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Bioenergia

Rinnovabili: i buoni esempi "made in Italy"

Da anni la politica dell'Unione Europea orienta gli Stati membri verso una progressiva decarbonizzazione dell'economia, e oggi finalmente si vedono risultati in tanti settori produttivi. L'Italia, non senza difficoltà e contraddizioni, ha raggiunto un patrimonio di esperienze che possono far decollare nuove forme di mercato sia in ambito nazionale sia all'estero

di Matteo Monni
Luglio - Settembre 2014 | Back

L’Europa continua a mostrare un forte interesse per lo sviluppo delle fonti rinnovabili, inclusa la bioenergia, individuando per il 2030 obiettivi ancora più ambiziosi di quelli vincolanti del 2020. Nel maggio 2014 la Commissione Europea ha pubblicato la Comunicazione “European Energy Security Strategy” che pone in evidenza, come primo elemento di riflessione, la questione della dipendenza energetica dalle importazioni. Queste, allo stato attuale, servono a soddisfare il fabbisogno complessivo di energia dell’UE per oltre il 50%, dovendo ricorrere all’acquisto dall’estero di petrolio (90%), di gas naturale (66%), di carbone (42%) e di combustibili per il nucleare (40%). Chiaramente tutto ciò ha un costo, non solo in termini ambientali e di sicurezza delle forniture, ma anche economici visto che si tratta di una spesa che supera 1 miliardo di euro al giorno, di cui quasi 1/3 va alla Russia (circa 100 miliardi di euro all’anno).

Tuttavia, va evidenziato il primato che vanta l’Europa a livello mondiale per la produzione di elettricità da fonti non fossili (27% rinnovabili), arrivando a coprire con esse il 50% dei consumi. Secondo l’orientamento mostrato dalla Commissione questo importante risultato deve essere ulteriormente migliorato, nell’ottica di assicurare una sempre maggiore sicurezza energetica e, di pari passo, consolidare il processo di decarbonizzazione dell’economia UE.      

Considerando che lo sviluppo dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili in Europa, pur rientrando in una strategia comune, è spesso avvenuto sulla base di peculiari politiche nazionali, la Comunicazione della Commissione incita, quindi, ad una sempre maggiore interazione e armonizzazione delle iniziative tra gli Stati Membri.

In questo quadro, l’Italia deve continuare il proprio impegno per tenere il passo con gli altri Paesi evitando di vanificare quanto di buono fatto finora con iniziative che, richiamandosi alla necessità di reperire risorse finanziarie nel quadro della “spending review” (vedi il così detto decreto “spalma incentivi” o l’articolo 22 del “Decreto IRPEF”) incidono negativamente sull’attuale sistema di incentivazione, ponendo ulteriori ostacoli sulla strada di chi intende investire nel settore.

In Italia, nel corso degli ultimi anni, le spinte maggiori verso lo sviluppo delle rinnovabili o più in generale della green economy sono scaturite, sia dalla necessità di attivare nuove forme di mercato, sia dal sistema di aiuti pubblici orientato in tal senso. Inoltre, l’abbondanza di fonti accessibili come sole, vento, acqua, geotermia e biomasse (solo quelle residuali si attestano su circa 10 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio annue), unite alla disponibilità di tecnologie mature per la loro conversione in energia, ne hanno facilitato il percorso di crescita. Per quanto riguarda l’impiego energetico delle biomasse, sensibilmente evoluto in termini di efficienza e diffusione, l’auspicato consolidamento del settore necessita di ulteriori passi in avanti soprattutto per ottimizzare le fasi di approvvigionamento e impiego in chiave sostenibile e su scala locale.

Fino ad oggi gli aiuti nazionali alla bioenergia sono stati indirizzati prevalentemente alla produzione del kWh verde (soprattutto quello elettrico), mentre una maggiore attenzione andrebbe rivolta alla risorsa biomassa per i benefici che può generare in ambito agricolo e forestale. Per questo motivo occorre fare in modo che gli incentivi si possano distribuire in modo più equo sull’intera filiera bioenergetica, andando a stimolare interventi di manutenzione dei boschi e delle aree agricole marginali spesso abbandonati a se stessi e, conseguentemente, a rischio di degrado.

Tuttavia, gli esempi di buone pratiche non mancano nel nostro Paese, anche perché in questo tipo di iniziative la componente economica e quella ecologica non sono in antitesi, ma coesistono perfettamente. Per questo Itabia è costantemente impegnata in un’attività di diffusione dei modelli di filiera ritenuti validi, per assicurarne quanto più possibile la replicabilità sia in ambito nazionale, sia all’estero, con una specifica attenzione ai paesi in via di sviluppo. 

Proprio di recente, dal 24 giugno al 5 luglio 2014, una delegazione proveniente dalla Repubblica Argentina, composta da amministratori, ricercatori e imprenditori è giunta in Italia per prendere spunti dal nostro Paese su specifici modelli di filiera nati dall’efficace integrazione tra la ricerca scientifica, l’impresa e la governance. I numerosi incontri tecnici, avvenuti in parecchie Regioni del Centro – Nord Italia (Lazio, Toscana, Veneto, Lombardia, Valle d’Aosta), sono stati organizzati grazie alla collaborazione tra  l’Associazione AISIM (Argentina e Italia per un Sistema Integrato della Montagna) e Itabia, al fine di attivare progetti di cooperazione su diverse tematiche inerenti lo sviluppo rurale e forestale, come: valorizzazione delle biomasse di origine agricola, agroindustriale, zootecnica e forestale a scopo energetico, per l’autosufficienza delle comunità locali; sviluppo agricolo delle aree rurali, attraverso valorizzazione del prodotto locale, coinvolgimento inclusivo delle popolazioni ed internazionalizzazione; gestione sostenibile e miglioramento della competitività forestale, pianificazione e conservazione della biodiversità; rafforzamento degli scambi di prodotti agroalimentari e forestali di qualità; ottimizzazione del cantiere forestale e della filiera foresta-industria e foresta-energia.

In tale contesto, dunque, un ruolo di particolare rilievo è stato svolto da Itabia come interlocutore accreditato sulle tematiche inerenti la produzione sostenibile di energia da biomasse agroforestali e sull’impiego della meccanizzazione innovativa finalizzata al miglioramento delle relative filiere.

L’incontro di avvio della missione argentina è avvenuto proprio presso la sede dell’Associazione dove, una volta individuati i temi di interesse comune, sono state poste le basi per una proficua collaborazione futura. Nell’occasione, la delegazione è stata ufficialmente invitata dal responsabile di FederUnacoma per gli eventi espositivi Marco Acerbi a partecipare alla prossima edizione di EIMA International, ed in particolar modo alla sezione dedicata alle agroenergie “EIMA Energy” della cui programmazione si occupa da anni Itabia.    

Un prezioso contributo da parte argentina è stato fornito dalla presenza di rappresentanti dell’Unità Per il Cambio Rurale (UCAR) del Ministero dell’Agricoltura, con cui si sta dando un impulso determinante allo sviluppo delle aree rurali nelle zone meno sviluppate del paese. Tale organismo sta realizzando investimenti con fondi nazionali ed internazionali (BID – Banco Interamericano di Sviluppo) attraverso azioni combinate nei seguenti ambiti: filiere e cluster, sviluppo territoriale, rafforzamento istituzionale, infrastrutture e innovazione.

Il budget complessivo da cui è possibile attingere risorse economiche per le diverse attività, ammonta a 1,13 miliardi di dollari, di cui solo 516 milioni ad oggi sono stati impegnati. Tra le linee di azione sulle quali è possibile ipotizzare iniziative d’interesse comune, vi sono quelle di competenza diretta di alcuni dei funzionari e delle istituzioni che hanno fatto parte della delegazione.

In particolare, il Programma di Sviluppo Rurale Inclusivo (PRODERI) che coinvolge le province del NO Argentino, tra cui Catamarca (rappresentata dal Ministro della Produzione e Sviluppo, e l’Assessore all’Agricoltura) e Jujuy (rappresentata da imprenditori e dal presidente della Associazione Foresto Industriale Provinciale), e che dispone di un plafond di circa 112 milioni di dollari.

Inoltre, la coordinatrice nazionale dei programmi di rilancio del settore agro-forestale, Florencia Reca, ha illustrato il Programma di sostenibilità e competitività forestale, con un budget di 75 milioni di dollari, il Programma di gestione sostenibile delle risorse naturali, con una disponibilità di 25 milioni di dollari, e il Programma di conservazione della biodiversità nei paesaggi produttivi forestali, che dispone di 7 milioni di dollari.

Infine, il settore agroalimentare, che si collega direttamente alle tematiche del recupero e dell’utilizzazione di biomasse residuali (settori vitivinicolo, olivicolo, noci, canna da zucchero, ecc.), è stato curato dal Consulente UCAR Bernardo Cané, in collaborazione con il referente AISIM in Argentina Martin Lazzaro.

Molto positivo è stato il risultato degli incontri in agenda, che lasciano intravedere concrete linee di sviluppo, collaborazione e partenariato tra il Governo Nazionale, le Istituzioni locali argentine, e gli interlocutori italiani che stanno aderendo alla rete della organizzazione AISIM, che si pone come punto nodale della cooperazione decentralizzata tra i due Paesi, anche in conformità con le linee di riferimento tracciate dai rispettivi ministeri degli esteri nel corso di recenti riunioni bilaterali.

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