Più è ampio questo intervallo, e meglio il motore sarà in grado di superare i picchi di carico che la macchina incontra nel suo funzionamento, senza spegnersi.
Il motore elettrico si caratterizza invece per un comportamento molto differente, perché è in grado di sviluppare la coppia massima sin dall’inizio della rotazione, tra l’altro mantenendosi tale per un significativo intervallo, all’aumentare del regime. Poiché la potenza è il prodotto della coppia motrice per la velocità di rotazione, anch’essa aumenterà sino a raggiungere un valore massimo, oltre il quale non potrà più incrementarsi; di conseguenza, l’ulteriore aumento del numero di giri comporterà la progressiva diminuzione della coppia. Si intuisce quindi che il motore elettrico esprime le sue migliori performance a bassi regimi, al contrario di quello endotermico.
Inoltre, per vincere il cosiddetto “spunto”, ovvero quel picco di carico che permette al mezzo di iniziare a muoversi, il motore elettrico si rivela decisamente più adatto, perchè può farlo a bassi regimi, al contrario di quello a combustione interna. Per le macchine agricole quali i motocoltivatori e le motozappe, se equipaggiate con motore elettrico, un tale comportamento è molto vantaggioso, perché permette di superare gli incrementi di carico richiesti ad esempio per dissodare un tratto di terreno più compatto mantenendo il motore a regimi molto bassi, a tutto vantaggio della durata nel tempo dei suoi componenti.









