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Tecnica

L'evoluzione degli impianti di illuminazione

I moderni elementi illuminanti installati sui trattori e sulle operatrici semoventi rendono il lavoro agricolo agevole e sicuro anche in condizioni di oscurità

di Domenico Pessina, Lavinia Eleonora Galli
ottobre - novembre 2020 | Back

L’attività agricola prevede tipicamente picchi intensivi di lavoro, per i quali spesso la normale giornata diurna non è sufficiente. Pertanto, è necessario sfruttare anche le ore serali, e talvolta notturne, specie per ciò che concerne l’impiego delle macchine. L’illuminazione artificiale ha contribuito ad estendere il periodo utile di lavoro, migliorando quindi ulteriormente la produttività.

Tuttavia, l’attività del macchinario agricolo si compone di fasi alternate di campo e di trasferimento, che comportano esigenze diverse per ciò che concerne l’illuminazione. Ciò si traduce in impianti luce sostanzialmente distinti: se per la strada gli elementi necessari sono molto simili a quelli adottati nell’ambito dell’automotive, in campo risulta spesso necessario potenziare e orientare i fari, in modo da fare luce sull’intera area nell’intorno del cantiere motrice-operatrice.

 

Illuminazione stradale

Analogamente agli altri autoveicoli, per garantire una sicura fruizione delle strade aperte al traffico, anche i mezzi agricoli (sia le motrici che le altre macchine destinate alla circolazione) devono essere equipaggiati con una serie di luci per la segnalazione visiva, che ne identifichino gli ingombri, il senso di marcia e le eventuali manovre da effettuare.

Nello specifico, al fine di garantire la sicurezza di marcia e la visibilità del mezzo, il Codice della Strada prevede la dotazione di proiettori di profondità, proiettori anabbaglianti, proiettori fendinebbia, proiettore di retromarcia, indicatori di direzione, luci di posizione, di arresto, di sosta, di ingombro, di emergenza, ecc.

Di recente, e specie sui trattori più potenti, i proiettori si distinguono per l’impiego nel periodo diurno o notturno, essendo differenti per intensità luminosa, posizione e orientamento del fascio illuminante. Per una razionalizzazione nella costruzione, montaggio e manutenzione, sempre più spesso tutti i fari e i proiettori sono riuniti nei cosiddetti “gruppi ottici”, completati con opportuni schermi riflettenti che concentrano e orientano i diversi fasci luminosi.

 

Illuminazione di campo

Nelle lavorazioni di campo eseguite in condizioni di oscurità, è richiesta un’illuminazione più completa rispetto a ciò che è necessario sulla strada. Quando si circola, i fari hanno infatti un assetto più alto, per ottenere una maggior profondità di campo ed agevolare quindi un’efficace visibilità a diverse decine di metri di distanza. Tuttavia, il fascio luminoso è indirizzato solamente nella direzione di marcia, in modo da favorire la focalizzazione dello sguardo del conducente sull’area di interesse.

Viceversa, il fascio di luce necessario per le lavorazioni in campo si caratterizza tipicamente per un’inclinazione minore, per concentrare al meglio l’intensità luminosa sia sulla zona di transito del trattore, ma soprattutto anche su quella di lavoro delle operatrici ad esso collegate. Spesso sono predisposti allo scopo diversi “pacchetti” opzionali, composti da fari orientabili: infatti, oltre alle luci frontali, sul trattore possono essere installate anche delle luci posteriori, finalizzate a rendere ben visibile la zona del sollevatore e della presa di potenza, e laterali, se la miglior visibilità dell’attrezzatura lo richiede.

Per migliorare ulteriormente la situazione, contestualmente alle luci presenti sul trattore possono essere installati dei fari anche sulla macchina operatrice, per agevolare il controllo dell’operatore sul lavoro dell’attrezzatura, come ad esempio un aratro o una seminatrice.

Se poi il cantiere è più complesso, con la presenza anche di un’operatrice semovente, come ad esempio una mietitrebbiatrice e un rimorchio per lo stoccaggio temporaneo della granella in fase di raccolta, il complesso di luci di tutti i mezzi riesce ad illuminare quasi a giorno tutto l’area interessata all’attività.

 

Luci supplementari

La sicurezza e il comfort dell’operatore sono fondamentali, soprattutto quando si lavora in condizioni di scarsa visibilità.

Diventa importante non solo vedere bene all’esterno, ma anche in fase di accesso e discesa dal posto di guida, e soprattutto mentre si conduce il mezzo, ovvero garantire un corretto e univoco riconoscimento dei numerosi comandi della macchina. Pertanto, i trattori sono sempre più spesso dotati di luci in cabina, nonché di spie luminose e pulsanti retroilluminati.

In particolare, una corretta illuminazione al posto di guida comporta il mantenimento di una più alta soglia di attenzione, un minor affaticamento degli occhi ed un più univoco e fine controllo dei comandi. L’intensità della retroilluminazione di spie, interruttori e pulsanti è ora regolabile e addirittura in qualche caso è gestita in automatico in relazione alla luminosità ambientale.

Data la completezza (e talvolta la complessità) del gruppo luci, sui modelli più recenti è installato uno specifico pannello integrato, affinché a “colpo d’occhio” ogni faro, proiettore o altro elemento illuminante sia riconoscibile e agevolmente attivabile dal conducente.

I modelli più accessoriati possono inoltre essere dotati di faretti che proiettano il fascio luminoso sulla scaletta di accesso, che al pari delle luci in cabina sono mantenuti in funzione per un certo tempo anche dopo lo spegnimento del motore, al fine di agevolare la discesa dal veicolo (come ad esempio il “Coming home” di Fendt). Un ulteriore optional riguarda il pacchetto di luci puntate sui serbatoi, del gasolio e dell’AdBlue, per favorire la visibilità durante i rifornimenti in condizioni di ridotta luminosità.


Dalla lampadina a incandescenza ai LED

Le prime lampadine montate sugli autoveicoli, così come peraltro sui mezzi agricoli, erano a filamento ad incandescenza. Come noto, si tratta di elementi piuttosto economici, di intensità luminosa di solito limitata, con una tonalità “calda” di colore e una vita utile di circa 1000 ore, ormai in disuso.

Il progresso tecnico ha visto poi l’introduzione dalle lampade alogene, ovvero elementi comunque ad incandescenza, dove però il filamento in tungsteno è alloggiato in un bulbo di quarzo sigillato, contenente un elemento alogeno (iodio o bromo). Il riscaldamento del filamento causa la sublimazione del tungsteno che combinato con l’elemento alogeno genera l’alogenuro di tungsteno. Allo spegnimento della lampada, il tungsteno si ricolloca sul filamento, così da aumentarne la durata. A partire dagli anni ‘90 del secolo scorso si sono diffuse prima le lampade allo xeno e poi quelle a LED. I modelli allo xeno evidenziano un elevato potere illuminante, di circa 3 volte superiore a quello delle alogene, emettendo un fascio luminoso bianco-azzurrato, con confini molto netti. Si tratta di elementi di costo piuttosto elevato, diffusi sul mercato come top di gamma, anche per la vita utile, che è decisamente più lunga delle alogene.

Le lampade a LED hanno però di recente sbaragliato il campo, grazie soprattutto alla ridotta manutenzione e alla lunghissima durata, fino a 20 volte superiore a quella dei fari allo xeno. Oltre all’elevata intensità, le luci a LED si caratterizzano per lo spettro della radiazione emessa, molto simile a quella solare. Inoltre, il consumo di energia è ottimizzato, anche grazie alla bassa produzione di calore, un effetto “spurio” notevolmente presente in tutte gli altri tipi di lampade.

Le luci a LED mostrano però altri vantaggi: sono molto resistenti alle vibrazioni e agli shock, perchè non hanno parti mobili o flessibili; sono compatte e solitamente puntiformi, per cui possono essere combinate a gruppi variamente conformati, definendo in tal modo a piacere dimensione e direzione del flusso luminoso, anche mediante l’accoppiamento con appositi schermi riflettenti.

Se adottate nei cosiddetti “gruppi ottici” degli autoveicoli, il loro costo risulta ancora relativamente alto rispetto alle lampade alogene, ma è facile prevedere che la loro progressiva diffusione colmerà presto questo gap.


L’ inclinazione dei proiettori

Per le lavorazioni in campo, le luci supplementari possono essere fisse, collocate di solito davanti e dietro all’altezza del tetto della cabina, e/o orientabili e poste lateralmente, in modo da illuminare a 360° l’ambito di lavoro della macchina. I fari direzionabili consentono di modificare facilmente la zona illuminata secondo le necessità operative, variando la loro inclinazione.

Logicamente, tale regolazione influisce anche sull’intensità del fascio luminoso: per ottimizzare la visibilità sull’area di interesse è quindi utile applicare più fari, che esercitino un’azione complementare tra loro.

Peraltro, può essere necessario che venga richiesta una visuale più profonda anteriormente, per cui l’applicazione di proiettori orientabili anche sul davanti risolve il problema. Analogamente succede nella parte posteriore, quando la visibilità deve essere ottimizzata sull’operatrice.


 Anche in kit per retrofit

Dovendo essere necessariamente installati in posizione esposta per poter proiettare il fascio luminoso senza interferenze, i fari, i proiettori e gli altri elementi illuminanti sono spesso soggetti a danneggiamenti durante la marcia del trattore, per colpi, urti e interferenze con ostacoli esterni.

Per questo, mentre sui modelli recenti sono installati gruppi ottici che si inseriscono armoniosamente nella silohuette della macchina, sui mezzi più datati la fanaleria è quasi sempre in rilievo, con evidente rischio della sua integrità. Il mercato propone da tempo dei kit luci, omologati secondo i requisiti del Codice della Strada, completi se del caso anche dell’impianto elettrico a corredo.

Ancora più ampia è l’offerta per le luci da lavoro, dove il diffondersi della tipologia a LED ha permesso, grazie all’elevata flessibilità di costruzione, di ampliare molto la scelta delle dimensioni e della conformazione dei fari, adattati quindi all’applicazione in retrofit nelle zone più opportune del veicolo.

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